Di musei, mostre e flânerie in salsa sabauda. Ecco cosa ho imparato oggi girovagando per il centro di Torino, per una volta resistendo alla tentazione – per me fortissima – di entrare al Museo Egizio (in compenso ho incrociato uno dei suoi curatori, anche se non ho avuto il tempo di salutarlo).

- La frequentazione dell’Italia da parte di Henri Cartier-Bresson – tema della mostra che CAMERA Centro Italiano per la Fotografia dedica al maestro francese fino al 2 giugno – ha coperto un quarantennio della sua vita, dal primo viaggio nel 1932 agli ultimi degli anni 1971-1973. Queste quattro decadi sono raccontate in 160 immagini, tutte da ammirare (ne riparlerò).
- “Come ha scoperto la mostra?” mi ha chiesto la custode, al termine della visita. “Per caso”, ho risposto, pur sapendo che il caso non esiste. Mi riferisco non all’esposizione su Cartier-Bresson ma a quella intitolata I primi custodi della memoria. Le sepolture nel Paleolitico che ho scoperto percorrendo via Po. È allestita nella Sala Principe d’Acaia del Palazzo del Rettorato dell’Università: è stata prorogata fino al 26 aprile. I pannelli sono una miniera di informazioni, tanto che vorrei tornarci domani per riguardarmela con più calma.
- Visitare il MAO Museo di Arte Orientale equivale per me a tuffarmi in mondi straordinari senza aver quasi il minimo appiglio che mi eviti l’annegamento: mi mancano pressoché totalmente le coordinate culturali – non solo temporali e geografiche – per muovermi con la sufficiente sicurezza lungo il percorso. Dunque ogni volta che entro lo faccio con maggiore titubanza (e umiltà) rispetto alla visita di un museo di arte o storia occidentale.
Dal giro di oggi porto a casa diverse nozioni, ma qui mi accontento di indicare il curioso mito del Samudramanthana ovvero il Frullamento dell’oceano di latte, spiegato da un pannello di sala e illustrato da una lastra in arenaria realizzato nella Cambogia del XII secolo. Non ho potuto fare a meno di confrontare questo mito induista sulla creazione del mondo con quanto narrato da Ovidio nel primo libro delle sue Metamorfosi: affinità e divergenze… - Lo scettro dell’imperatore giapponese è realizzato con il legno del tasso, albero che nel Paese del Sol Levante ha una forte carica simbolica. Lo rivela la didascalia che accompagna un bonsai di questo albero presente nel giardino della terrazza del museo.
- Al piano terra del MAO, a pochi passi dal giardino giapponese, si nota una bomba murata sul fondo del breve tunnel. Sopra c’è una targa con questa scritta: “Nell’incursione del mattino 13.7.1943 delle una alle tre cadde la bomba di 500 libbre fermandosi sfasciata e inesplosa sul terrazzino al 2° piano a levante”. Lì accanto, sta imperturbabile – a ordigno disinnescato sono capaci tutti, direbbe il dissacrante Luciano di Samosata – un Buddha del Gandhara del III secolo.
- Camminando per le vie di una città italiana è bene guardare a terra per evitare di incappare in sgradevoli deiezioni canine (così si chiamano le cacche dei cani nel linguaggio burocratico: di per sé iattura peggiore delle suddette). Questo comportamento porta con sé una maggiore possibilità di accorgersi delle cosiddette pietre d’inciampo. Come quella che racconta in poche righe la tragica fine di Emanuele Balbo Bertone di Breme. Nato nel 1886, venne arrestato nel settembre del 1943 per essere deportato nel campo di concentramento di Schokken e venir assassinato in Polonia nel gennaio del 1945 durante una marcia della morte.
- Sollevando lo sguardo ho notato la targa che segnala il cortile del Palazzetto Scaglia di Verrua (secoli XVI-XVII). Mi sembra assai datato e poco affidabile: riporta infatti che il cortile è aperto al pubblico ogni giovedì dalle 9 alle 12, ma io ho trovato il portone aperto questa mattina, così ne ho approfittato per dare un’occhiata a questo angolo di Torino che non conoscevo.
- Solo una finestra separa le targhe che ricordano il soggiorno torinese dell’allora quindicenne Wolfgang Amadeus Mozart col padre Leopold nel 1771 e una pia opera di Giuseppe Benedetto Cottolengo, proclamato santo nel 1934. Così recita: “La sera del 2 settembre 1827 il canonico Cottolengo assisteva in questa casa una povera ammalata forestiera e scosso da infinita pietà per le sventure umane divampava in quell’anelito di bene che diventò un prodigio quotidiano nella Piccola Casa della Divina Provvidenza”. Si possono leggere in via Corte d’Appello.
- Sotto i portici di Piazza San Carlo ho letto questa frase che mi è piaciuta molto: “Come l’elettricità dalle punte, così le idee si scaricano disegnando o scrivendo”. Campeggia su un cartellone che segnala la mostra Fausto Melotti. Lasciatemi divertire! che aprirà i battenti alla GAM Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea il prossimo 16 aprile e si potrà visitare fino al 7 settembre 2025.
- Delle cose imparate durante l’imminente concerto del pianista Rafał Blechacz al Lingotto scriverò domani nella recensione dedicata all’evento.
Saul Stucchi