Quando ero giovane, a cavallo dei ruggenti anni Sessanta/Settanta, si parlava spesso di “alienazione”. È un po’ difficile spiegare a qualcuno che vive nel mondo attuale in cosa consistesse. Per semplificare (e molto), diciamo che alieno (dal latino alienus) ha il significato di diverso, di estraneo a noi e che l’alienazione corrisponde a una separazione della personalità individuale da alcuni aspetti del mondo dell’esperienza.
In un’accezione meno specialistica e più corrente, l’alienazione si sviluppa in una società in cui i ritmi del lavoro o il lavoro stesso diventano sempre più estranei, perché macchinosi, ripetitivi, percepiti come lontani dalla loro finalità.
Il grado massimo lo si raggiunge quando questa alienazione, uscendo dalle porte della fabbrica, entra nella vita quotidiana e la rende priva di significato, vuota, fatta di tante piccole cose, tutte egualmente insulse.
Marco Ferreri è il cantore di questo malessere e “Dillinger è morto” (1969) ne è la sua “Iliade”.
Il protagonista, interpretato magistralmente da Michel Piccoli (un perfetto uomo qualunque), torna a casa dal lavoro. A questo punto si dedica ad una serie di attività “normali”: saluta la moglie che è a letto con l’emicrania, si prepara una cenetta, ha un veloce rapporto con la cameriera. Mentre si dedica a tutte queste cose, trova casualmente una pistola avvolta in una pagina di giornale: la riporta in funzione e con essa uccide la moglie. Quindi va al mare e, dopo una sana nuotata, trova accoglienza su un veliero in rotta verso Tahiti.
A prima vista, non si riuscirebbe a capire il comportamento di Glauco (Piccoli), se non si tenesse presente il vuoto di una vita monotona e ripetitiva. La noia esistenziale, l’alienazione appunto, illumina tutta la storia e spiega perfettamente la completa perdita di importanza che le azioni tutte, anche le più estreme, assumono. È affascinante notare come il protagonista si comporti sempre tranquillamente, senza tradire emozioni o pentimenti.
Questo lavoro ha dato a Marco Ferreri un riconoscimento a livello internazionale. In seguito, nonostante titoli diventati famosi come “La grande abbuffata”, “Non toccate la donna bianca” o “L’ultima donna”, non ha tuttavia mai riscosso quel successo che avrebbe, a mio modesto parere, meritato.
Ferreri, dunque. Nasce a Milano nel 1928 e muore, per infarto, a Parigi, nel 1997. Ha lavorato in Spagna, Italia e Francia. In 35 anni di carriera non ha mai ceduto a compromessi con il pubblico, con i critici o con i produttori. Puro spirito ateo e caustico, ha preso come bersaglio la famiglia, il perbenismo borghese e la società materialista nella quale era e siamo immersi.
I suoi film sono caratterizzati anche da un umorismo corrosivo e spietato. Può essere d’esempio il fatto che, nelle locandine, quando viene presentato un suo lungometraggio, alla voce genere, si accompagna di solito “grottesco”, cioè un modo come un altro per dire: “fate attenzione: anche se vi state divertendo, sta per arrivarvi un pugno in faccia”.
Note e curiosità
“Dillinger è morto” fu girato in fretta, con pochi ciak e spesso improvvisando sul set. La spesa complessiva fu molto ridotta: la troupe era di nove persone e si girò con meno di diecimila metri di pellicola. Il montaggio, ad opera dello stesso Ferreri, fu rapido e conciso. La musica era quella che arrivava da radio o da televisioni accese in una stanza o nell’altra.
E infine, a proposito della location, gli interni sono quelli dell’appartamento del pittore Mario Schifani (del quale compaiono appesi alle pareti alcuni quadri); la cucina, invece, è la cucina della villa a Formello di Ugo Tognazzi (grande amico di Ferreri e che sarà protagonista in molti altri lavori del regista).
Chiudo queste notarelle con una curiosità. Parlando di “Viaggio all’origine del mondo” di Manoel De Oliveira, dicevo che vederlo è un’impresa ardua, se non impossibile. In questo caso, il discorso è rovesciato, poiché è possibile godersi “Dillinger è morto”, semplicemente collegandosi al sito di RaiPlay.
L S D
L’immagine è presa da Wikipedia
Dillinger è morto
- Regia: Marco Ferreri
- Interpreti: Michel Piccoli, Anita Pallenberg, Gino Lavagetto, Carla Petrillo, Mario Jannilli, Annie Girardot