“Quando ho fotografato Steven Runciman, con quella frangia di capelli neri e una cocorita (…) posata sul dito inanellato, mentre guardava obliquamente l’obiettivo alla maniera dei Primitivi italiani, ho capito di non avere vissuto invano”.
Mi è tornata in mente questa frase del fotografo Cecil Beaton sul celebre bizantinista inglese (citata da Silvia Ronchey), ieri sera, mentre Luca Radaelli dava inizio al suo (con Federico Bario) spettacolo In capo al mondo – In viaggio con Walter Bonatti sul palcoscenico del Teatro Libero di Milano, dove potrete vederlo fino a domenica 16 novembre. Non vi paia un accostamento ardito: in principio l’attore – regista racconta infatti il suo incontro con Walter Bonatti un anno prima della morte dello scalatore.
Seme dello spettacolo l’incontro con quell’uomo ormai anziano e non troppo alto, ma dalla personalità eccezionale che lo rendeva un eroe nel senso ellenico del termine: un uomo che ha vissuto la propria vita in senso pieno, assoluto. Abbiamo detto “scalatore” più sopra, ma mai come per Bonatti la definizione risulta troppo stretta. Walter è stato infatti esploratore, reporter (per Epoca), scrittore, uomo d’avventura, Ulisse dei nostri tempi. Ma a ben guardare, si domanda Radaelli, il teatro non è esso stesso avventura? L’attore, come l’esploratore, asseconda il proprio desiderio di andare oltre, di superare i limiti, come l’Ulisse dantesco.
Così Radaelli tesse il suo omaggio a Bonatti rievocandone la storia, dalla prime scoperte (“il Po era il mio mare”), alle scalate sulla Grigna, palestra per una generazione di scalatori che arrivavano ai piedi delle montagne in treno… Lo fa con i fili della poesia, forti come corde d’arrampicata e delicati come soffi di brezza, accostando sfide in verticale e sfide in orizzontale, tutte pericolose, tutte straordinarie, tutte affrontate con la curiosità di un bambino, la forza di un giovane e la saggezza di un vecchio (si può ancora dire “vecchio”?). Alle proprie parole avvicina e mescola i versi di Dante, Montale e Luzi, di cui riprende l’ultima poesia:
Sì, l’immensità, la luce
ma quiete vera ci sarebbe stata?
Lì avrebbe la sua impresa
avuto il luminoso assolvimento
da se stessa nella trasparente spera
o nasceva una nuova impossibile scalata…
Questo temeva, questo desiderava
Lo spettacolo è un omaggio pieno di ammirazione e di sensibilità per un uomo che mise alla prova il fisico in imprese eccezionali. Per celebrare il centenario della conquista del Cervino da parte di Edward Whymper, nel 1865, Bonatti ne scalò in solitaria (!) la parete nord in inverno (!!).“Il masochista celeste” lo chiamava Buzzati. Masochista, forse. Di certo non sprovveduto. Mentre Maurizio Aliffi accompagna alla chitarra i momenti più drammatici e intensi dello spettacolo, le immagini curate da Paola Nessi azzerano la distanza tra noi e l’epoca gloriosa dell’alpinismo, prima dei viaggi low cost, dei tessuti ipertecnologici e delle bevande rigeneranti create in laboratorio.
Un video mostra gli scaffali della biblioteca di Bonatti, popolati dai grandi classici d’avventura, viaggi letti, immaginati e sognati da ragazzo e poi da adulto, viaggi di parole che ispirarono altri viaggi che ispirarono a loro volta altre parole, le sue e quelle di Radaelli e queste nostre, come anelli di una catena che si chiama cultura. Aveva letto molto, Bonatti, e aveva vissuto la tragedia della guerra, facendo così conoscenza della cattiveria degli uomini. Eppure rimase scioccato dall’esperienza diretta con la meschinità, la piccolezza di uomini dall’ambizione inversamente proporzionata alla loro sensibilità. Quanto soffrì per le polemiche sulle sfortunate spedizioni sul Monte Bianco (1961) e sul K2 (1964)!
Walter era un uomo dritto, tanto che la sua “Nausicaa” Rossana ne ricordava a Radaelli una fisima che fisima non era: voleva che la bottiglia fosse posta al centro della tavola e non sul bordo, perché le cose giuste sono quelle fatte bene, senza approssimazione, quell’approssimazione che in montagna può avere conseguenze tragiche.
E noi, che eroi non siamo? Noi andiamo a teatro a sognare le imprese di Bonatti
“Ti guardiamo noi, della razza
di chi rimane a terra”. (Montale)
E poi non ci resta che aspettare che passi il treno della metropolitana. E ogni volta è un’avventura. Anzi, un’odissea…
Saul Stucchi
dal 10 al 16 novembre ore 21.00; domenica ore 16.00
IN CAPO AL MONDO
di Luca Radaelli e Federico Bario
con Luca Radaelli e Maurizio Aliffi alla chitarra
Biglietti: intero 21 €; ridotto 15 €; prevendita 1,50 €
Teatro Libero
Via Savona 10
Milano
Info: tel. 02.8323126
www.teatrolibero.it