“L’ALIBI della domenica” è dedicato alla mostra “Image Capital”.
Se vi dovessero domandare a bruciapelo “Quanti soldi hai nel portafoglio?”, sapreste rispondere con precisione? E se vi chiedessero il numero di foto che avete in questo momento nello smartphone? Difficilmente sareste in grado di farlo nel primo caso, mentre – ne converrete con me – è praticamente impossibile rispondere alla seconda domanda.
Io so di avere pochi contanti con me (per ragioni che potete immaginare), ma moltissime foto. Troppe. Per la precisione 10.988, di cui una sessantina scattate durante la presentazione alla stampa e poi la visita della mostra “Image Capital. La fotografia come tecnologia dell’informazione” alla Fondazione MAST di Bologna.
Si è aperta lo scorso 22 settembre e si potrà visitare – con ingresso libero – fino all’8 gennaio 2023. È curata da Francesco Zanot e realizzata grazie alla collaborazione tra il fotografo Armin Linke e la storica della fotografia Estelle Blaschke, ricercatrice dell’Università di Basilea.
Percorso espositivo
È una mostra da “leggere” ancora più che da vedere. Fin dal primo sguardo si comprende che è diversa da quelle finora allestite nella galleria del MAST. In effetti in conferenza stampa il curatore l’ha definita come “progetto di ricerca” più che mostra. Il percorso espositivo si articola in sei sezioni. Ne riprendo struttura e brevissima descrizione dal libretto di sala che si conferma una delle caratteristiche d’eccellenza del MAST.
- MEMORY: sulla capacità delle immagini di raccogliere e immagazzinare informazioni.
- ACCESS: sulle modalità di archiviazione, indicizzazione e reperimento delle immagini.
- PROTECTION: sulle strategie per la conservazione a lungo termine delle immagini e delle informazioni che contengono.
- MINING: sull’analisi delle immagini e il loro utilizzo nelle tecnologie per il riconoscimento automatico.
- IMAGING: sulla fotografia come sistema di visualizzazione della realtà o di un suo progetto.
- CURRENCY: sul valore delle immagini.
È stato ancora Zanot a definire “democratico” il percorso, spiegando che lungo le sezioni le opere hanno tutte la stessa dignità e importanza. Fotografie e testi convivono allo stesso livello e meritano la stessa attenzione. Dare la precedenza a un aspetto significa infatti compromettere la comprensione del materiale esposto, anche perché la fotografia è protagonista insieme a tanti altri linguaggi: testi, video, materiale d’archivio…
E così oltre la metà delle foto che ho scattato durante la mia visita riguarda i testi. Al di là delle didascalie tecniche vere e proprie appese alle pareti, con le informazioni sugli autori delle immagini, ci sono poi teche che contengono testi posizionati in orizzontale. L’invito (e insieme il messaggio) al visitatore è chiaro: vanno “guardati” come le opere nei musei, non scorsi con quel misto di fastidio e disattenzione con cui solitamente affrontiamo i pannelli didattici esposti nelle sale.
Il futuro del passato
In una teca è esposto il numero del 10 settembre 1945 della rivista “Life”, su cui un articolo illustrava una panoramica di previsioni sul futuro proposte dall’ingegnere Vannevar Bush. La possibilità che le macchine prodotte dall’uomo iniziassero a pensare autonomamente è già anticipata nel sottotitolo, mentre un box nella seconda pagina riassume le previsioni del Dr Bush.
Tra le più interessanti c’è la “fotocamera Ciclope” che, indossata sulla fronte, sarebbe stata in grado di immortalare tutto quello che vediamo, mentre “Vocoder” avrebbe trascritto tutte le nostre parole con la precisione di un affidabile segretario (lo scrivo volutamente al maschile per evitare polemiche. Le previsioni del Dr Bush non menzionano le attuali battaglie linguistiche sul genere delle parole e anche questo dà da pensare: sulla società di allora e sulla nostra…).
Qua e là lungo il percorso ci sono anche citazioni, come questa (piuttosto celebre) di Walter Benjamin, datata 1931:
Non colui che ignora l’alfabeto, bensì colui che ignora la fotografia — è stato detto — sarà l’analfabeta del futuro. Ma un fotografo che non sa leggere le proprie immagini non è forse meno di un analfabeta? La didascalia non diventerà per caso uno degli elementi essenziali dell’immagine fotografica?”
