“L’ALIBI della domenica” è dedicato al docufilm “Il mio Rembrandt”.
Sarà nelle sale cinematografiche italiane soltanto nei giorni di lunedì 6, martedì 7 e mercoledì 8 giugno il docufilm “Il mio Rembrandt”, diretto dalla regista olandese Oeke Hoogendijk. L’elenco delle sale, come sempre, è disponibile sul sito di Nexo Digital che distribuisce il lungometraggio.
Non è il “solito” documentario su un artista, come Raffaello o Modigliani, per citare solo due esempi, di cui potete leggere la recensione qui su ALIBI Online. È invece il racconto, intenso anche se neutrale e un poco disincantato, di quanto avvenuto negli ultimi anni attorno al mondo degli Antichi Maestri olandesi.
Il loro Rembrandt
Cosa significa possedere un Rembrandt? O essere costretti a venderlo, per pagare le tasse? O, ancora, andare a caccia di una sua tela finora misconosciuta, catalogata come opera di un collaboratore o di un seguace? Cosa si prova a tenere in mano un suo quadro? A partecipare a un’asta con la convinzione di aver trovato un’opera del Maestro dove tutti gli altri vedono quella di un pittore minore? A queste e ad altre domande risponde, o meglio suggerisce risposte, il docufilm “Il mio Rembrandt”.

Noi – io che scrivo e voi che leggete – non siamo tra quelli che possono dire “il mio Rembrandt”. Ma esistono là fuori persone che possono. Per esempio il Duca di Buccleuch che nel suo castello scozzese sposta il “suo Rembrandt” da una parete all’altra per vedere dove stia meglio. O il mercante d’arte olandese Jan Six, figlio e nipote e pronipote e discendente di quel Six ritratto da Rembrandt.
È lui il protagonista del film, la cui storia principale è la sua sfida a far riconoscere come opera di Rembrandt un ritratto attribuito al “circolo di”. In quella differenza ci sono milioni di euro, pubblicità, articoli sulla stampa e servizi alla televisione, amicizie e rapporti professionali, reputazioni e accordi internazionali (“I Francesi capiscono solo la lingua della trattativa spietata”, dice a un certo punto la controparte, anche se in realtà dovrebbero essere alleati, olandese).
Arte e mercato
A mio parere nessuno ne esce bene. Il più triste e sconsolato è lo storico dell’arte Ernst van de Wetering, scomparso l’anno scorso (il film è del 2019). Somma autorità su Rembrandt, i suoi giudizi – positivi o negativi – creavano o sgonfiavano fortune. Il pittore e le sue opere sono “vittime” del mercato e il mondo dell’informazione fa una pessima figura.

È deprimente vedere gli sguardi in estasi dei visitatori al Rijksmuseum di Amsterdam, persi davanti ai due ritratti a figura intera dei coniugi Marten Soolmans e Oopjen Coppit, acquistati nel 2016 dal museo insieme al Louvre di Parigi per essere esposti alternativamente in Olanda e in Francia. Alle loro spalle, trascurato, il capolavoro della “Ronda di notte”. Sic transit gloria mundi.
Fa venire i brividi anche vedere il Duca di Buccleuch accendere il fuoco nel camino sul quale è appeso il “suo Rembrandt”, il ritratto di un’anziana signora intenta a leggere. E che dire del miliardario americano Thomas Kaplan che confessa di aver baciato sulla bocca il “suo primo Rembrandt” (anche in questo caso il ritratto di una donna), quando poté finalmente tenere tra le mani il dipinto?

“Alla fine è tutta una questione di soldi”. “Sì, ma anche di riconoscimento…” è un frammento del dialogo che ha per oggetto il talentuoso, vulcanico e inarrestabile Jan Six. Aver trovato il “suo Rembrandt” è stata l’agognata rivalsa contro tutti quelli che l’hanno sempre considerato un privilegiato. Il padre ne è evidentemente orgoglioso. Lo spettatore chissà.
Io, intanto, non vedo l’ora di tornare al Louvre per ammirare alcuni degli autoritratti più intensi di Rembrandt.
Saul Stucchi
Il mio Rembrandt
6, 7 e 8 giugno 2022