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Voi siete qui: Interviste » Intervista a Luca Radaelli che danza tra teatro e poesia

3 Aprile 2020

Intervista a Luca Radaelli che danza tra teatro e poesia

Spero che il pranzo sia soltanto rimandato. Parlo di quello a cui mi aveva invitato Luca Radaelli un paio di mesi fa quando gli proposi d’incontrarci per parlare del suo nuovo libro “Non danzo più sotto la pioggia”, raccolta di poesie edita da Polyhistor Edizioni, a inaugurare la collana “I garofani e la neve”.

Luca Radaelli, Non danzo più sotto la pioggia, Polyhistor Edizioni

In copertina e a separare le sezioni tematiche (Poesie del vasto mondo, Poesie d’amore, Epistolario e Poesie di morte) ci sono disegni di Maurizio Romanò, mentre la prefazione è curata da Gilda Tentorio che insegna Lingua e letteratura greca alla Statale di Milano. Proprio tra i banchi, tanti anni fa, si sono conosciuti Gilda e Luca, quando lei era studentessa di prima media e lui un supplente.

Chiacchierata digitale

Invece della chiacchierata a tavola, ci siamo dovuti accontentare di una videochiamata. È un segno, inevitabile, dei tempi a causa dell’emergenza Coronavirus. Ma forse – è il timore di Radaelli – è anche l’assaggio di quanto troveremo ad aspettarci “dopo”. La vita sociale dopo il Coronavirus sarà a distanza di sicurezza, dietro maschere protettive, con la spesa fatta online e il tempo libero goduto in spazi e modalità virtuali. Ma non anticipiamo. “È bello avere un appuntamento in calendario”, esordisce Luca quando si avvia il collegamento. “Dà l’idea di essere ancora attivi in questa sospensione paradossale”.

Saul Stucchi e Luca Radaelli
Saul Stucchi e Luca Radaelli

La chiacchierata – questo sarà e voleva essere nelle mie intenzioni, più che un’intervista – prende le mosse dal teatro. A che punto l’ha lasciato e da dove intende riprendere, quando sarà possibile? Il teatro ha chiuso il 24 febbraio. La quarantena, in senso letterale, si è conclusa, ma non è bastata. Come e quando ricomincerà l’attività non sa dirlo.

“Sicuramente noi (del teatro, ndr) saremo gli ultimi ad aprire, così come siamo stati i primi a chiudere”. Prima riapriranno fabbriche, negozi, ristoranti… Forse in estate sarà possibile fare qualcosa. Sarebbe un disastro, se sparissero i tre festival in programma. Ma per un anno – questo è il suo timore – la situazione tarderà a ritornare alla “normalità”, anche se, dice, “faremo di tutto per continuare a fare quello che amiamo”.

Il bilancio provvisorio è molto pesante. Tra fine febbraio e maggio perderanno qualcosa come una cinquantina di spettacoli, tra quelli in programmazione al Teatro Invito di Lecco e quelli in tournée.

Non danzo più sotto la pioggia

Solleviamoci sulle ali della poesia, spiccando il volo con il componimento che dà il titolo alla raccolta: “Non danzo più sotto la pioggia”. Ma a questo punto interviene un piccolo problema con il collegamento audio. Luca sente le mie parole solo a tratti. Gli spiego che tutti e tre i componenti della mia famiglia siamo contemporaneamente impegnati in una videochiamata. Per fortuna il collegamento audio viene ripristinato subito e possiamo proseguire.

Rileggendola in quarantena, la poesia eponima mi ha fatto un effetto diverso dalla prima lettura, precedente la pandemia. Ora ha un nuovo sapore. Vi leggo un senso inedito di intimità. Luca conferma la mia impressione. Nella giornata mondiale della poesia, lo scorso 21 marzo, l’ha pubblicata sulla sua bacheca di Facebook, proprio perché l’ha trovata consona con la situazione attuale.

Luca Radaelli, attore, regista e poeta

“La poesia va sempre al di là delle intenzioni”, aggiunge. Poi spiega che nel componimento ci sono due sentimenti: il primo è quello dell’invecchiare e del venire meno delle energie e della sfrontatezza giovanili, il secondo è invece quello dell’invecchiamento sociale. Così si chiude la poesia:

Si giace in lindi termoisolati vani
e di se stessi un’immagine scolora
di irripetibile, gloriosa giovinezza,
e non c’è più certezza nel domani.

Davanti e dietro uno schermo

Mentre dice che viviamo in una società poco a contatto con la natura (ecco il riferimento alla pioggia nel titolo della poesia) e che ci rinchiudiamo in casa davanti a schermi e tastiere, penso all’esperienza che stiamo vivendo in questo momento, separati non dai pochi chilometri di distanza, ma dalle ordinanze per il contenimento del contagio.

