All’interno della rassegna “Percorsi di pace” organizzata dall’Associazione Iniziativa Donna di Abbiategrasso, sabato scorso (28 maggio 2022, ndr) è andato in scena al Palazzo Cittadini Stampa, prospiciente l’Alzaia Naviglio Grande, lo spettacolo “L’urlo di Fëdor Dostoevskij: la bellezza salverà il mondo”, di e con Mino Manni come voce recitante, accompagnato da Giulia Lanati al violoncello.
Qualche minuto prima che iniziasse il reading, ho potuto osservare gli affreschi che adornano alcune sale dell’edificio storico e ascoltare la musicista alle prese con le scale per accordare lo strumento (non è già uno spettacolo tutto quanto precede una performance?).
“Dobbiamo fermare la guerra, non l’arte”, ha esordito la portavoce dell’Associazione, a mo’ di introduzione, per poi sottolineare l’importanza dei momenti di confronto, indispensabili strumenti per la convivenza civile contro semplificazioni e artificiose contrapposizioni.
Una vita dostoevskijana
I due interpreti giocavano di contrasti: vestito bianco per lui (con camicia scura), abito lungo nero per lei. Per tutta la durata della lettura scenica, sullo schermo alle loro spalle sarebbero state proiettate immagini di opere d’arte, ritratti dello scrittore russo e raffigurazioni dei suoi romanzi.
È stata una rievocazione intensa della vita e della carriera di Dostoevskij, cucita con abilità e proposta con passione all’attento pubblico dal regista e attore piacentino. Una vita che è stata essa stessa un romanzo, dostoevskijano, ça va sans dire. Dall’infanzia che non ha avuto alla consacrazione letteraria, dall’assassinio del padre alla fucilazione, soltanto all’ultimo istante tramutata in condanna ai lavori forzati, dai due matrimoni agli inferni dell’epilessia e del gioco d’azzardo.
La precoce scoperta del mondo dei libri, vario e pericoloso, allontanò progressivamente il giovane Fëdor dalla realtà, tra solitudine e dissolutezza, povertà e sogni. “È nato un nuovo Gogol’”, annunciò lo scrittore Nekrasov a Belinskij, il più celebre e importante dei critici russi, la cui esitazione durò appena poche ore. Sì: era nato un nuovo Gogol’!
Ma Dostoevskij avrebbe pagato caro ogni successo, subito seguito come un’ombra da una rovinosa caduta. Fallimenti e debiti, tragedie e sofferenze. Tutta la sua vita sarebbe stata costellata di riconoscimenti e insuccessi, tra esaltazione e frustrazione, da “Le notti bianche”, scritto ad appena ventisette anni, fino a “I fratelli Karamazov”, pubblicato poco prima della morte (avvenuta il 9 febbraio 1881).
Mosaico di emozioni
Intrecciando pagine delle opere dello scrittore con brani dalle sue lettere e altre fonti (come Hermann Hesse), Manni ha confezionato un mosaico di emozioni, a cui fanno eco quelle suscitate dalle note della brava Giulia Lanati. Il sommo Bach, ma non solo. Struggente la breve citazione di “Lode all’Inviolato” di Franco Battiato.
Impossibile, naturalmente, condensare in un’ora e mezza tutta la produzione di Dostoevskij, né scopo dello spettacolo è farsi lezione di letteratura. È invece un atto d’amore e un invito a scoprire (o riscoprire) uno degli scrittori che più in profondità hanno spinto lo scandaglio nell’animo umano, a cominciare dal proprio (sulle personali meschinità di Fëdor come pungolo all’analisi si era soffermata due giorni prima, alla Biblioteca di Vimercate, la traduttrice Claudia Zonghetti nell’incontro su Dostoevskij e Bulgakov, a conclusione del ciclo “Riscritture delle Scritture”, da me organizzato…).
Alla sommità dell’abisso
Allo stesso modo è impossibile “riassumere” questo spettacolo che tocca tutti i principali temi della riflessione filosofica dostoevskijana, che se anche non è sistematica, raggiunge – e forse supera – le vette del pensiero occidentale, da Platone a Nietzsche (suo attento lettore). Seguendo il filo cronologico della vita e della carriera, scorrono i capolavori e i momenti salienti della biografia, come i viaggi per l’Europa, le crisi e gli amori. Il male e la sofferenza, la detenzione e la giustizia, il parricidio cosmico dell’uccisione di Dio, l’amore per l’uomo e per la vita stessa al di là della logica.
Io intanto pensavo: “Ma un bell’audiolibro con la voce di Mino?”. Non dico tutte le mille pagine dei Karamazov, ma racconti come “Il giocatore” e “Le notti bianche”… Il brano da “Il giocatore” è quello che Mino ha interpretato con più trasporto, con maggiore intensità attoriale. L’ha recitato come un monologo. Da brividi anche la concitazione parossistica della scena dell’assassinio della vecchia usuraia in “Delitto e castigo”, proprio mentre fuori rimbombavano i tuoni del temporale.
Non so se la bellezza salverà il mondo, ma credo che la consapevolezza sia indispensabile per godere appieno della vita. Concordo poi con Stepan Trofimovič, personaggio (peraltro buffonesco) de “I demoni”, secondo cui Shakespeare è più bello di un paio di pantaloni e Raffaello è più importante del petrolio. Si può vivere senza pane, ma non senza la bellezza. Ce lo ricorda anche la Suite n. 1 in Sol Maggiore BWV 1007 di Bach, scelta per suggellare lo spettacolo. Poi i calorosi applausi del pubblico.
Saul Stucchi
L’urlo di Fëdor Dostoevskij: la bellezza salverà il mondo
- Voce recitante: Mino Manni
- Musiche di J. S. Bach eseguite al violoncello da Giulia Lanati
- A cura di Mino Manni
Sabato 28 maggio 2022
Palazzo Cittadini Stampa
Alzaia Naviglio Grande 14
Abbiategrasso (MI)
Iniziativa Donna