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Voi siete qui: Teatro & Cinema » Il Giulio Cesare di Alberto Oliva è un castello di carte

12 Novembre 2016 Scritto da Saul Stucchi

Il Giulio Cesare di Alberto Oliva è un castello di carte

Una scena del "Giulio Cesare" di William Shakespeare diretto da Alberto OlivaImpossibile dimenticare il primo “Giulio Cesare” di Shakespeare. Soprattutto se si ha avuto la fortuna di assistere a un’intensa rappresentazione in un teatro di Lisbona (ovviamente in portoghese). Magari poi seguita, negli anni, da altre versioni in vari teatri d’Italia, anche all’aperto e addirittura nei Fori Imperiali di Roma.

Tradimenti e spettri

Questa volta, invece, chi scrive non è dovuto andare lontano per assistere al “Giulio Cesare” nell’adattamento di Alberto Oliva e Mino Manni: lo spettacolo è infatti in cartellone al Teatro Litta di Milano fino al prossimo 15 novembre. La prima nazionale di mercoledì sera rimarrà nella memoria prima di tutto perché ha coinciso con l’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti d’America. Come ricordiamo tutti dov’eravamo quel tragico 9.11 del 2001, così ricorderemo tutti questo 11.9 del 2016, con la speranza che non abbia conseguenze così catastrofiche…

Il giornalista Luca Gallesi e il filosofo Giulio Giorello hanno introdotto il "Giulio Cesare" al Teatro Litta di MilanoMa la prima recita si farà ricordare anche per l’interessante introduzione del filosofo Giulio Giorello, intervistato dal giornalista Luca Gallesi, sul tema del tradimento in politica. Partendo dall’interrogativo “Chi tradisce chi?”, Giorello ha esposto una veloce rassegna dei giudizi sulla figura del dittatore romano e dei cesaricidi. Se Dante colloca Bruto e Cassio nella parte più infima dell’Inferno, in (cattiva) compagnia di Giuda, simboli dei traditori più biasimevoli, per gli umanisti del Trecento e Quattrocento fu Cesare a tradire la Repubblica, difesa con l’estremo sacrificio della vita dagli eroi Bruto e Cassio.

Machiavelli, da parte sua, ne lodava lo slancio libertario, ma lucidamente ne comprendeva il ritardo sui tempi: era inevitabile che la loro azione venisse sconfitta dalla storia. Anche il giovanissimo Leopardi giudicò Cesare come un tiranno e lodò l’impresa di Bruto, lamentandone però l’inutilità.

Alessandro Castellucci nel "Giulio Cesare" di William Shakespeare diretto da Alberto Oliva

Amici, Romani, concittadini!

Il filosofo ha concluso ricordando che Nietzsche, grande ammiratore di Shakespeare, in particolare dell’Amleto e appunto del Giulio Cesare, a proposito di quest’ultimo ha scritto che più correttamente dovrebbe intitolarsi “Marco Bruto”. A maggior ragione dovrebbe essere il titolo di questo allestimento diretto da Alberto Oliva. Qui, infatti, Cesare non compare neppure. Il tradimento rimane al centro dello spettacolo, ma il soffocatore della Repubblica e la vittima del tirannicidio non c’è.

Oliva ha dato una bella sforbiciata al testo scespiriano, eliminando intere parti e poi proseguendo l’operazione col bisturi, senza risparmiare le parti più sensibili, come la celeberrima orazione funebre di Antonio a cui è saltato l’iniziale invito “prestatemi orecchio” (lend me your ears). Salito alla tribuna per eccitare gli animi dei Romani, Mino Manni deve vedersela con lo spettro di Marlon Brando… Sarà per timore reverenziale che non ha calcato i toni di quell’orazione incendiaria?

Era inevitabile, forse, che non tutte le suture dei numerosi tagli si rimarginassero alla perfezione, lasciando qualche piccola cicatrice. Segni ne sono i cali di tensione che qua e là si riscontrano nella messa in scena.

Mino Manni nel "Giulio Cesare" di William Shakespeare diretto da Alberto Oliva

Bruto ha perso il kairòs

Lo sfrondamento dà in compenso maggiore velocità al precipitare delle due vicende che hanno nel cesaricidio rispettivamente l’esito e l’origine, ovvero la congiura e la resa dei conti a Filippi. Su entrambe incombe lo spirito di Cesare, richiamato in scena dalla carta del Re. Oliva, grande appassionato di serie televisive, rende omaggio a House of Cards utilizzandone la celebre sigla. La lotta per il potere annulla le distanze spazio-temporali tra la Roma del I secolo a.C. e la Washington del XXI secolo d.C., tra Campidoglio e U.S. Capitol (e Casa Bianca).

I protagonisti sono giocatori di poker spinti dall’ambizione, pronti a gettare sul tavolo averi, eserciti e la propria vita (quella di alleati e parenti vale meno del due di picche a briscola e viene scartata con cinismo e indifferenza) per tentare di accaparrarsi la posta in gioco. Ma come aveva ricordato Giorello, la strategia di Bruto (a cui dà corpo e voce vibrante il bravo Alessandro Castellucci) è viziata da un errore di calcolo politico: si è lasciato sfuggire il suo kairòs, il suo momento giusto, proprio lui che alla vigilia della fine dirà all’amico Cassio

C’è una marea nelle faccende degli uomini,
che, presa quando è alta, porta alla fortuna:
mancata, tutto il viaggio della vita
viene confinato in secche e in sciagure.
Su tale piena onda galleggiamo adesso
e dobbiamo sfruttare la corrente favorevole
o perderemo quel che abbiamo investito.

Il sacrificio di Cesare è una messa macabra, un rituale che si ripeterà nei tempi a venire, una “scena sublime [che] sarà recitata di nuovo, in nazioni ancora non nate, in lingue ancora sconosciute!”. Da grande giocatore, Shakespeare ha puntato sul suo talento e ha vinto.

PS: dal 13 al 18 dicembre alla Sala Cavallerizza andrà in scena la “Cleopatràs” di Testori con Marta Ossoli, per la regia di Mino Manni: da Antonio ad Antoniass! Io sono curiosissimo e voi?

Saul Stucchi

Giulio Cesare
di William Shakespeare

Dal 9 al 15 novembre 2016

  • Adattamento: Alberto Oliva e Mino Manni
  • Regia: Alberto Oliva
  • Con: Mino Manni, Alessandro Castellucci, Angelo Colombo, Simone Severgnini
  • Scene e costumi: Lucia Giorgio
  • Assistente alla regia: Serena Piazza

Orari: da lunedì a sabato 20:30; domenica 16:30
Durata: 1 ora e 30 minuti
Biglietti: intero 24 €; ridotti 16 € / 12 €

Teatro Litta

Corso Magenta 24
Milano

Informazioni:

www.mtmteatro.it

  • Altri articoli sul “Giulio Cesare” di Shakespeare
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