Con questo articolo prende avvio la rubrica “L’ALIBI della domenica” una sorta di editoriale, un momento di riflessione.
Il nuovo anno è appena nato e ancora non sono invecchiati i buoni propositi formulati allo scadere del precedente. Perché crescano e si facciano maturi, evitando che si perdano per strada, è il caso di prenderli sul serio, per quanto possibile e concesso alle nostre forze.

Nella mia lista dei buoni propositi per il 2020 c’è “guardare con più attenzione”. Mi è venuto in mente, anzi mi ha colpito con l’istantaneità di un’illuminazione, osservando per la prima volta l’iscrizione latina sulla porta di una chiesa di Vimercate, per la precisione il santuario della Beata Vergine del Rosario.
Non ci avevo mai fatto caso. Non vi avevo mai prestato attenzione. Eppure è da sempre sotto i miei occhi. È bastato sollevare un attimo lo sguardo per incrociare quelle parole che rimandano al “discorso della sapienza”, brano centrale del libro del Siracide (cap. 24). Per un gioco del caso – che non esiste, dato che nulla è caso – la prima parte di quel brano è la prima lettura della liturgia di questa domenica 5 gennaio. “Fissa la tenda in Giacobbe e prendi eredità in Israele, affonda le tue radici tra i miei eletti” .
Non pensiate che lo sapessi: l’ho scoperto ieri per altri motivi. La citazione l’ho invece cercata in rete. Ma conoscevo la versione cantata da Giuni Russo ne “La sposa” e a quella vi rimando:
Sei cresciuta come un cedro del Libano
Giuni Russo, La sposa
Come un cipresso sui monti dell’Ermon
Come un ulivo maestoso in pianura
Sei cresciuta come un platano
Come palma in Engaddi
E le rose in Gerico
E rigogliosa come lampo di fuoco
Fuoco che mi inebria”.
Ecco: quasi plantatio rosae in Jericho. Era lì ad aspettare la mia attenzione. Occhi nuovi.
Qualche giorno dopo questa piccola scoperta sono andato alla Pinacoteca di Brera. Avevo intenzione di seguire il metodo di visita dello scrittore libico Hisham Matar: concentrarsi su un solo quadro. Sia detto tra parentesi: è molto più semplice ed economico praticarlo nei musei inglesi, come la National Gallery dove lui lo ha affinato, perché sono a ingresso gratuito. Ma lui lo segue ormai ovunque vada. Quando ha trascorso un mese a Siena ha visitato quotidianamente la Pinacoteca e poi ci ha scritto un libro, intitolato “A Month in Siena” (ne riparlerò).
Volevo provare il suo metodo concentrandomi sulle tre tavolette con le “Storie di Santa Colomba” di Giovanni Baronzio, pittore riminese del Trecento, tra le mie opere preferite della Pinacoteca di Brera. Purtroppo però le prime sale, dalla II alla VI, erano inspiegabilmente chiuse.
Così ho dirottato la mia attenzione sulle “Storie di San Girolamo” dipinte da Lazzaro Bastiani. Mi sono fermato e ho guardato con attenzione. Quando arrivavano altri visitatori a fare capannello, mi spostavo su altre opere senza in realtà guardarle, aspettando che le mie “prede” tornassero libere, tutte per me. Non le avevo mai osservate così a lungo, né ne avevo mai scoperto tanti particolari. Per esempio non mi ero mai soffermato sulla Crocifissione dipinta nella sala che ospita il corpo del Santo, attorniato dai confratelli in preghiera.

A proposito di Brera: vi siete accorti che nel film “Storia di un matrimonio” di Noah Baumbach con Adam Driver e Scarlett Johansson la protagonista si siede sul divano del suo avvocato sotto la riproduzione di una sala della Pinacoteca di Brera? Nella fotografia si riconosce la tela di Paolo Veronese “Cena in casa di Simone”. Alla prossima visita alla Pinacoteca mi concentrerò su questo capolavoro.
Saul Stucchi