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Voi siete qui: Arte » Che bella la mostra su Ovidio alle Scuderie del Quirinale!

17 Gennaio 2019 Scritto da Saul Stucchi

Che bella la mostra su Ovidio alle Scuderie del Quirinale!

Chiuderà il prossimo 20 gennaio la splendida mostra “Ovidio. Amori, miti e altre storie” allestita alle Scuderie del Quirinale a Roma.

Curata da Francesca Ghedini, è stata organizzata per celebrare il bimillenario della morte del poeta di Sulmona, avvenuta a Tomi sul Mar Nero (attualmente Costanza in Romania) nell’anno 18 d.C. E giustamente racconta la curatrice nel brano introduttivo caricato sull’audio-guida: “La mostra celebra il vittorioso ritorno a Roma del poeta”.

Una sala della mostra "Ovidio. Amori, miti e altre storie" allestita alle Scuderie del Quirinale a Roma

L’esposizione è un risarcimento postumo che Roma riconosce al poeta dell’amore esiliato da Augusto. E proprio la sezione dedicata all’eros è la più bella dell’intero percorso espositivo. Basterebbe il materiale squadernato in questa sala a giustificare l’acquisto del biglietto. A colpire l’attenzione è l’affresco proveniente dalla cosiddetta “Casa del Bracciale d’oro” di Pompei, già tra i pezzi più belli esposti nella mostra “Mito e Natura” al Palazzo Reale di Milano (nel 2016 avevamo dedicato un articolo agli uccelli che sono raffigurati sull’affresco pompeiano).

Le Metamorfosi

Ma facciamo un breve passo indietro. In principio è la parola. Sotto forma delle citazioni luminose in latino e in inglese tratte dalle “Metamorfosi” di Ovidio, opera dell’artista Joseph Kosuth, intitolata “Maxima Proposito (Ovidio)”, come per esempio “Quod cupio mecum est / What I desire, I have”. Ma anche vergata su manoscritti e stampata su volumi: una piccolo ambiente rotondo è dedicato ai libri di Ovidio. Su di loro veglia il “Ritratto di Ovidio” di Giovan Battista Benvenuti detto l’Ortolano, datato al 1505-1510 circa.

Cammeo con Leda e il cigno. III secolo d.C. Agata onice. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (inv. 259679

Il grande affresco pompeiano di cui dicevamo divide in due parti la prima grande sala. Nella parte anteriore c’è la sezione “erotica” a cui segue, come contraltare, l’area riservata alla riforma moralizzatrice di Augusto che compare in una statua a capo velato in uno degli angoli, mentre all’altro gli risponde la moglie Livia. Le due Giulie, ovvero Giulia Maggiore, figlia di Augusto e della seconda moglie Scribonia, e la di lei figlia (dunque nipote dell’imperatore), finirono entrambe in esilio.

Nelle teche qui allestite e poi per il resto del percorso ci sono gemme, monete, ciondoli fallici, coppe, cammei, specchi, lucerne, pissidi, spatoline, boccette, anelli… Senza contare gli affreschi, i vasi, i dipinti, i rilievi e le statue.

La Venere Pudica è scolpita su una conocchia in osso lavorato, rinvenuto nella necropoli sud-occidentale di Aquileia (seconda metà del II secolo d.C.) e dipinta dal Botticelli con aiuti di bottega sulla tavola trasferita su tela, prestata dalla Galleria Sabauda dei Musei Reali di Torino. Intorno è tutto uno svolazzare di vesti, tra dei e umani seminudi, in perenne movimento e trasformazione. Metamorfosi, appunto.

Lasciami l’ultima!

Non c’è il “Cratere dei Niobidi” del Louvre che ha invece prestato uno specchio in argento da Boscoreale, con la raffigurazione del mito di Leda. La storia degli sventurati figli di Niobe è raccontata su un affresco del Museo Archeologico Nazionale di Napoli.

Al centro della sala c’è la statua della “Niobe Chiaromonti” da Villa Adriana (ora ai Musei Vaticani). Le fanno compagnia due sorelle a sinistra e due fratelli a destra, mentre alle sue spalle c’è la tela di Andrea Camassei intitolata “La strage dei Niobidi” (dalla Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Barberini). Sembra di udire le strazianti grida di Niobe che implora “Lasciami l’ultima!”. Niente da fare: gli dei non conoscono pietà.

