Dopo la presentazione al Festival della Letteratura di Mantova con Michela Murgia e prima degli appuntamenti al Tuba Bazar di Roma e alla Libreria Sovrappensieri di Orvieto (rispettivamente il 10 e l’11 settembre), domenica 9 settembre la scrittrice cilena Nona Fernández ha parlato del suo ultimo libro “La dimensione oscura”, tradotto da Carlo Alberto Montalto per la casa editrice Gran Vía, alla Libreria Tempo Ritrovato di Milano.
A presentarla Francesco Fava, professore associato in Letteratura Spagnola alla Libera Università di Lingue e Comunicazione IULM, affiancato dalla giovane Giulia, studentessa nello stesso ateneo, nel ruolo di traduttrice.
La confessione di Valenzuela
Fava ha definito la Fernández una delle voci più significative, originali e potenti della letteratura latinoamericana contemporanea e ha ricordato che “La dimensione oscura” ha ricevuto l’anno scorso il prestigioso Premio Sor Juana Inés de la Cruz, creato come riconoscimento del valore delle scrittrici di lingua spagnola dell’America Latina e dei Caraibi.
Il libro parte da un episodio storico, ovvero la confessione di Andrés Antonio Valenzuela Morales, agente dei servizi segreti e torturatore durante la dittatura di Pinochet, a un giornale dell’opposizione, “Cauce”. Come conseguenza di quell’atto inaudito, Valenzuela fu costretto a lasciare il Cile per la clandestinità. Prende avvio da quell’evento e poi si sviluppa su differenti piani, in una sorta di diario in cui l’autrice racconta la ricerca in cui si è impegnata. Questa dimensione personale convive con le storie delle vittime, oltre a incursioni in molti altri temi.
La caratteristica più evidente de “La dimensione oscura” è dunque la sovrapposizione di tempi, di luoghi e di destini (delle vittime e dei loro torturatori). Il titolo fa invece riferimento alla serie TV di fantascienza “Ai confini della realtà” che in Cile venne trasmessa nei primi anni Ottanta con il titolo, appunto, de “La dimensión desconocida”.
“Immaginare” – ha notato Fava – è un verbo che ricorre spesso nel libro, tanto che tre delle quattro sezioni di cui è composto si aprono con le parole “Lo immagino”.
Nona ha risposto che il materiale con cui ha realizzato il libro è pura realtà. È partita con l’idea di costruire un racconto di fantasia, come un romanzo di Le Carré, ma il materiale che stava raccogliendo, ovvero i racconti dei figli delle vittime, le ha fatto comprendere che non poteva inventare.
Un testo ibrido
Certo, non manca l’immaginazione: il suo ruolo è quello di riempire i buchi neri, ricostruire le scene del crimine, completare le informazioni documentate a sua disposizione.
L’autrice appartiene alla generazione dei figli delle vittime della dittatura. Con questo libro ha voluto completare con l’immaginazione quello che la generazione precedente non ha mai voluto o potuto raccontare.
È consapevole di essere passata dalla pura fiction (a questa categoria appartiene il suo primo romanzo, “Mapocho”, anch’esso tradotto in italiano da Gran Vía) alla non-fiction. “La dimensione oscura” è un ibrido. Nona è convinta che lo scrittore si lascia sedurre dal materiale che raccoglie. È il materiale a dire allo scrittore quello che deve fare, non il contrario.
Il suo compito come autrice è quello di mettere in discussione la realtà data, osservarla con una specie di occhiali a raggi X che permettano di vedere quello che la gente non vuole vedere o mettere in discussione.
“Sono una scrittrice, non una giornalista” ha tenuto a precisare Nona. Toccare nel profondo con una storia è una missione possibile per la letteratura, non per il reportage.
Lei aveva ben chiaro che il suo libro fosse un’opera di letteratura, ma comprende la difficoltà dell’editore nell’etichettarlo con una categoria. Fava ha fatto notare che l’editore italiano ha inaugurato una collana ad hoc per ospitarlo. Si chiama significativamente “Diagonal – Letteratura Obliqua”.
“La dimensione oscura” inizia così:
Lo immagino camminare per una via del centro. Un uomo alto, magro, moro, con folti baffi neri. Nella mano sinistra ha una rivista arrotolata. La stringe con forza, come fosse un sostegno a cui aggrapparsi. Lo immagino andare di corsa, mentre fuma una sigaretta, guardandosi intorno con fare agitato per accertarsi che nessuno lo segua. È agosto. Per la precisione la mattina del 27 agosto 1984. Lo immagino entrare in un edificio di calle Huérfanos, all’angolo con Bandera. È la sede della rivista “Cauce”, questo però non lo immagino, l’ho letto.
Saul Stucchi
- Nona Fernández
La dimensione oscura
Gran Vía
Traduzione di Carlo Alberto Montalto
216 pagine, 16 €