Eppure questo cambiamento era già in nuce nella nostra vita degli ultimi decenni. Lo teme irreversibile e lo preoccupa molto. A questo punto intervengo, buttando lì che forse proprio questa esperienza di reclusione forzata ci darà un nuovo impulso alla socialità diretta, reale, fisica. Non sarà un ritorno alla polis? Di sicuro ci sarà anche questo effetto, risponde Luca, ma sarà molto diluito nel tempo. Avremo voglia di abbracciarci, di accalcarci al bancone di un bar, ma non potremo farlo. Ci sarà un lungo periodo di transizione, ma alcune cose si perderanno forse per sempre.

Per non cedere allo sconforto, allargo un po’ il campo e gli chiedo come è arrivato alla poesia. “Per me è stata forse la prima cosa. Scrivevo le prime poesie a undici, dodici anni”, risponde Radaelli. È venuta dunque prima la poesia del teatro? Sì, anche se ricorda che da bambino invitava i vicini di casa a vedere i suoi “spettacolini”, con le imitazioni dei personaggi televisivi.

La poesia l’ha sempre accompagnato, come momento di intimità. Finora aveva fatto leggere i componimenti soltanto “alle fidanzate a cui le dedicavo” e agli amici più intimi, ma non le aveva mai pubblicate. Ci tiene però a sottolineare che il suo è un approccio di ricerca. Gli interessa anche la parte formale della poesia.

“Anche nel teatro la musica è forse la parte più importante per me. Anche teatralmente sono un artista più sonoro che visivo. Il ritmo è la cosa che mi trascina, non a caso figura la parola “danzo” nel titolo della raccolta”. Spiega che gli danno una grande emozione le parole che si concatenano sotto forma di ritmo, rima, assonanza e metrica.

Nel tempo si è aggiunto anche un elemento di riflessione e fa un breve cenno all’intervento di Massimo Cacciari sulla poesia, nella trasmissione “Quante storie” di Rai 3. Nel Rinascimento la poesia assurse ad Arte Maggiore proprio come strumento anche filosofico. Nei suoi ultimi componimenti c’è proprio questo elemento di riflessione.

Poesia e teatro

Ma quanta poesia c’è nel teatro di Luca Radaelli e quanto teatro nella sua poesia? Il rapporto è stretto, risponde. Nello spettacolo che ha scritto su Eluana Englaro citava Dante e un sonetto di Shakespeare. In quello su Walter Bonatti c’è Luzi.

In “Macbeth Banquet” ha tradotto i versi di Shakespeare cercando di mantenerne la metrica e la musicalità e così nel “Sogno di mezza estate”. Anche nelle opere di teatro per bambini che ha composto ha sempre avuto molta cura per la versificazione. Per quanto riguarda invece la componente teatrale nella sua poesia, Luca osserva che molti componimenti sono dialoghi, ovvero in qualche modo una forma teatrale.

E quali sono i suoi poeti preferiti, da Dante a Mogol? Gli chiedo sorridendo, con riferimento alla poesia “Mai più ci sarà una primavera come quella” che è una sorta di omaggio alla “Canzone del sole” di Mogol e Battisti. Luca risponde con due nomi. Wislawa Szymborska, che lui ama “alla follia”, l’ha molto influenzato.

Lui ha sempre avuto una propensione all’ironia ma fino alla lettura di Szymborska gli sembrava che potesse stridere con la poesia. E invece lei trova una sintesi felicissima da questo punto di vista. Il secondo nome è quello di Guido Gozzano, il poeta della quotidianità, antieroico per eccellenza.

Gli confesso che sono d’accordo con la definizione di “giocoliere della parola” che fa di lui la professoressa Tentorio nella prefazione. Radaelli, come Gozzano, aborre la retorica. Dice di avere in sé un meccanismo automatico che interviene quando si addentra nella magniloquenza per riportarlo alla terra (come in Shakespeare, maestro della commistione tra alto e basso e tra sacro e profano). Da lì deriva il suo gusto per il gioco di parole, per gli accostamenti imprevisti.

Di viaggi, amore e morte

E da cosa deriva la divisone tematica del libro? Ci sono momenti in cui scrive componimenti che costituiscono una serie. La più evidente è quella dell’epistolario. Ha iniziato scrivendo una poesia a un amico e poi ha scoperto che aveva voglia o bisogno di parlare con altri amici, con cui magari aveva fatto delle riflessioni in situazioni informali, magari a tavola.

