Settecentotrenta sono i passi che separano la casa di Raskolnikov da quella della vecchia usuraia. È con la sottolineatura di questa distanza che si apre lo spettacolo “Delitto e castigo” che Alberto Oliva (alla regia) e Mino Manni hanno tratto dal romanzo di Dostoevskij. È in scena al Teatro Franco Parenti di Milano fino al 19 marzo, a chiudere una trilogia cominciata con “Il topo del sottosuolo” e proseguita con “Ivan e il diavolo”.
Dostoevskij a teatro
Da anni Oliva e Manni studiano l’opera dello scrittore russo e si pongono le sue stesse domande, quelle poche a cui l’uomo tenta sempre di darsi una risposta, invano: perché il male nel mondo, dove cercare la salvezza, esiste Dio?
“Delitto e castigo”, il romanzo così come la sua versione scenica, è pregno di questi assillanti interrogativi. Dostoevskij mette in scena un ex studente alla prova con se stesso e le proprie teorie. Ci prova Raskolnikov a diventare un super-uomo, a tradurre nella realtà quello che ha messo nero su bianco in un articolo pubblicato su una rivista, ovvero il diritto al delitto.
Solo gli uomini comuni sono soggetti alle leggi. Gli uomini eccezionali hanno il diritto, anzi il dovere, di ignorarle, scavalcarle, calpestarle. I loro passi aprono nuove vie per l’umanità. “Una parola nuova. Un atto di coraggio”: ecco cosa vuole intraprendere il giovane percorrendo i settecentotrenta passi con un’ascia legata sotto l’ascella.
Ma la sua sicurezza vacilla nel passaggio dalla teoria alla pratica. Francesco Brandi accentua con gesti e pose lo stato febbricitante di Raskolnikov.
Gli influssi cupi di Pietroburgo
L’uccisione della vecchia usuraia non dà avvio a una nuova era per Raskolnikov, non porta la liberazione a cui aspirava e in cui confidava con la certezza della sua filosofia da studente in legge. Infila invece il giovane in un labirinto nel quale egli si perde sempre più a mano a mano che procede. “È arrivato il regno della luce, della volontà, della forza!”. Tutt’altro! La miseria del mondo circonda l’omicida e lo attira a sé, lo inghiotte come sabbie mobili.
Ma anche gli altri personaggi sono imprigionati nella rete di una Pietroburgo dagli “influssi cupi”. La sorella Dunja (ben interpretata da Camilla Sandri) cerca una propria strada per uscire dalla miseria e rinfaccia al fratello il mancato eroismo di cui si sente accusata scivolando nell’ironia tragica “Non ho ancora ammazzato nessuno io!”.
Mino Manni ritorna col “suo” mefistofelico Svidrigajlov, carnefice vittima di Eros, mentre Valentina Bartolo è una delicata Sonja.
Bravissimo è Massimo Loreto nel ruolo del giudice istruttore Porfirij che tesse la sua tela di ragno per catturare la mosca Raskolnikov. La stretta di mano con cui lo saluta al primo incontro, trattenendolo, è emblematica: gli dice che già sa, che già l’ha preso, ma anche che gli vuole bene, che è disposto a fare il proprio dovere di giudice perché il giovane rinneghi il percorso di morte che ha intrapreso e torni alla vita.
La vita! Continua a pulsare in quel formicaio, in quel sottosuolo che è Pietroburgo. Povertà, umiliazioni e disperazione non riescono ad annientarla. Perché pur flebile e per vie nascoste scorre un flusso di amore che mantiene vivi i personaggi. E centrale, proprio come nell’“Ivan” di Serena Sinigaglia tratto dalla “Leggenda del Grande Inquisitore” (cuore pulsante de “I fratelli Karamazov”), è anche qui la riflessione sulle pagine evangeliche dedicate alla risurrezione.
Saul Stucchi
Delitto e castigo
- adattamento Alberto Oliva e Mino Manni
- regia Alberto Oliva
- con Valentina Bartolo, Sebastiano Bottari, Francesco Brandi, Maria Eugenia D’Aquino, Matteo Ippolito, Massimo Loreto, Mino Manni, Sara Marconi, Camilla Sandri
- scene Alessia Margutti
- costumi Simona Dondoni
- musiche originali Gabriele Cosmi
- disegno luci Alessandro Tinelli
- assistente alla regia Sara Marconi
Orari:
- martedì 20:00
- mercoledì e venerdì 19:15
- giovedì 20:30
- sabato 21:00
- domenica 16:15
Biglietti: intero 15 €; ridotto 12 €
Teatro Franco Parenti
Via Pier Lombardo 14 Milano