

Cano ha rievocato il suo rapporto molto stretto con il mare: da bambino, negli anni Quaranta del secolo scorso, ebbe il privilegio di andarci spesso perché figlio di un pescatore. Quando arrivò a Roma nel 1969 poté ampliare la sua visione del Mediterraneo, visitando la Grecia, la Turchia, la Libia, la Siria. E comprese che nessun altro posto così geograficamente limitato può vantare una tale ricchezza di tesori, della natura e della cultura. Il Mediterraneo per lui rappresenta la perfetta antitesi della globalizzazione per la sua eccezionale sovrapposizione e compresenza di lingue, religioni e culture diverse (ma anche modi di cucinare, di costruire, di affrontare la vita…).
Per molto tempo ha trascorso un terzo dell’anno in Italia, un altro in Spagna e il restante in viaggio, sempre portando con sé un taccuino di disegno. Da tempo voleva dedicarsi al Mediterraneo ma temeva il rischio del banale e del già visto: come dipingere, per esempio, Venezia dopo Turner? A uscire dall’imbarazzo l’hanno aiutato due libri, L’altra Venezia di Matvejevic e Fondamenta degli incurabili di Brodskij, che gli hanno permesso di vedere la città lagunare con altri occhi.

IX Mediterranei
Fondazione Benetton Studi Ricerche
Treviso