Per una fortunata coincidenza, di cui è bene approfittare subito, il Museo di Storia Naturale di Milano ospita in questo momento le opere di due poeti della natura. Nel vento della poesia. La Natura nei libri e nelle opere di Alberto Casiraghy”, curata da Andrea Tomasetig, si potrà visitare fino al 12 novembre (ne scriverò a breve).
C’è invece tempo soltanto fino al 29 ottobre per ammirare i taccuini e i disegni di Stefano Faravelli, raccolti per la piccola mostra Elogio della biodiversità: fiori, frutti e insetti. Trova posto in tre teche collocate nella galleria del piano superiore, in pratica al termine del percorso di visita della collezione del museo. Questa indicazione vi sarà preziosa perché il personale di sala – almeno i quattro custodi che ho interpellato io oggi – non sapranno fornirvi informazioni…

Un pannello spiega che le opere esposte nelle teche “sono pubblicate nell’agenda 2024 del mensile Gardenia, Cairo Editore. Gli insetti sono tratti dalla collezione del Museo di Storia Naturale”.
Come ho già scritto tempo fa (Almuerzo con Stefano Faravelli, incantatore con pennelli e parole), limitarsi ad apprezzare i disegni – per quanto essi siano straordinari – è fare un torto al talento di Faravelli. La sua è un’arte enciclopedica – nel senso letterale del termine – dove disegno e parola hanno uguale valore perché sono affrontati con il medesimo rispetto.
E allora aguzzate la vista (magari portatevi una lente o fatevi aiutare dallo zoom del cellulare) per leggere le annotazioni che l’autore ha vergato a margine dei disegni. Ci troverete, per esempio, una poesia di Emily Dickinson (La natura usa il giallo più raramente / di ogni altra tinta / lo serba tutto per i tramonti / prodiga d’azzurro…), una citazione dal suo amato Ernst Jünger (“risplendeva da lontano il verbasco”) che passava la Linea Maginot nel maggio del 1940 (be’, non era proprio una scampagnata la sua…), ma anche un’esclamazione di pieno godimento come questa: “ah, gioia pura dell’ape quando si tuffa nel fiore. Ah, estasi incomparabile!” che ci fa sognare di essere l’insetto pronto a immergersi nel fiore su cui sta volando.

In ogni fiore – è lo stesso Faravelli a dirlo in un’altra sua annotazione – l’artista vede un frammento di paradiso, “un frammento perché il suo sfiorire consegna quel paradiso alla caducità. Eppure in quel frammento c’è tutto il paradiso, come in ogni istante c’è il lampo dell’eternità. Il fiore passa e muore ma il fiorire, l’eterna gloria dello schiudersi, non sarà mai velato dalla ruggine del tempo”.
Tornano alla mente i biancospini cantati da Proust nella sua Recherche, ma Stefano non disdegna (come potrebbe? La natura è una) il tema del sesso degli zucchini e delle chiocciole né l’umile carota (e “umile” la definisco io, ma solo perché è legata alla terra, humus).
Sul cervo volante ci sarebbe poi d’aprire un intero capitolo che non potrebbe trascurare il nome di Jean-Henri Fabre, di cui Adelphi ha pubblicato in tre volumi i Ricordi di un entomologo (nella copertina del primo campeggia proprio un cervo volante). Mi limiterò invece a trascrivere un pensiero che Sylvain Tesson dedica a quest’opera nel suo libro Sentieri neri (Sellerio):
La lettura di quel libro mi aveva insegnato che è possibile aprirsi al mondo nel segreto di un giardino, fondare un sistema di pensiero osservando l’erba, passare alla posterità tenendosi in disparte dal rumore del mondo e sviluppare una filosofia totalizzante che non ponga l’uomo al sommo di ogni cosa. Per aprire il mistero della vita, un insetto è una chiave che vale quanto qualunque altra.”
Parole che – ne sono convinto – Stefano potrebbe annotare (se già non l’ha fatto) in margine a un suo disegno, pardon: opera d’arte.
Saul Stucchi
Elogio della biodiversità:
fiori, frutti e insetti
Taccuini e disegni di Stefano Faravelli
Informazioni sulla mostra
Dove
Museo di Storia NaturaleCorso Venezia 55, Milano
Quando
Dal 19 al 29 ottobre 2023Orari e prezzi
Orari: da martedì a domenica 10.00 – 17.30Lunedì chiuso
Biglietti: intero 5 €; ridotto 3 €