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Voi siete qui: Italia » Il bilancio di metà anno è una sfilza di insufficienze

5 Luglio 2020 Scritto da Saul Stucchi

Il bilancio di metà anno è una sfilza di insufficienze

L’editoriale “L’ALIBI della domenica” di questa settimana è dedicato al bilancio di metà anno 2020.

Quello che state leggendo è il ventiseiesimo editoriale “L’ALIBI della domenica”. Significa che siamo giusto a metà del 2020, un anno che rimarrà nella memoria di tutti. Eppure era iniziato non diversamente dai precedenti, almeno per la maggior parte di noi. Speranze, aspettative e timori, programmi e liste dei buoni propositi. Proprio ai buoni propositi era dedicato il primo editoriale dell’anno, intitolato “Guardare con più attenzione tra i buoni propositi del 2020”.

Cosa è rimasto di quei buoni propositi, quanti si sono realizzati, quanto lontani siamo dagli obiettivi che ci eravamo preposti? Personalmente devo constatare che il bilancio provvisorio, ovvero la pagella del primo semestre, è un elenco di gravi insufficienze. Anche ipotizzando una seconda parte “alla grande”, mi sarà impossibile un totale recupero e il raggiungimento degli obiettivi.

Il controtenore Anthony Roth Costanzo al British Museum

Mi ero messo in testa di visitare 100 mostre nel 2020. Sono tantissime, d’accordo. Ma non molte di più di quelle che ho visitato l’anno scorso. Avrei voluto assistere a 50 spettacoli, mantenendo una media di uno alla settimana. Se non ho contato male, ne ho visti 10 in sei mesi, l’ultimo proprio qualche giorno fa: “Si può uccidere per amore?”, con Diana Ceni.

Certo, durante il lockdown, ho sperimentato varie forme di alternative di fruizione proposte dai musei e dai teatri. Alcune mi sono anche piaciute: penso soprattutto allo spettacolo “Hamlet” messo su YouTube dal Teatre Lliure di Barcellona, con uno strepitoso Pol López nella parte del principe di Danimarca.

E all’opera “Akhnaten” di Philip Glass trasmessa in streaming dal Metropolitan Opera di New York. Di quest’ultimo ho apprezzato in particolare la prova del mezzosoprano J’Nai Bridges nel ruolo di Nefertiti e le interviste finali condotte da Joyce DiDonato (che avevo avuto il piacere di ascoltare all’Opéra Royal de Wallonie di Liegi).

Ma sono il primo a riconoscere che le mie due esperienze dal vivo all’English National Opera di Londra (2016 e 2019) sono state ben altra cosa! E quale emozione assistere di persona alla performance “Millions of Years!” nella Great Court del British Museum e al suo termine scambiare due chiacchiere – in italiano – con il controtenore Anthony Roth Costanzo!

Ma bisogna fare di necessità virtù, come si suol dire. Nelle lunghe settimane del lockdown ho visto in DVD il film “Tutte le mattine del mondo” di Alain Corneau con Gérard Depardieu nel ruolo di Marin Marais. Bello, ma ascoltare dal vivo il maestro Jordi Savall è incomparabilmente più emozionante, soprattutto in un contesto magico come il Teatro Bibiena di Mantova o il Teatro Ponchielli di Cremona.

Scorrendo l’elenco degli editoriali di ALIBI Online ripercorro in qualche modo il mio primo semestre culturale del 2020. Ho scritto di musei e didascalie: pro in “Viva le didascalie: svelano cambiamenti e persistenze” e contro in “Dopo l’elogio, ecco la critica alle didascalie delle mostre”. Di libri e biblioteche (“Avete idea di come ordinare una biblioteca? Calasso sì, io no”) e di viaggi di carta (“Leggere “Viaggio intorno alla mia camera” in quarantena”).

Ma anche di viaggi veri e propri: a questo proposito la mia esperienza più intensa quest’anno è stata senza dubbio il breve viaggio a Siena (ne ho parlato in due occasioni: “Hisham Matar a Siena o delle frittelle in Piazza del Campo” e “Un punto di approdo”: un mese a Siena con Matar”).

Impossibile evitare il tema della pandemia di Covid-19 e della conseguente quarantena. Infatti ne ho parlato, per esempio nell’editoriale “Eccesso di offerta in tempi di quarantena da Coronavirus”.

E adesso? Nelle ultime settimane ho fatto i primi timidi tentativi di uscire. Sarà il caldo umido (che dalle mie parti si alterna all’altra stagione, quella del freddo umido). Sarà l’età. Sarà la fatica, ma registro una certa delusione mista a insoddisfazione. Di sicuro ho perso il ritmo e ci vorranno un po’ di tempo e di pratica per recuperarlo. Ma non sono convinto di volerlo fare.

Se invece di 100 mostre da visitare, per l’anno prossimo mi ponessi come obiettivo 50? Non essendo per me un lavoro retribuito quello di recensire mostre, mi domando se non sia arrivato il momento di essere più selettivo.

È da un po’ che sento il fascino della filosofia “Less is More”. Che sia arrivato il tempo della conversione? A trattenermi c’è una lezione che mi ha insegnato Leonardo Sciascia: “ci si converte sempre al peggio, anche quando sembra il meglio” (da “Il cavaliere e la morte”).

Saul Stucchi
Il controtenore Anthony Roth Costanzo al British Museum (2016).
Foto di Saul Stucchi


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