Ieri sera al Memoriale della Shoah di Milano si è tenuto un incontro dal titolo “Ricordare Anne Frank oggi: dalla parola all’immagine”, una sorta di presentazione (molto sui generis) del graphic novel di Ari Folman e David Polonsky dal “Diario”, pubblicato in Italia da Einaudi, nella collana Super ET. A moderare l’incontro l’agente letterario Marco Vigevani.
Gianluca Trezzi della Casa dei Diritti ha aperto il giro di interventi parlando dell’importanza di conoscere e ricordare la storia e sottolineando il valore di testimonianza del “Diario”. Anne dà voce a molti altri che non l’hanno, che non hanno lasciato traccia della loro esperienza: è una per milioni. Le vicende che racconta non sono lontane nel tempo, sono a noi vicine. Riguardano anche Milano perché proprio da lì, dal luogo in cui eravamo, partivano i treni per i campi.
Il graphic novel è in qualche modo anche una risposta all’uso “improprio” dell’immagine di Anne a cui abbiamo assistito recentemente e il riferimento, implicito, era all’impresa di alcuni tifosi laziali che avevano diffuso adesivi che ritraevano la ragazza con una felpa romanista.
Sandra Zoccolan di ATIR Teatro Ringhiera ha letto alcuni brani dal “Diario”: nella prima parte pagine degli anni 1942 e 1943, nella seconda brani degli ultimi mesi prima della deportazione.
Nel suo puntuale intervento lo storico Walter Barberis, presidente della Einaudi, ha rievocato la vicenda editoriale del “Diario”. Einaudi lo ha pubblicato nel 1954, espiando in qualche modo uno dei suoi “peccati originali”, quello di non aver compreso nel 1947 l’importanza di “Se questo è un uomo” di Primo Levi, “girato” a un piccolo editore (De Silva).
Per una decina d’anni a partire dal ’45 Einaudi ha riflettuto sulla Resistenza ma non sulla Shoah. È pur vero, ha notato Barberis, che molti altri editori europei all’inizio rifiutarono il “Diario”. Furono le trasposizioni teatrali a dare un grande successo al libro negli Stati Uniti. Dopo la pubblicazione nel ’54, nel ’58 Einaudi ha pubblicato “Se questo è un uomo”.
È significativo che la prima edizione del “Diario” fosse nella collana dei Saggi. Dieci anni dopo è stata la volta della NUE – Nuova Universale Einaudi, a riprova che il libro era già sentito come “classico”. Poi entrò a far parte della collana per le scuole medie.
Il “Diario” era nel novero dei testi “canonici”, considerati però anche “statici”. Fino a quest’ultima versione a fumetti che permetterà ai giovani di approcciarsi al libro in un modo più “dinamico”.
Giorgio Albertini, illustratore e docente di Storia del fumetto all’Accademia di Belle Arti Europea dei media, ha esordito sottolineando l’aspetto popolare del fumetto (probabilmente la più popolare delle arti). Quella di trasformare l’indicibile in una storia a fumetti è un’operazione complessa che necessita di una grande sensibilità.
La mediazione di altri autori nella trasposizione dell’opera di uno scrittore può aggiungere tantissimo, se è fatta da grandi artisti come sono Ari Folman (sceneggiatore) e David Polonsky (illustratore), basti pensare alla quantità infinita di connessioni con l’arte e la cultura di quegli anni.
Rispondendo alla domanda di quale sia il rapporto tra fumetto e Shoah, Albertini ha spiegato che si tratta di una storia lunghissima, sintetizzandola in poche tappe per ragioni di tempo.
Già qualche mese prima che Hitler prendesse il potere in Germania, nel gennaio del 1933 due ragazzi ebrei, Jerry Siegel e Joe Shuster, idearono il personaggio di Superman le cui storie saranno poi pubblicate per la prima volta nel 1938. Si trattava di una risposta agli attacchi subiti dagli ebrei in Europa. Superman, ha detto Albertini, è una sorta di moderno Golem, aggiungendo che il fumetto di quell’epoca, soprattutto per quanto riguarda i supereroi, è quasi tutto un fenomeno ebraico.
Nel 1944 in Francia fu pubblicato “La Bête Est Morte!” (ovvero “La bestia è morta!”), opera dell’illustratore Edmond-François Calvo che può essere considerata tra i punti di riferimento che hanno influenzato il celeberrimo “Maus” di Art Spiegelman le cui prime pagine sono apparse negli anni Ottanta su una rivista underground statunitense chiamata “Raw”.
L’incontro si è chiuso con una riflessione musicale proposta dal Coro Col Hakolot della Comunità Ebraica di Milano, ma il “Diario” di Anne Frank rimane aperto, anche grazie a questa nuova versione come graphic novel.
Saul Stucchi
- Ari Folman e David Polonsky
Anne Frank – Diario
Traduzione di Laura Pignatti ed Elisabetta Spediacci
Einaudi, Super ET (2017)
160 pagine, 15 €