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Voi siete qui: Storia » Riallestimento delle sale storiche del Museo Egizio di Torino

3 Giugno 2020 Scritto da Saul Stucchi

Riallestimento delle sale storiche del Museo Egizio di Torino

Ieri, 2 giugno 2020, in occasione della ricorrenza della Festa della Repubblica, il Museo Egizio di Torino ha riaperto i battenti. Fino a nuova comunicazione, gli orari per l’accesso del pubblico sono i seguenti: dal venerdì alla domenica dalle 10.00 alle 18.00. Obbligatoria la prenotazione on line.

Ci vorrà tempo perché la vita del Museo Egizio torni alla normalità o alla versione aggiornata post-pandemia di cui al momento nessuno sa prevedere gli effettivi e duraturi connotati. Staremo a vedere, comunque fiduciosi: le persone che lavorano AL e PER il Museo, non soltanto sono preparate, sono anche ricche di risorse. E tutte le iniziative organizzate in questi mesi di lockdown sono lì a testimoniarlo, se ce ne fosse bisogno (ma non ce n’è).

Inaugurazione delle sale storiche del Museo Egizio di Torino, 19 dicembre 2019. Da sinistra: Francesca Paola Leon, Christian Greco, Evelina Christillin, Vittoria Poggio, Beppe Moiso, Tommaso Montonati
Inaugurazione delle sale storiche del Museo Egizio, 19 dicembre 2019.
Da sinistra: Francesca Paola Leon, Christian Greco, Evelina Christillin, Vittoria Poggio, Beppe Moiso, Tommaso Montonati (foto di Saul Stucchi)

Il percorso biografico del Museo

Io vorrei però fare un passo indietro e tornare al 19 dicembre dell’anno scorso. Quel giorno venne inaugurato il nuovo percorso “biografico” del Museo Egizio, con l’apertura di cinque nuove sale, le prime del percorso espositivo. Curatori del riallestimento delle sale storiche del Museo Egizio: Beppe Moiso, Tommaso Montonati, Susanne Töpfer, mentre del coordinamento organizzativo si è occupata Caterina Ciccopiedi e della comunicazione visiva Paola Matossi e Piera Luisolo. Il progetto di allestimento architettonico è stato realizzato da Enrico Barbero. Nationhood ha prodotto i contenuti multimediali fruibili lungo il percorso.

Museo Egizio di Torino: sala con Iside

Nella presentazione alla stampa il Direttore Christian Greco ha spiegato che il nuovo allestimento è stato pensato per rispondere a due domande: perché c’è un Museo Egizio a Torino e cosa succedeva nelle altre collezioni egizie in Europa, ma non solo. Greco ha rievocato le tappe del rapporto che lega il Museo all’Accademia delle Scienze, dall’unità storica tra le due istituzioni (preistoria del Museo che divenne autonomo nel 1832), alla successiva, ininterrotta collaborazione che il Museo vuole proiettare nel futuro. Scopo del Museo è quello di prendersi cura delle collezioni, conservandole e allo stesso tempo valorizzandole.

Da parte sua Beppe Moiso ha fatto una veloce carrellata sulla storia del Museo fin dall’anno zero, ovvero quando Torino scoprì l’Egitto. Quella fu la scintilla iniziale: “Da quel momento il gioco è fatto”, ha detto.

Una fallimentare spedizione di successo

Queste prime sale storiche raccontano una storia nella storia. Ma l’attenzione non è limitata a Torino. Le teche e i pannelli infatti sono finestre aperte sul mondo, anche grazie agli strumenti multimediali. Ampio, e non poteva essere altrimenti, è lo spazio dedicato alla campagna napoleonica in Egitto, fallimentare dal punto di vista militare, ma un successo culturale, soprattutto grazie all’immenso lavoro sul campo e poi editoriale che ha partorito la Description de l’Égypte, figlia legittima dell’Encyclopédie di Diderot e d’Alembert.

Museo Egizio di Torino: la sala ottocentesca

Tommaso Montonati ha illustrato il Novecento del Museo, soffermandosi soprattutto sull’opera di Ernesto Schiaparelli che tante antichità ha portato a Torino. Poi il Ventennio fascista, durante il quale Giulio Farina perse la direzione della campagna archeologica perché non allineato. Altra tappa quella della salvaguardia delle antichità durante la Seconda guerra mondiale.

Il percorso espositivo si apre con la statua di faraone assiso usurpata da Ramesse II (Nuovo Regno, 1539-1076 a.C.). Non per niente: si tratta di uno dei primi monumenti egizi portati a Torino. La statua fu rinvenuta da Vitaliano Donati attorno al 1759.

La Mensa Isiaca del Museo Egizio di Torino

Poi c’è la celebre Mensa Isiaca, la cui illuminazione non mi è parsa impeccabile, e di seguito ci si immerge in un intenso viaggio nel tempo, scandito da alcune date fondamentali. Emergono i nomi e i ruoli dei protagonisti ma naturalmente non possono mancare le antichità, come il papiro con il “Libro dei Morti” per Iuefankh, datato al Tardo Periodo Tolemaico (II-I sec. a.C.), forse da Tebe. Lo si può ammirare nella sua interezza, 165 capitoli srotolati – è il caso di dire – per una lunghezza che sfiora i 19 metri (drizzato in verticale pareggerebbe un palazzo di sei piani).

Al centro di una sala stanno la “Mummia e sarcofago interno di Padiamenemipet, capo degli ispettori del tempio di Khonsu. Cat. 2233/1-2”, come recita l’etichetta d’antan apposta sulla teca. Per motivi di ricostruzione filologica quest’ultima non reca l’indicazione della presenza di “resti umani” come invece quelle delle successive sezioni.

La rete di Schiaparelli

Un’altra teca contiene sei Ushabti (statuine funerarie) in legno bitumato, provenienti dalla tomba del faraone Seti I. Le acquistò Carlo Vidua durante il suo viaggio in Egitto. Sono proprietà del Museo Civico di Casale Monferrato. La sesta a destra è poco più della metà delle altre cinque.

A proposito di Vidua: su un pannello c’è una fotografia, scattata da Giacomo Lovera, con il particolare dell’iscrizione autografa dello stesso Vidua, incisa su una colonna del secondo cortile del tempio di Luxor. La didascalia commenta: “L’appellativo Italiano indica la grande visione progressista che interpretava questo personaggio, 40 anni prima dell’unità d’Italia”. Nella pianta del tempio rappresentata lì accanto è segnalata la colonna in questione, caso mai uno volesse ritrovarla nel suo prossimo viaggio in Egitto.

Nel pannello intitolato “Depredazione e conservazione”, posto accanto al busto di Schiaparelli, spicca questa frase di Auguste Mariette: “Ci sono due musei in Egitto: uno è a Bulaq (quartiere del Cairo, dove si trovava la prima sede del museo), l’altro è l’intero Egitto, il più bel Museo che esista al mondo, da lasciare così com’è e da proteggere”.

Interessante e divertente è il pannello dedicato al “social network” di Schiaparelli. È una strizzatina d’occhio intelligente ai visitatori più giovani. Tra i suoi “contatti” citiamo almeno Annibale Evaristo Breccia, padre Zaccaria Berti, “punto di riferimento in Egitto per l’organizzazione e la logistica dei cantieri” (di cui curiosamente non si conoscono le date di nascita e di morte), il dragomanno Bolos Ghattas ed Erminia Caudana.

Io non vedo l’ora di tornare al Museo Egizio di Torino. E voi?

Saul Stucchi

Museo Egizio

Via Accademia delle Scienze 6
Torino

Informazioni:

https://museoegizio.it
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