Nella mia ultima visita a Parigi sono andato a vedere la mostra su Omero e Ulisse, organizzata dalla Biblioteca Nazionale. L’ho trovata ben allestita e molto interessante (intendo renderne conto sul numero 3 di ALIBI, in edicola a febbraio). Al termine del percorso c’è una saletta nella quale viene proiettato senza interruzione un documentario con un’intervista – ovviamente in francese – a Jean-Pierre Vernant, uno dei massimi grecisti della nostra epoca.

Lo studioso è morto lo scorso 9 gennaio, ma ne ho avuto notizia solo leggendo il coccodrillo di Maurizio Bettini su Repubblica dell’11. Sono rimasto sorpreso e sinceramente dispiaciuto. Jipé – ho scoperto che gli amici lo chiamavano così – era un uomo particolarmente simpatico, oltre che uno studioso di altissimo livello.
Ho avuto la fortuna di ascoltarlo dal vivo una volta soltanto, nel 1998, quando venne a Milano per un incontro organizzato dall’Università Statale. Mi colpì il suo abbigliamento: indossava infatti una giacca con colletto alla cinese (tipo quelle rese celebri dai ritratti del Presidente Mao).
Bettini parla invece di un’altra giacca – o meglio, non ne specifica la foggia -, raccontando che Vernant, prima di parlare di fronte a un folto uditorio a Siena, aveva lasciato cadere a terra con noncuranza l’abito, preso dal tema del discorso.
“A mia conoscenza – scrive Bettini – Vernant è stato l’unico ellenista che, quando parlava, pareva veramente ispirato da una musa, come l’aedo omerico”.
Proprio in questi giorni sto leggendo l’Odissea (confesso, vergognandomene, di non averla mai letta tutta…) e d’ora in poi assocerò sempre il ricordo di Vernant alla mostra parigina e alla figura di Ulisse, navigatore del nostro Mediterraneo, inesauribile forziere di tesori e di miti. E siccome le coincidenze sono come le ciliegie, ecco che La Repubblica dello stesso giorno riporta la notizia secondo la quale “Non era Itaca la patria di Ulisse”. Cito:
Nel settembre 2005 uno storico dilettante, un professore di geologia e uno di letteratura classica britannici diedero la notizia shock: l’Itaca di Omero non è l’attuale isola greca così denominata, bensì Paliki, una penisola nella parte ovest di Cefalonia, che un tempo formava un’isola a sé. E oggi affermano di avere nuove prove geologiche che piazzano su Cefalonia il regno di Odisseo”.
Notizie di questo genere ritornano periodicamente: il sito di Troia non era dove l’ha riscoperto Schliemann, Cleopatra non si è suicidata dopo Azio (infatti è ancora viva e lotta insieme a noi…), i Romani scoprirono l’America 1500 anni prima di Colombo, ma non lo dissero perché erano rimasti delusi, e così via.

Leggo nell’ottima introduzione ai primi quattro libri dell’Odissea pubblicata nel primo tomo dell’edizione della Fondazione Lorenzo Valla (Mondadori), scritta da Stephanie West:
…Itaca. I riferimenti del poema al regno del suo eroe presentano difficoltà che suscitarono controversie già nell’antichità. (Strabone scriveva: Il poeta, infatti, non si esprime con chiarezza né riguardo a Cefallenia né riguardo a Itaca e agli altri luoghi vicini, cosicché c’è disaccordo anche fra i commentatori e gli storici). Il passo più importante e quello che desta le maggiori perplessità è IX 21-7, dove Odisseo descrive la sua patria ad Alcinoo. Itaca, egli dice, appartiene a quel numeroso gruppo di isole tutte vicine, fra le quali sono Dulichio, Same e Zacinto. Viene spontaneo identificare Itaca e Zacinto con le isole che portano ancora quei nomi, ma per Dulichio e Same la soluzione non è così facile; la spiegazione più probabile è che entrambe siano parti di Cefalonia. L’archeologo Wilhelm Dörpfeld cercò di risolvere le varie difficoltà nell’identificazione, “supponendo che l’Itaca omerica fosse la Leucade classica (moderna Lefkas)”.
Ma anche questa soluzione in realtà risolve solo in parte il problema. La West conclude:
Converrà riportare l’assennato giudizio di Merry: «L’ipotesi più probabile, a nostro modo di vedere, è che Omero intendesse situare la patria del suo eroe nell’attuale isola di Itaca; ma che, mancando di una personale conoscenza dei luoghi, il poeta fosse in grado di basarsi quanto alla posizione geografica dell’isola, unicamente su quelle vaghe informazioni che gli potevano essere accessibili, mentre i dettagli non sarebbero che l’immagine che egli aveva dello scenario naturale comune a molte isole greche, probabilmente presente, in modo più o meno simile, in molti posti che gli erano effettivamente famigliari”.
Insomma Itaca era (a) Itaca.
PS: Vernant partecipò attivamente alla Resistenza francese, col nome di battaglia di Colonel Berthier, come il celebre generale napoleonico…Sto cercando di risalire – su Internet – alla motivazione della scelta dello pseudonimo. Impresa omerica.
Saul Stucchi
La foto di Vernant è presa da Wikipedia