L’ultima immagine che vedo quando spengo il cellulare prima che inizi lo spettacolo Parole sulla sabbia è quella del corpo di un bambino. Del cadavere di un bambino, di due o tre anni. Giace sulla battigia di una spiaggia turca, appena lambito dalle onde del mare. Quasi accarezzato, ma senza vita. L’ha persa fuggendo con mille altri dalla guerra che insanguina la Siria. Non occorre essere padri di un bambino per sentir torcersi le budella, per immedesimarsi nella disperazione dei suoi familiari. Che dovrebbe essere la nostra disperazione.
Si spengono le luci nell’affollata e incandescente sala della Biblioteca di Carnate (MB). Scherzando il direttore del Festival L’Ultima Luna d’Estate Luca Radaelli dice: “fa caldo come in una piazza del Marocco”. È lì che ci porta Abderrahim El Hadiri, anche se fuori piove e avremmo dovuto essere all’aperto alla Villa Fornari Banfi. Poco male, le luci si spengono e in un attimo la musica ci trasporta dall’altra parte del Mediterraneo. È un salto di un minuto che tante volte, troppe, si è trasformato in tragedia. Ma questa sera lo spettacolo tenterà di ricucire gli strappi semplicemente con le parole. Le parole rincuorano, esortano, curano, seducono, ma soprattutto possono trasmettere insegnamenti di generazione in generazione.
È quello che fa Abderrahim, inanellando racconti, favole, storielle che accomunano le sponde del Mare Nostro (ricordate Socrate? Viviamo come rane attorno a uno stagno). Sono berbere, arabe, ma anche romane, come quella che ha tratto da Ovidio. Ma poi che importanza ha l’origine? Il pubblico le conosce anche se i nomi dei protagonisti suonano strani perché stranieri. E quando il cattivo di turno bussa alla porta di piccoli sprovveduti non è il lupo (ma va’! Il lupo nel deserto??!), bensì il Baba Gullo. Ma la solfa non cambia. Bisogna rimanere solidali e opporre saggezza e pazienza ai suoi attacchi.
Alle parole di Abderrahim la piazza Jemaa al Fna di Marrakech si popola di personaggi, come nei racconti di Canetti e la Brianza (ho già avuto modo di dirlo) si rivela regione di un “più grande Mediterraneo” (cara a Braudel) che supera le barriere geografiche perché area culturale e la cultura non conosce barriere.
Il pubblico partecipa rispondendo agli inviti dell’attore, anzi cantastorie alla maniera omerica, e ride con piacere agli scherzi arguti, per poi rimanere profondamente colpito dalla morale delle sue favole in cui il tesoro più prezioso è sempre una perla di saggezza. A che ammassare denari, se si mette a rischio la vita? A che desiderare sempre di più, se l’eccesso trasforma tutto in sabbia? A che fuggire nella più remota zona della Cina, se è proprio lì che la morte ci ha dato appuntamento? Nemmeno i re più saggi come Suleiman possono sfuggirle. Ed è giusto così. Quello che non è giusto è che un bambino di due anni perda la vita per attraversare il nostro stagno. Nostro del senso di tutti, sia chiaro.
Saul Stucchi
Foto di Maurizio Anderlini
PAROLE SULLA SABBIA
di e con Abderrahim El Hadiri
Cicogne Teeatro
Andato in scena alla Biblioteca di Carnate (MB) il 2 settembre 2015
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