Voglio svegliarmi in una città che non dorme mai.
Frank Sinatra
Nona puntata: la gente di Manhattan
Anche per la nona puntata del nostro reportage dagli USA restiamo nella Grande Mela. Non parlerò degli altri quartieri che compongono New York, perché non li ho praticamente visti. Mi limiterò alla sola Manhattan. E qui, dopo i grattacieli e le piramidi, resterebbe qualcosa da dire. Ma non molto: i parchi (e ce ne sono tanti oltre al celeberrimo Central Park) sono come i nostri; i musei (più o meno ricchi) non differiscono dai nostri; le case, le strade, la metropolitana non sono poi così diverse da quelle europee.
La gente, quella sì, mi è sembrata diversa. Ho il vizio di osservare – dentro le vetture del metrò, ma anche sulle panchine o in giro – le facce di quanti mi sono vicini, e l’impressione (tutta personale) che ne ho tratto non è stata delle migliori. A me parevano “tristi”.
Lo so: molti mi risponderebbero che anche sulla metropolitana di Milano o di Barcellona alla sera i pendolari non hanno certo un viso contento; ma la gente di New York a me dava un’idea più angosciante: i visi mi sembravano tutti vuoti, senza speranze o prospettive.
Una metafora del vuoto di questa civiltà. Alla straordinarietà di una città che è sempre viva, a ogni ora del giorno e della notte (come potrebbe testimoniare chiunque sia stato per qualche tempo in America) fa da contraltare la mancanza di un “senso”, come se si avesse la possibilità di andare ovunque, ma non si sapesse né dove, né perché.
L D S