Tradizione vuole che Venezia sia stata fondata il 25 marzo del 421. Per celebrare la ricorrenza dei 1600 anni sono state organizzate diverse iniziative, a cominciare dalla grande mostra allestita a Palazzo Ducale. Intitolata “Venetia 1600. Nascite e rinascite”, ha aperto i battenti lo scorso 4 settembre e si potrà visitare – significativamente – fino al 25 marzo 2022. Sarà il caso di andarla a vedere.
Nel frattempo vi consiglio il docufilm “Venezia. Infinita avanguardia” che sarà nelle sale italiane (circa 300) soltanto nelle date di lunedì 11, martedì 12 e mercoledì 13 ottobre. È prodotto da 3D Produzioni e Nexo Digital con la collaborazione di Villaggio Globale International con il sostegno di Intesa Sanpaolo e con la collaborazione speciale di Fondazione Musei Civici di Venezia.

Tre le guide d’eccezione che accompagnano lo spettatore: alla voce narrante dell’attrice e doppiatrice Lella Costa, si affiancano Carlo Cecchi, uno dei grandi del teatro italiano, e Hania Rani, giovane pianista polacca che ha composto la (bella e delicata) colonna sonora del film.
Pluralità di voci
Già queste scelte rivelano la volontà del gruppo di lavoro – Didi Gnocchi firma il soggetto, nonché la sceneggiatura insieme a Sabina Fedeli, Valeria Parisi e Arianna Marelli (la regia e il montaggio sono di Michele Mally, mentre Marco Alfieri è il direttore della fotografia) – di sottolineare la pluralità di voci come una delle caratteristiche del successo di Venezia. E infatti più che in altri docufilm, qui si moltiplicano gli interventi e gli spunti dei protagonisti: dal Gabriella Belli, Direttore della Fondazione Musei Civici di Venezia a Pierre Rosenberg, storico dell’arte già presidente – direttore del Museo del Louvre, passando per l’artista cinese Ai Weiwei e il bizantinista Carlo Ravegnani.
Ciascuno di noi, del resto, ha una propria Venezia. Anzi, un album di Venezie che si arricchisce a ogni visita, lettura, approfondimento. E questo lungometraggio va ad aggiungersi alla cineteca personale, alla memoria visiva di ogni spettatore innamorato di Venezia (e chi non lo è?!).

Alla presentazione alla stampa milanese Didi Gnocchi ha rimarcato la necessità di operare delle scelte, essendo impossibile raccontare 1600 anni di storia in 90 minuti. La chiave di lettura è stata quella di mettere in risalto le connessioni: sono il modo più straordinario per affrontare la vita, tanto più quella di città “miracolo”. Le connessioni e l’essere sempre attenta alle innovazioni e aperta al futuro, hanno fatto e tuttora fanno di Venezia una realtà che non ha paragoni.
Da parte sua la dottoressa Belli ha parlato della volontà di raccontare Venezia fuori dagli stereotipi, città in perenne mutamento, ricca di monumenti, ma non cristallizzata nella forma di un monumento. “Venezia è poesia, ma non retorica”, ha detto, ricordando le oltre 400 mila opere d’arte proprietà del comune, custodite negli undici musei che lei dirige.
Un mondo sempre nuovo
Allo stesso modo è impossibile dare conto della ricchezza del docufilm in una recensione. Senza spoilerare troppo possiamo rivelare che l’intenso viaggio si apre e si chiude – ad anello – sull’affresco “Mondo nuovo”, dipinto da Giandomenico Tiepolo (figlio del grande Giambattista) nel 1791.
Tra i due estremi scorrono rapidi sedici secoli di storia e di arte, di cultura e di musica (“Se dovessi cercare una parola che sostituisce ‘musica’ potrei pensare soltanto a Venezia”, ha scritto Nietzsche). Carrellate sulle opere dei grandi maestri (da Tintoretto a Canaletto) e aneddoti, come quello che racconta l’arrivo in città del rinoceronte “Clara” immortalato da Pietro Longhi (1751), pittore e cronista della sua epoca. Poco più di duecento anni dopo per i ponti e le calli andavano in fila indiana gli elefanti del Circo Togni (1954). Qui la “mia” Venezia è arricchita dalle pagine di “Venezia. Il bestiario” di Jan Morris.
E poi fotografie in bianco e nero e spezzoni di filmati a raccontare l’arrivo trionfale di Charlie Chaplin, portato a spalle nel 1931. L’anno dopo veniva inaugurata la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica al Lido. All’Hotel des Bains Thomas Mann scrisse “Morte a Venezia” e Mussolini incontrò Hitler.
Morti a Venezia
Venezia “enciclopedia del colore”. “Metà fiaba, metà trappola” per Mann. Città simbolo delle relazioni pericolose. Il tariffario della cortigiana “onesta” Veronica Franco prevedeva 5 scudi per un bacio e 50 per un rapporto completo. Al Festival venne mostrato il primo nudo del cinema. A questo proposito è un peccato che il docufilm non menzioni un grande amante di Venezia: Tinto Brass.
Compare invece Hugo Pratt a Malamocco con il suo Corto Maltese. E a pochi passi di distanza ecco il MOSE entrare in azione. Peccato che giusto ieri non sia stato attivato, consentendo la prima acqua alta (“aqua granda” la chiamano i Veneziani) della stagione, con Piazza San Marco allagata.
E ancora: Peggy Guggenheim e Cole Porter, i tempi della sperimentazione e della contestazione con Luigi Nono ed Emilio Vedova, le 11 volte a Venezia di John Ruskin e le 7 di Richard Wagner, l’ultima delle quali fu fatale al grande compositore, che poi fu sepolto a Bayreuth. A Venezia riposano invece, tra gli altri, Pound e Brodskij. La salma di Stravinskij ha viaggiato 7 mila chilometri per approdare al cimitero dell’isola di San Michele.
Saul Stucchi