Testi e refusi
L’importanza dei metadati è proprio uno degli aspetti su cui la mostra si sofferma. Le immagini da sole sono quasi inutili: da un punto di vista commerciale, ma anche pratico. Ciascuno di noi lo sperimenta ogni volta che cerchiamo una fotografia nella massa sterminata della nostra produzione. I più organizzati le archiviano in album, assegnando a ciascuna di esse una serie di tag utili appunto per ritrovarle durante le ricerche. Per esempio: identità delle persone ritratte, luoghi, occasioni (cerimonie e vacanze, tanto per suggerirne un paio), dettagli importanti per noi che ad altri, invece, non direbbero niente (“Quella sua maglietta fina”, per dirla con Baglioni).
Naturalmente i testi, per quanto accurati, implicano il rischio di errore e nemmeno gli organizzatori sfuggono alla dura legge del refuso. La didascalia della foto di Armin Linke sul sito di stoccaggio di Iron Mountain a Boyers (PA) riporta che “vi sono conservati documenti e dati di circa 2300 clienti, tra cui enti governativi, società private, biblioteche, musei e società di comunicazione”. A poca distanza la stessa didascalia vede aumentare alla stratosferica cifra di 230.000 i clienti del sito di stoccaggio.
Per quanto sembri incredibile, pare che la cifra corretta sia la seconda: almeno per quanto ho potuto constatare con una veloce ricerca in Rete. Come testimoniare il refuso, se non scattando delle foto alle didascalie? Gli organizzatori dovrebbero pensare di aggiungere queste mie al percorso… Naturalmente è una battuta, ma a ben pensarci, mi pare colga bene l’idea a fondamento della mostra che è poi l’invito a leggere con attenzione la realtà che ci circonda.
Occhio ai fiori
Si esce dal MAST con lo sguardo un poco più affinato. Tornato in centro a Bologna, sono entrato dopo tanto tempo nella basilica di San Petronio. Ad attirare la mia attenzione, nella cappella di Santa Brigida (la seconda della navata destra), è stato il polittico dipinto da Tommaso Garelli (datato 1477). Ma poi mi sono accorto del vasetto con due orchidee deposto ai piedi dell’altare.
Un vasetto simile è collocato davanti al sarcofago dei Santi Nabore e Felice nella basilica di Sant’Ambrogio a Milano. Dopo aver visitato la mostra “Image Capital” al MAST di Bologna non è più possibile guardare questi semplici vasetti di fiori con lo sguardo di prima.
Anche in questo caso lascio la parola alla didascalia che accompagna una foto di Linke scattata l’anno scorso nell’impianto della società Ter Laak Orchids di Wateringen, nei Paesi Bassi, per illustrare il funzionamento della loro tecnologia di differenziazione ottica.
Nello “studio fotografico” della Ter Laak si catturano 24 immagini di ogni orchidea per analizzarne la dimensione, assegnarla a una fascia di prezzo e smistarla a seconda della destinazione di vendita. Sulla base dell’analisi di queste informazioni visive, si classifica ogni pianta determinandone la categoria di prezzo e il mercato di destinazione”.
Chiudo segnalando una piccola citazione / omaggio che rischia di passare inosservata, almeno a chi non sia un amante dell’arte di Jan van Eyck. Nella fotografia che immortala una scrivania del quartier generale della banca BNP Paribas a Parigi, occupata da almeno sette display digitali, si faccia attenzione al piccolo specchio rotondo alla sommità del monitor al centro. Restituisce il riflesso del fotografo Armin Linke al lavoro, come nel caso del maestro fiammingo nel celeberrimo Ritratto dei coniugi Arnolfini.
Saul Stucchi
Didascalie:
- Una sala del percorso espositivo
- Fotografo sconosciuto
Pubblicità della Recordak con etichetta “Tutti questi assegni in 30 metri di rullino. Un bel risparmio”, 1955 c.
Università di Rochester, Libri Rari, Collezioni Speciali e Conservazione (RBSCP), Kodak Historical Collection - Armin Linke
Sito di stoccaggio di Iron Mountain, Boyers (PA), USA, 2018
Courtesy: l’artista e Vistamare Milano/Pescara
Image Capital
La fotografia come tecnologia dell’informazione
Informazioni sulla mostra
Dove
Fondazione MASTVia Speranza 42, Bologna
Quando
Dal 22 settembre 2022 all’8 gennaio 2023Orari e prezzi
Orari: da martedì a domenica 10.00 – 19.00Biglietti: ingresso gratuito