“Un intervallo di tempo”. Ecco che cos’è (o almeno, cosa dovrebbe essere) “Getsèmani”. La prima parte del progetto, ideato da Antonio Syxty che ne cura anche il disegno dello spazio e l’installazione delle opere da lui stesso realizzate, s’intitola più precisamente “Getsèmani. Part 1. Lazarus Pièce + Magdalene Pièce”.
Si tratta di una performance ambientale/relazionale site-specific. Probabilmente a questo punto avete capito poco. Posso dire che poco di più avevo capito io al termine della performance, un paio di sere fa. Ma intendiamoci: lo dico in senso neutro, non come critica negativa.

Sono infatti uscito da quella che mi è sembrata una sorta di Via Crucis teatrale con più domande che risposte, ma con la convinzione (non la certezza) che fosse proprio questo l’obiettivo dell’autore. E dico Via Crucis perché il peregrinare nei vari luoghi di Corso Magenta 24, ovvero l’Ottagono, il Cortile dell’Orologio, il Cortile della Cavallerizza e infine la Sala della Cavallerizza, mi ha fatto venire in mente il percorso gerosolimitano della Passione.
Stazioni le sue fermate. Tableaux vivants le brevi scene rappresentate a ogni sosta. Tutte con la partecipazione attiva, ma sempre volontaria, del pubblico. Tutte rigorosamente senza che venga proferita parola alcuna. Sono i gesti, gli sguardi, i contatti a mettere in comunicazione attori e spettatori. Anzi, si è tutti attori e insieme spettatori, Bruna Serina De Almeida, Susanna Russo, Massimo Sansoterra, Gabriele Scarpino, Nicole Zanin e noi con loro. Aggiungiamo che il comportamento e l’ambiente emotivo sono a cura di Susanna Baccari e l’installazione luminosa è firmata da Fulvio Melli, mentre le costruzioni sono di Ahmad Shalabi.
Cosa poi significhino davvero i movimenti e i gesti allo spettatore, immagino, dovrebbe interessare poco. È il contatto, con gli altri ma anche con i materiali – in particolare con le pareti di mattoni della Cavallerizza – a dare emozioni, a provocare domande e pensieri. A ciascuno i suoi.
Io mi accorgevo di guardare con occhi nuovi i luoghi del Teatro Litta che credevo di conoscere, considerata la consuetudine di anni. E invece li vedevo come per la prima volta. La finestra con l’edera rinsecchita che domina il sottoportico del Cortile dell’Orologio mi sembrava un’opera di Zurbarán.
Le persone sdraiate per terra mi richiamavano alla mente le due tele dell’Orazione nell’orto (appunto dei Getsemani) che sono tra le perle più preziose della National Gallery di Londra, quella di Giovanni Bellini e quella di suo cognato Mantegna (uno dei capolavori NON presenti alla pur bella mostra “Andrea Mantegna. Rivivere l’antico, costruire il moderno”, appena inaugurata al Palazzo Madama di Torino).

La stessa Sala della Cavallerizza in cui ho visto tanti spettacoli, a cominciare da “Il venditore di sigari” di Amos Kamil per la regia di Alberto Oliva che tornerà in cartellone a gennaio 2020 a dieci anni dalla prima, mi è apparsa sotto nuova luce. Non solo perché spogliata delle sedie e completamente riallestita, ma proprio per la sua “natura” teatrale che in questa occasione mi si è come svelata.
E se il foglietto di appunti dello spettacolo, con tanto di disegni e diagrammi, mi ha destato più quesiti che fornito chiarimenti, beh, lo considero un altro seme di riflessione. In attesa della prossima parte. Auspicabilmente in un periodo più caldo dell’anno. Perché è stata una Via Crucis anche per il freddo patito nelle stazioni all’aperto…
Saul Stucchi
Dal 10 al 15 dicembre 2019
Getsèmani
Part 1. Lazarus Pièce + Magdalene Pièce
Un progetto di Antonio Syxty
Comportamento e ambiente emotivo a cura di Susanna Baccari
Con Bruna Serina De Almeida, Susanna Russo, Massimo Sansoterra, Gabriele Scarpino, Nicole Zanin
Installazione luminosa Fulvio Melli
Disegno dello spazio, installazione e opere Antonio Syxty
Costruzioni Ahmad Shalabi
MTM Teatro Litta
Corso Magenta 24
Milano
Informazioni:
www.mtmteatro.it