Lo spettacolo “Il delitto Karamazov” ha debuttato ieri sera al Teatro Out Off di Milano, dove rimarrà in cartellone fino a domenica 12 febbraio. Tratto dal capolavoro di Fëdor Dostoevskij si basa sulla drammaturgia del professor Fausto Malcovati che non ha tentato la strada della riduzione del romanzo (impresa impossibile quella di condensare in novanta minuti il materiale che lo scrittore russo ha magistralmente organizzato in dodici libri), bensì quella di concentrarsi sulla parte finale per farne una sorta di summa. Lo stesso Malcovati, seduto sui gradini che fiancheggiano la platea, interroga i testimoni convocati nel tribunale dove viene istruito il processo contro Dmitrij Karamazov, accusato di aver ucciso il padre. Un giudice a latere, quindi.

L’abbrivo è un po’ freddo e meccanico. “Poco teatrale” in una parola. Pur essendo abituato a parlare in pubblico Malcovati deve aver sentito l’emozione della prima. È più che probabile che nelle prossime recite l’interrogatorio proceda in maniera più fluida. Questo è però soltanto l’escamotage per introdurre la vicenda e i suoi complessi intrecci.
Antonio Gargiulo impersona il fratello cadetto Ivan; Matteo Vitanza interpreta il fratello più piccolo, Alëša; mentre Mario Sala e Giuseppe Gambazza sono rispettivamente Smerdjakov e Grigorij. Già da questa distribuzione dei ruoli il lettore (e lo spettatore in sala) comprende che la contrapposizione principale che fa da motore alla storia, ovvero quella tra Dmitrij e il padre, divisi dalla rivalità per conquistarsi le grazie della bella Grušenka ma non solo, non è rappresentata dagli stessi protagonisti ma rievocata da altri, al tempo stesso testimoni e complici. Sì, perché – questa è la verità ultima del romanzo – tutti sono (siamo) colpevoli del “delitto Karamazov”.
Spoglia la scena disegnata da Stefano Sgarella e Lorenzo Loris (quest’ultimo firma anche la regia dello spettacolo: la definirei precisa) che si riduce a qualche panca di legno, un tavolino e una pedana. Su tre schermi vengono proiettati frammenti di video di un altrove, là fuori. Le luci e i video sono curati da Saba Kasmaei. Segnalo che l’illuminazione avrà una funzione ben più che estetica in un momento chiave dello spettacolo, ma non voglio rovinare la sorpresa agli spettatori. Mi limito a riportare il mio apprezzamento per la soluzione escogitata.

Attraverso domande e risposte vengono ricostruiti i fatti, o meglio: le versioni proposte dai rispettivi testimoni. A dar voce al padrone sono una volta Ivan e un’altra Grigorij. Nessuno lo amava, non c’è dubbio, ma il compito del processo è stabilire chi sia stato a ucciderlo. Alla formula dell’interrogatorio processuale si aggancia, per poi prendere sempre più spazio, la rievocazione di momenti chiave attraverso flashback.
I lettori dei Karamazov riconosceranno le pagine che forniscono il materiale che prende forma dialogica in scena, i vari episodi, le parole, le accuse e le argomentazioni a difesa. La pedana diventa il pulpito dal quale Ivan pronuncia il suo intenso monologo sulla sofferenza dei bambini, per lui prova evidente della non esistenza di Dio. E poi si trasforma nel giaciglio su cui si rannicchia il subdolo Smerdjakov per irretire Ivan con la sua trama di insinuazioni.
Gargiulo lavora di sfumature per seguire il processo di decadimento psichico del suo Ivan che finisce letteralmente messo al muro dal servo Smerdjakov. Complimenti a Sala che rende quest’ultimo viscido e diabolico come l’originale. A pensarci bene, in effetti, è Smerdjakov il vero diavolo con cui si misura Ivan e questa è una riflessione ancora più ricca di spunti se consideriamo il servo come una versione “bastarda” eppure più efficace del suo brillante ma nei fatti sterile “maestro di vita”.
Lo prende in giro e lo manovra con la sua psicologia inversa tanto aperta quanto proficua. Arriva a recitargli il celebre incipit del Qohelet con il lapidario “Vanità delle vanità. Tutto è vanità”. E il povero Ivan non può che soccombere. Questo nella logica dei fatti, ma Dostoevskij, da autore profondamente cristiano, non pone lì il punto finale. Anzi, non pone proprio un punto finale. Perché la morte del chicco di grano è necessaria perché dia frutto.
Saul Stucchi
Foto di Stefano Sgarella
Il delitto Karamazov
da Fëdor Dostoevskijdrammaturgia Fausto Malcovati
con Mario Sala, Fausto Malcovati, Antonio Gargiulo, Matteo Vitanza, Giuseppe Gambazza
regia Lorenzo Loris
costumi Nicoletta Ceccolini
musiche realizzate dagli allievi della Civica Scuola di Musica Claudio Abbado del corso di composizione (IRMus)
scene Stefano Sgarella e Lorenzo Loris
luci e video Saba Kasmaei
coproduzione Teatro Out Off e CTB – Centro Teatrale Bresciano
Informazioni sullo spettacolo
Dove
Teatro Out OffVia Mac Mahon 16, Milano
Quando
Dal 17 gennaio al 12 febbraio 2023Orari e prezzi
Orari: da martedì a sabato 19.30Domenica 16.00
lunedì riposo
Biglietti: intero 20 €; ridotti 14/10 €