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Voi siete qui: Europa » Ritorno a Chanià: tappa al “Kipos Kafé” (Caffè Giardino)

9 Aprile 2022

Ritorno a Chanià: tappa al “Kipos Kafé” (Caffè Giardino)

Quindicesima puntata del reportage di Marco Grassano “Ritorno a Chanià”.

La meteorologia, qui a Creta, muta in fretta anche quando volge al meglio. Stamattina, l’acqua del porto è tornata color zaffiro e il cielo soprastante è di nuovo azzurro, con cumuli sparsi e sfilacciati che fluttuano alti. Come mi spiega Kostas, dipende dalla direzione del vento: la Tramontana reca maltempo e temperature inferiori, mentre il Garbino (o Libeccio, come lo chiama Montale) rimena il bello.

Mi affiorano alcuni versi – dall’Àxion estì dell’isolano Elitis – su “gli imberbi novizi della burrasca, i corrieri che hanno percorso le miglia celesti, (…) il Maestrale, il Levante, il Garbino, il Ponente, il Grecale, lo Scirocco, la Tramontana, l’Austro”.

Il vento Garbino porta il bel tempo a Chanià (Creta)

In fondo alla Chalidon, un gruppo di bambini delle elementari e una coppia di insegnanti (tutti muniti di mascherina) scendono da un pullman. Penso siano diretti pure loro al Museo Marittimo.

Ho convenuto con David di trovarci davanti al Mercato coperto, per andare a visitare il caffè abitualmente frequentato dagli artisti locali. Mentre lo attendo, passeggio lungo il marciapiede. Alla vicina fermata degli autobus, sta seduta una ragazza, affaccendata col telefonino (poiché ha un auricolare, forse ascolta musica): graziosa, lunghi capelli lisci e mori, jeans, giubbotto blu, zainetto, sciarpa al collo.

Un’amica di Facebook, professoressa di lettere in pensione, aveva commentato così una delle foto di Thériso da me caricate: “Ma che meraviglia: sarà per la deformazione prospettica dovuta agli studi, ma su quelle strade sembra di veder passare tutte le figure della mitologia classica”. Le rispondo, adesso, che è vero: ho appena scorto qualcuno che potrebbe essere una ninfa.

Il rabbino mi fa salire in macchina e, al termine dell’aiuola spartitraffico, inverte la direzione, per andare a imboccare, poco oltre, Odòs Andreas Papandreu: viale di alberi ancor giovani e distanziati, fra condominii anni Settanta. L’arteria giunge in fretta a separare due estese aree verdi. Al primo semaforo, prendiamo a destra. Parcheggiamo a ridosso del bianco muro di cinta dei Giardini Municipali; sul lato opposto, un ulteriore giardino, presieduto dal suo solenne obelisco. Proseguiamo a piedi. Di fronte a un raffinato palazzotto di gusto inglese, scantoniamo ancora.

Raggiungiamo l’ingresso del parco, notando, di passaggio, l’ennesima farmacia. Fra alberi annosi, il basso edificio del Κήπος Καφέ (Kípos Kafé, ossia, giustamente, Caffè Giardino), fronteggiato da una tettoia fitta di tavoli e sedie. Indossiamo la mascherina. Ci sottoponiamo al controllo di una gentile e sorridente ragazza castana, in abbigliamento (pantaloni e maglia) nel blu scuro d’ordinanza. Ci disinfettiamo le mani.

Il Kipos Kafé a Chanià (Creta)

L’interno si rivela essere un ampio salone in stile liberty. Pavimento a listelli di legno screziato. Un ricco albero di Natale al centro. Altri addobbi lungo le pareti. Il camino, sulla destra, è acceso.

Ci portiamo nella stanza cui si accede dal fondo, vetrata su tre pareti; la quarta è ricoperta da decine di pagine di giornale incorniciate, con servizi dedicati a varie personalità della cultura greca. David vuole scattarmi alcune istantanee, per un’intervista da pubblicare sul bollettino on line della Sinagoga. Riconoscendoli, mi posiziono accanto all’articolo accompagnato da una grande immagine di Mikis Theodorakis e Ghiannis Parios. Il giubbotto nero in raso ed ecopelle e il berretto da marinaio greco – comprato in un negozietto (gerenti, due maturi e simpatici coniugi) mentre andavo in libreria – mi conferiscono una vaga aria alla Odisseas Elitis.

Il caminetto del Kipos Kafé a Chanià (Creta)

Torniamo nella sala principale, prendiamo posto accanto al caminetto e ordiniamo birra Mythos. Seduta al tavolino di fronte, una probabile scrittrice digita rapidamente sul portatile. Ogni tanto si ferma, guarda in alto come per riflettere, per soppesare una parola o una frase, poi riprende a pigiare i tasti. Più tardi, spegne il computer, lo ripone, si riveste e se ne va.

Poco dopo usciamo anche noi, salutando la cameriera di guardia. Il rabbino mi fotografa ancora un paio di volte: davanti a un supporto per manifesti pubblicitari subito fuori dal cancello, quindi all’altezza della macchina. Alla fine, mi riporta in centro.

Puntata 15 – segue.

Marco Grassano

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