Anche le poesie d’amore hanno una loro unità e così quelle sulla morte. “E poi ci sono i viaggi”, intervengo. “Forse la parte meno unitaria…” inizia a rispondere, ma lo interrompo osservando che è quella che mi ha più sorpreso, proprio per l’eterogeneità delle soluzioni (e mentre lo dico mi meraviglio di pronunciare il termine “eterogeneità” senza esitazioni, io che di solito mi mangio le parole, come se ci tenessi a ben figurare nel dialogo con il “giocoliere della parola”, ma è un’osservazione fulminea).

Il rapporto con il mondo è molto composito e così la sua poesia che ne prende ispirazione: dal viaggio alla casa di famiglia in Liguria, alla vacanza con gli amici in Grecia, al viaggio più impegnativo in Messico. La poesia parte sempre da se stessa. Il rapporto con il mondo segna l’esplorazione di sé nel rapporto con gli altri, con la natura.

Radaelli trova quindi una continuità anche in questa sezione, anche se le poesie sono molto diverse tra loro, come i luoghi che le hanno ispirate. Dunque la poesia funziona come “bussola”, per usare il termine proposto dalla Tentorio? Sì, è vero. È un tentativo di orientarsi in qualcosa che ci appare spesso sovrastante, in cui non sappiamo bene come muoverci. “Mi piace – conferma – la poesia come strumento per orientarsi nel mondo”.

Due curiosità

Per concludere la chiacchierata gli chiedo di soddisfare due curiosità. Sulla scelta del titolo della collana “I garofani e la neve” dice che è un’idea dell’editore, consigliandomi di rivolgermi a lui per saperne di più (trovate la risposta più sotto).

Luca Radaelli nello spettacolo "Macbeth Banquet"

Ho letto in questi giorni – gli dico – che Shakespeare ha composto “Macbeth” e “Re Lear” in quarantena per la peste. Bene: “Macbeth” Radaelli l’ha già fatto. Nell’ultima nostra chiacchierata Luca mi aveva confessato il desiderio di realizzare “Re Lear”. “Infatti!”, risponde. Ma prima di darmi qualche dettaglio, apre una breve parentesi, ricordando che due volte i teatri londinesi sono stati chiusi per la peste e in entrambe le occasioni, alla riapertura, Shakespeare ha fatto le cose migliori.

(Mi sia concesso en passant di consigliare ai lettori “Il mondo inquieto di Shakespeare” di Neil MacGregor, pubblicato da Adelphi, in particolare il capitolo 17 intitolato “Il teatro e la peste”).

Durante i primi giorni di “reclusione” Radaelli ha scritto una poesia intitolata “Mi mancano i corpi”, così come Shakespeare approfittò della prima pestilenza per comporre i Sonetti…

E poi torna a “Re Lear”. L’idea è di fare uno spettacolo per attore e pupazzi, collaborando con Walter Broggini, un “burattinaio d’eccezione, molto bravo nell’uso dei materiali, degli oggetti, della figura in senso lato. Era previsto che ci lavorassimo in questi giorni”.

Avevano in programma una settimana di studio e di sciate in montagna, con intervalli di lauti pranzi e libagioni. La pandemia ha sconvolto i loro piani, ma sono in contatto epistolare. L’obiettivo è quello di avvicinarsi a un testo di una potenza straordinaria che questo periodo molto particolare ci aiuta un po’ a capire.

Du bon usage de la quarantaine, potremmo dire parafrasando Pascal.

Saul Stucchi

I garofani e la neve

Con il consenso dell’editore Franco Minonzio, cito un brano dell’email con la quale – molto cortesemente – ha risposto alla mia curiosità:

“La collana I garofani e la neve trae denominazione da una stupenda
lirica del poeta barocco spagnolo Luis de Góngora. Il sonetto , il cui
titolo semplificando suona “Donna che si punse con uno spillo”, dedicato
a una donna di nome Clori, sviluppa in una forma più leggera il tema
del sangue, presente in modi talora ossessivi nella lirica secentesca”.

Eccone le due terzine finali:

Ma, ahi, insidioso ferro breve
della sua bella mano nel cristallo,
sacrilego, divino sangue beve.

Mai tanto illustrò porpora indiano
avorio; invidiosa, sulla neve
garofani sfogliò l’Aurora invano.

In attesa che i programmi di distribuzione della piccola casa editrice riprendano il loro corso, la raccolta di poesie di Luca Radaelli “Non danzo più sotto la pioggia” può essere acquistata presso la Libreria Parole nel Tempo di Via Partigiani 19 a Lecco. Informazioni: tel. 0341.1763760.

www.libreriaparoleneltempo.it

Luca Radaelli
Non danzo più sotto la pioggia
Polyhistor Edizioni
2019
14 €

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