La sala dei Niobidi nella mostra di Ovidio alle Scuderie del Quirinale a Roma

Sulle pareti sono riportate citazioni dei brani ovidiani riferiti al mito illustrato dai pezzi in mostra. Alcuni passi sono recitati dall’attore Sebastiano Lo Monaco, come quello che racconta la tresca amorosa tra Venere e Marte, impigliati nella rete di Vulcano: “I due restano stesi nei vincoli a loro vergogna, vergogna che qualche dio meno arcigno osa sperare per sé”. Fine psicologo, oltre che grande poeta, il nostro Ovidio. E lui ne era orgogliosamente consapevole, tanto che l’ultima parola che suggella i quindici libri delle “Metamorfosi” è “vivam”: io vivrò, ovvero la mia opera sopravviverà all’esilio. E così è stato.

Di mito in mito

Il percorso si srotola un mito dopo l’altro. Diana e Atteone, Apollo e Marsia, e poi Leda. Prendiamo la sua storia: è narrata da un affresco da Ercolano e da un altro da Stabia, dal dipinto copia di un originale perduto di Leonardo da Vinci, dallo specchio di Boscoreale menzionato più sopra, un cammeo in agata onice, da un’illustrazione xilografica su una pagina della celebre Hypnerotomachia Poliphili, da un gruppo statuario.

Affresco con Amore e Psiche (60-79 d.C.). Intonaco dipinto. Da Pompei. Napoli, Museo Archeologico Nazionale

Il ratto d’Europa (non un buon auspicio per un continente in perenne crisi d’identità…) ha messo alla prova, tra gli altri, il Tintoretto e Antonio Carracci (di un altro Carracci, Ludovico, è la “Caduta di Fetonte” esposta al primo piano), le cui opere sono accostate a vasi apuli, manoscritti e libri. Alla fine del primo piano c’è uno dei pezzi più interessanti, il piatto a rilievo in bronzo di Aquileia.

Subito dopo, in una saletta che dà sulle scale per accedere al piano superiore, c’è uno schermo che trasmette un video in cui Sebastiano Lo Monaco, in riva al mare, recita alcuni passi dal II libro dei “Tristia”.
Qui sotto un brano del video “Dall’esilio” per la regia di Serena Corvaglia.


Il percorso riprende senza calare d’intensità. Ecco Adone, Arianna (forse la sua sezione è un poco sacrificata per ragioni di spazio), Proserpina, Priamo e Tisbe, Ermafrodito, Narciso… Quattro sono gli affreschi che raffigurano il giovane innamorato della propria immagine, tutti provenienti da Pompei, trovati rispettivamente nella Casa di Marcus Lucretius, nella cosiddetta Villa di Diomede, nel Tempio di Iside e l’ultimo senza indicazioni. Bello il confronto diretto tra il “Narciso” di Giovanni Antonio Boltraffio (Galleria degli Uffizi) e la copia – non perfettamente identica – realizzata da un suo seguace, prestata dalla National Gallery di Londra.

Da Padova è arrivata invece la “Nascita di Adone” del sommo Tiziano. Una bella scoperta per chi scrive sono state le opere, dipinte a olio su rame, di Carlo Saraceni: Salmacide ed Ermafrodito, Arianna abbandonata, la storia di Icaro in tre parti. Il suo “Ratto di Ganimede” chiude il percorso espositivo
Saul Stucchi

PS: venerdì 18 gennaio, nelle sale espositive del secondo piano, si terrà l’ultimo appuntamento degli eventi organizzati a corredo della mostra. L’attore Sebastiano Lo Monaco leggerà un brano dalle “Metamorfosi” di Ovidio.

Didascalie:

Cammeo con Leda e il cigno
III secolo d.C.
Agata onice
Napoli, Museo Archeologico Nazionale (inv. 259679

Affresco con Amore e Psiche
60-79 d.C. (IV stile)
Intonaco dipinto
Da Pompei, Casa VII 2, 6, esedra (b)
Napoli, Museo Archeologico Nazionale

Ovidio. Amori, miti e altre storie

Fino al 20 gennaio 2019

Scuderie del Quirinale
Roma

Informazioni: www.scuderiequirinale.it

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