“L’ALIBI della domenica” è dedicato al film “Maigret” di Patrice Leconte.
Per chi non si fosse ancora riavuto dalla pessima trasposizione televisiva dei romanzi di Simenon interpretati da un inadeguato Sergio Castellitto (autore dell’impresa quasi impossibile di rendere arrogante, aggressivo, e sguaiato il nostro commissario preferito), la visione di questo Maigret, per la regia di Patrice Leconte, riconcilia lo spettatore con il culto del poliziotto di Quai des Orfèvres.
La sceneggiatura da cui è tratta la pellicola si basa sul romanzo di Georges Simenon Maigret e la giovane morta, edito in Italia da Adelphi. Il film è uscito nelle sale italiane il 15 settembre 2022.
Il protagonista è interpretato dall’ottimo e imbolsito Gérard Depardieu che offre a Maigret tutta l’aria vissuta e sofferente di un uomo malato, e l’aspetto bonario, spiccio ma pietoso, e attento alla natura umana che noi, lettori affezionati dell’autore belga, abbiamo sempre conosciuto e apprezzato. Anzi, a ben vedere, sembra che fra attore e personaggio ci sia una specie di naturale identificazione, grazie alla quale Depardieu dona se stesso a Maigret, e Maigret si riflette in Depardieu.
Dicevamo di un uomo malato, stanco, quasi al crepuscolo, al quale il medico proibisce di fumare; così che il nostro – per sentirsi meno “nudo” – è costretto lungo tutta l’indagine a rigirarsi malinconicamente la pipa spenta fra le dita e, per riuscire a rubare qualche boccata di fumo, deve mostrare a uno dei suoi attendenti, novello fumatore, i trucchi per evitare che il tabacco si spenga nel fornello [ndr: mi raccomando, se siete interessati, boccate rapide e brevi].
Al procuratore che, vedendolo trastullarsi con la sua Pot, gli ricorda che nel suo ufficio sono vietate pipe e sigarette, egli ribatte maliziosamente che quella pipa è una Magritte, citando con ironia il pittore conterraneo di Simenon (“Ceci n’est pas une pipe”).
Il film si dipana secondo i placidi ritmi tipici del cinema francese, e ciò è una boccata di ossigeno in un contesto cinematografico dove la frenesia e la velocità, provenienti specialmente da una Hollywood ormai a digiuno di idee, sono diventati gli unici ingredienti delle pellicole di successo.
La fotografia, le luci, i colori quasi anticati, le ambientazioni tipicamente parigine, ma che non scomodano i luoghi comuni iconografici della capitale francese, la penombra, la recitazione misurata di tutto il cast (dove spicca la sensualità delle protagoniste Jade Labeste e Mélanie Bernier), perfino la cura del sonoro, tutto contribuisce a rendere il film un piccolo gioiello di garbo e di delicatezza, di cui rendere grande merito a Leconte.
Senza spoilerare la trama del film (e del romanzo), la ricerca del colpevole costringerà Maigret a muoversi fra i bassifondi (così lontani dalle luci della Ville Lumière) e gli ambienti dell’alta borghesia parigina, questi ultimi popolati da donne e uomini tanto altezzosi quanto ricchi di scheletri nell’armadio, e di fatto più cinici e crudeli. Ne esce un racconto torbido e, tutto sommato, rivoltante.
In questa ricerca il commissario di Saint-Fiacre mostrerà la consueta sensibilità, la pietas verso i disadattati, la necessità di comprendere gli individui prima ancora del bisogno di scoprire il colpevole per portarlo sul banco degli imputati.
Ma, soprattutto, percepirà su di sé una stanchezza che travalica la debilitazione dovuta alla malattia: la stanchezza dell’uomo giusto di fronte alla fragilità dell’essere umano.
Simone Cozzi
Maigret
- Regia: Patrice Leconte
- Sceneggiatura: Patrice Leconte, Jérôme Tonnerre
- Interpreti: Gérard Depardieu, Jade Labeste, Mélanie Bernier, Aurore Clément
Georges Simenon
Maigret e la giovane morta
Traduzione di Laura Frausin Guarino
Adelphi
Collana gli Adelphi – Le inchieste di Maigret, 271
2005, 163 pagine
11,00 €