«Did you attend the concert» mi ha chiesto ieri sera Rafał Blechacz dopo avermi riconsegnato la penna con la quale, su mia richiesta, mi ha autografato il programma di sala del concerto appena terminato. Sì, ho assistito al suo concerto, terminato con calorosi applausi del folto pubblico che occupava – pochissime le poltrone lasciate vuote, probabilmente da qualche abbonato impossibilitato a venire – la Sala 500 del Lingotto a Torino.
È soprannominata “il Lingottino” dagli habitués per distinguerla dalla sala grande dell’Auditorium Agnelli che può ospitare fino a 1900 spettatori ed è utilizzata per i concerti dell’orchestra.

A distanza ravvicinata il pianista polacco – che compirà quarant’anni il prossimo giugno – mi è parso più minuto di quanto mi sembrasse dalla platea, un Petit Prince che aveva appena dismesso il frac per una giacca più informale con la quale si è presentato nel ristorante dell’hotel in cui ha soggiornato.
Mi ha detto che era la seconda volta che si esibiva qui, ma che non conosceva i dintorni, in cui si sarebbe avventurato questa mattina. Chissà se avrà visitato il Museo Egizio o la Pinacoteca Agnelli: per quest’ultima non aveva neanche bisogno di uscire dal Lingotto.
Il concerto che ha tenuto è stato l’ultimo appuntamento del ciclo I Pianisti del Lingotto 2024-2025 che ha visto esibirsi, in successione tra il dicembre dell’anno scorso e questo marzo, Fazıl Say, Alexandra Dovgan, Leif Ove Andsnes e Angela Hewitt.

Essendo un giornalista culturale e non un critico musicale, non arrischierò commenti tecnici che non mi competono. Non farei un buon lavoro come cronista se però non riportassi le critiche che io stesso ho ascoltato e quelle udite da mia moglie durante l’intervallo: esecuzione poco “poetica”, tocco meccanico soprattutto in alcuni passaggi, utilizzo eterodosso dei pedali. Da appassionato di musica che cerca di approcciarsi – tardivamente (ma non si dice sempre che non è mai troppo tardi?!) – a questo universo così complesso e variegato, porto invece a casa il ricordo di un concerto molto intenso.
Questo il programma eseguito da Blechacz, a cui si sono aggiunti un paio di bis:
Ludwig van Beethoven, Sonata n. 14 in do diesis minore op. 27 n. 2 “Al chiaro di luna”
Franz Schubert, 4 Improvvisi op. 90
Fryderyk Chopin
- Barcarola in fa diesis maggiore op. 60
- Ballata n. 3 in la bemolle maggiore op. 47
- Mazurca n. 4 in la minore op. 17
- Valzer n. 2 in do diesis minore op. 64
- Scherzo n. 3 in do diesis minore op. 39

Mi è venuto da pensare che il pannello centrale del trittico, quello dedicato a Schubert, rischiasse di venire un poco sacrificato, se non schiacciato tra la potenza di Beethoven e la magia di Chopin, autore assai caro al pianista, tanto che la nota biografica riportata nel foglio di sala così ci presenta Blechacz: “Ampiamente riconosciuto come il più grande interprete delle opere di Chopin della sua generazione, si è guadagnato il plauso di pubblico e critica per le sue interpretazioni profonde e virtuosistiche”.
Via via però che proseguiva l’esecuzione delle pagine schubertiane svaniva il mio timore e aumentava l’apprezzamento per il talento del musicista.
Dal programma di sala – firmato da Andrea Malvano – prendo queste altre righe sulle quali ho riflettuto prima e dopo il concerto, memore della visita pomeridiana al MAO Museo di Arte Orientale (la circolarità è un tema familiare al pensiero – da declinare al plurale – orientale):
Le frequenti ripetizioni e variazioni dello stesso materiale sembrano orientarsi su un asse temporale nel quale le nozioni di “prima” e “poi” si confondono. E così l’impressione è quella di affrontare un lungo viaggio circolare: alla fine di un percorso tortuoso ci rendiamo conto di aver ruotato su noi stessi”.
Ma torniamo a Torino e al presente, anzi al futuro da qui a breve. Il calendario della stagione dei Concerti in Auditorium prevede per il prossimo 7 maggio l’appuntamento con la Camerata Salzburg e Hélène Grimaud al pianoforte, impegnati in un programma dedicato a Brahms, mentre il 20 maggio si esibiranno i Musiciens du Louvre sotto la bacchetta di Marc Minkowski per le tre sinfonie 39, 40 e 41 “Jupiter” di Mozart. È il caso di segnalare la conferenza introduttiva che terrà il musicologo e critico musicale Paolo Gallarati in Sala Madrid alle 18.30.
Il 21 maggio i Musiciens du Louvre saranno invece al Teatro Nuovo Giovanni da Udine della città friulana, dove qualche giorno fa ho assistito al concerto della pianista russa Yulianna Avdeeva, anche lei impegnata – tra le altre pagine di Chopin, nella Barcarola op. 60 e nello Scherzo op. 39. Si chiude dunque un cerchio per me, ma solo perché se ne apra un altro. Domenica sarò al Donizetti di Bergamo per il concerto dell’Ensemble Locatelli dedicato al compositore barocco Giuseppe Torelli (1658 – 1709), mentre lunedì sarò al Teatro Comunale di Vicenza per il concerto da Zappa… a Zappa di Giovanni Sollima.
A quel punto avrò raggiunto uno degli obiettivi che mi sono prefissato per il 2025: assistere a 30 concerti…
Saul Stucchi
Foto di Mattia Gaido
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