Non si tratta di una mostra, bensì di un’installazione. Ci tiene a sottolinearlo la direttrice del Museo Vincenzo Vela di Ligornetto, nel Canton Ticino, Antonia Nessi. In Passage Tropical di Ishita Chakraborty verrà inaugurata domenica 23 febbraio alla presenza dell’artista, della direttrice e di Samuele Cavadini, sindaco di Mendrisio.
Rimarrà allestita fino al 27 aprile 2025 nell’emiciclo del museo, in dialogo con una delle opere più significative della collezione, ovvero Spartaco, lavoro giovanile dello scultore (fino alla stessa data si potrà visitare anche la mostra Spartaco Vela. Impressioni dal vero, dedicata al figlio dello scultore).
È il caso di illustrare brevemente la genesi e soprattutto le motivazioni che hanno portato a questo evento culturale. Il Museo Vela ha proposto all’artista e poetessa indiana – nata nello Stato del Bengala Occidentale nel 1989 – di interagire con la propria collezione perché ne nascesse un’installazione site-specific capace di proporre al pubblico un nuovo approccio e inediti punti di vista.

Tra i tanti compiti di un museo contemporaneo – almeno di quelli che vogliono rimanere al passo coi tempi o addirittura cercare di anticiparli – c’è quello di suscitare domande tra i visitatori, che siano cittadini frequentatori abituali delle sue sale o turisti di passaggio. Ne riparlerò in occasione della recensione del libro Perché non parli? di Giovanni Carrada (Johan & Levi), ricco di spunti di riflessione – e di critiche – sugli obiettivi di un museo e sui mezzi che esso ha a disposizione per raggiungerli.
Qui mi limito a osservare che un ottimo punto di partenza è la consapevolezza, ovvero la capacità di avere ben chiara la propria funzione sociale e culturale. È uno dei punti di forza del Museo Vela e questa nuova iniziativa – il progetto espositivo si chiama La libertà è una lotta costante, esplicito riferimento al libro dell’attivista statunitense Angela Davis Freedom Is a Constant Struggle – lo dimostra ancora una volta, anche attraverso il ricco programma di iniziative a corredo, tra visite guidate, laboratori, spettacoli e incontri.
Menzioniamo almeno quello di domenica 6 aprile con l’antropologa Giulia Grechi, autrice del libro Decolonizzare il museo. Mostrazioni, pratiche artistiche, sguardi incarnati, uscito da Mimesis nel 2021. E poi segnaliamo l’intervento musicale del trombettista Aquiles Navarro, in collaborazione con il Festival Chiasso Means Noise (il 23 marzo) e la proiezione del film Dahomey di Mati Diop, Orso d’oro alla Berlinale del 2024, in collaborazione con il Cineclub di Mendrisio (il 4 maggio). Breve parentesi: sul tema della restituzione delle opere sottratte in epoca coloniale rimando alla recensione della mostra In dialogo con il Benin: arte, colonialismo, restituzione, appena conclusasi al Museo Rietberg di Zurigo.
Come spiega Carrada nel suo saggio, interpretare (e reinterpretare), o meglio fornire strumenti di interpretazione, è la funzione principale di un museo, forse più importante – per la propria sopravvivenza – della conservazione stessa: un museo chiuso o senza visitatori è infatti semplicemente un deposito.

L’invito al dialogo, all’ascolto, alla condivisione di esperienze ed emozioni è il senso dell’opera di Ishita Chakaborty che da oltre sei anni risiede in Svizzera (vive e lavora tra la Confederazione e l’India) e che ha ricevuto l’anno scorso il premio Manor Kunstpreis Aarau, mentre in primavera allestirà una mostra personale all’Aargauer Kunsthaus, il Museo di Belle Arti di Argovia (Aarau).
Come anticipato in apertura, il primo dialogo è proprio quello intavolato con l’opera di Vela, una scultura dal forte significato simbolico. Cosa dice oggi al visitatore dello spirito di ribellione che l’artista voleva comunicare con la postura dello schiavo che spezza le catene, il dinamismo e la tensione non solo della muscolatura ma anche dello sguardo deciso e arcigno?
Davanti ai giornalisti ieri mattina Ishita Chakaborty ha confessato che la sua prima reazione, davanti a tutto quel bianco che brilla nel museo e in particolare nell’emiciclo, è stata un gesto di rifiuto. Cosa avevano a che fare lei, la sua storia e la sua arte con lo Spartaco di Vincenzo Vela e con il museo? Poi l’opera di persuasione della direttrice Nessi e la riflessione sulle sfide e le opportunità l’hanno convinta ad accettare. Ecco a cosa serve un museo: a far circolare le idee. A promuoverle, a condividerle e a metterle in discussione.

Chakaborty si è interrogata sull’opera e sul museo e ha scelto il tema della schiavitù odierna come ponte di collegamento. In Passage Tropical consiste in alcune sagome di piante che ricreano nell’emiciclo un giardino creolo, luogo della diversità di colture e culture in contrapposizione alla monocoltura (e cultura) dei colonizzatori europei. Ciascuna di esse presenta due facce, una realizzata in iuta, l’altra in sari.
Al giardino l’artista associa le voci di sette persone immigrate di oggi e di ieri che raccontano le proprie esperienze. Le testimonianze sono riprodotte da altoparlanti calati dal soffitto, attivati da sensori quando il visitatore passa nelle vicinanze. Girando attorno alle sagome, dunque, ciascuno si crea un proprio percorso di punti di vista, emozioni e spunti di riflessione.
La direttrice Nessi ha sottolineato l’aspetto performativo delle opere di Ishita Chakaborty, un’artista che si considera un medium, ovvero uno strumento per mettere in comunicazione le persone. Dare voce agli invisibili, riflettere sui concetti di confine e frontiera ma anche porosità e movimento, smontare i luoghi comuni.
“Qui in Europa mi chiedono sempre se tutte le donne indiane portano i capelli lunghi e indossano il sari tutti i giorni”, ha detto Ishita. Ma anche un’altra informazione è interessante per “interpretare” le sagome dell’installazione. Chakaborty ha raccontato che suo nonno era attore e che lei da bambina era abituata a stare sul palcoscenico.
In effetti le sagome del giardino creolo stanno nella sala del Museo Vela come attori in scena, quasi a suggerirci con Shakespeare che tutto il mondo è teatro. L’emiciclo come il Globe: davvero un museo come spazio aperto e luogo d’incontro. Inclusivo.
Saul Stucchi
In Passage Tropical
Informazioni sulla mostraDove
Museo Vincenzo VelaVia Lorenzo Vela 6, Ligornetto (CH)
Quando
Dal 23 febbraio al 27 aprile 2025Orari e prezzi
Orari: da martedì a venerdì 10.00 – 17.00sabato e domenica 10.00 – 18.00
lunedì chuso
Biglietti: intero 10 CHF; ridotto 8 CHF
Mercoledì entrata gratuita