Questa settimana l’editoriale “L’ALIBI della domenica” è dedicato a una “Traviata” davvero fuori dall’ordinario.
Ci sarebbe voluta la penna di Alberto Arbasino per raccontare “La traviata” madrilena del 2020, l’anno della pandemia da Coronavirus Covid-19. Chissà cosa avrebbe ricamato attorno all’augurio di Flora “Avrem lieta di maschere la notte” (II, 9).
Leggendo queste righe dovrete invece accontentarvi di molto meno, ma i tempi sono quelli che sono e dobbiamo tutti fare di necessità virtù. Lo fece lo stesso Arbasino quando allestì la sua “Traviata” al Teatro dell’Opera del Cairo. Correva l’anno 1966. Presidente d’Egitto era Nasser, alla Casa Bianca e al Cremlino c’erano rispettivamente Lyndon B. Johnson e Leonid Brežnev (chissà come sarebbe stato il mondo se si fossero scambiati i ruoli…).

Versatilità, capacità di adattamento, tanti sacrifici e la voglia di tornare a esibirsi. Sono sicuramente questi i principali ingredienti che hanno permesso al gruppo di lavoro del Teatro Real di Madrid di presentare al pubblico, spagnolo in primis ma non solo, un cartellone con ben 27 rappresentazioni de “La traviata” di Giuseppe Verdi (al posto delle 19 originariamente previste).
“La traviata” in mondovisione
La rappresentazione di mercoledì 15 luglio è stata trasmessa in tutto il mondo sulla piattaforma MyOpera Player con accesso gratuito. Io l’ho vista dal soggiorno di casa, durante la cena con la famiglia nella prima parte e poi comodamente seduto sul divano.

È stata senza dubbio una rappresentazione straordinaria, sotto diversi punti di vista. Un po’ perché è andata in scena in forma semiscenica (ideata da Leo Castaldi) per adeguarsi alle misure igienico-sanitarie, valide tanto per gli spettatori che per i cantanti, i musicisti e tutto il personale tecnico.
Il palcoscenico è stato trasformato in un grande reticolato in cui gli interpreti occupavano la propria casella, mantenendo una distanza di sicurezza da quanti avevano attorno. Così nei duetti e nelle scene a più voci, ogni volta che un cantante faceva un passo in una direzione, gli altri si spostavano in quella opposta o gli voltavano le spalle.
Quando alla fine della quinta scena del II atto Violetta e Germont si scambiano l’augurio “Felice siate… Addio!…” e la didascalia recita “s’abbracciano” i due interpreti sono divisi da ben quattro “quadratoni” di un metro e mezzo ciascuno. Li ho contati. In mezzo a loro ci sono i pochi mobili della scenografia minimalista: una poltrona in pelle, una chaise longue, un tavolinetto…
A distanza di sicurezza
Banditi gli abbracci, gli sfioramenti e le strette di mano. Il Marchese d’Obigny NON stringe la mano ad Alfredo nella scena seconda del I atto né a Flora nella decima del II atto, quando tutti propongono di finirla a tarallucci e vino:
Su via, si stenda un velo
sui fatti del passato;
già quel ch’è stato è stato,
badiamo all’avvenir.
Tantomeno le zingarelle prendono la mano di Flora per leggerle l’avvenire o quella del Marchese.
Tutti all’altezza della situazione i componenti del cast, una delle tante opzioni di questo allestimento che sarebbe ingeneroso definire “di fortuna”. Nelle 27 rappresentazioni in cartellone si alternano infatti quattro cantanti nel ruolo di Giorgio Germont: i baritoni Artur Ruciński, Nicola Alaimo, Luis Cansino e Javier Franco.
Altrettanti tenori si scambiano quello del del figlio Alfredo: Michael Fabiano, Ivan Magrì, Matthew Polenzani e Ismael Jordi. Ben cinque – addirittura! – sono invece i soprani nel ruolo di Violetta: Marina Rebeka, Ruth Iniesta, Ekaterina Bakanova, Lana Kos e Lisette Oropesa.
Nella rappresentazione del 15 luglio trasmessa in tutto il mondo nei ruoli principali hanno cantato Marina Rebeka, Michael Fabiano e Artur Ruciński. Tutti calorosamente applauditi dal pubblico presente che ha apprezzato anche la prova del Coro e dell’Orchestra del Teatro Real, sotto la direzione di Nicola Luisotti.
Povera Violetta!
Una curiosità: a Germont – Ruciński è scappato di mano il bastone alla fine dell’ottava scena del II atto, poco prima che calasse il sipario. Sono seguiti 40 minuti d’intervallo durante i quali il personale del teatro ha provveduto a sanificare il palcoscenico.
Sarà la tisi e non il Covid-19 a spegnere la vita di Violetta:
“Oh, come son mutata!…
Ma il dottore a sperar pure m’esorta!…
Ah, con tal morbo ogni speranza è morta!…”
La sua trasfigurazione finale – straordinaria l’interpretazione di Marina Rebeka – va colta come messaggio di speranza per la sopravvivenza dell’opera lirica goduta dal vivo, pur con la compresenza di forme alternative di fruizione.
Forse, invece di “Parigi o cara”, Arbasino avrebbe sospirato questa volta “Madrid o cara”.
Saul Stucchi
Didascalie:
- Visione domestica de “La traviata”
- “La traviata” di Verdi al Teatro Real di Madrid (cast II)
Foto © Javier del Real | Teatro Real
La traviata
di Giuseppe Verdi
Teatro Real
Plaza de Isabel II
Madrid
1 – 29 luglio 2020
Informazioni:
www.teatroreal.es