L’opera lirica gode di buona salute? Le nuove tecnologie costituiscono una minaccia potenzialmente mortale o un alleato prezioso nell’approccio al pubblico più giovane? Assistere a un’opera seduti sul divano di casa compromette in qualche modo la comprensione e il godimento dello spettacolo? Sono domande a cui non si può, credo, rispondere in modo univoco, con sentenze di tono definitivo.
Per quel che mi riguarda due esperienze a breve distanza l’una dall’altra mi hanno dato modo di avere più elementi per formarmi un’opinione personale, che vorrei condividere con i lettori di ALIBI Online.
Billy Budd, king of the birds
Alla fine di febbraio ho assistito al Teatro Real di Madrid a due opere molto diverse tra loro. De “La ciudad de las mentiras” di Elena Mendoza con libretto di Matthias Rebstock, tratta da quattro racconti di Juan Carlos Onetti, ho già scritto qui.
[codice-adsense-float]Vorrei invece parlare di “Billy Budd” di Benjamin Britten, con direzione musicale di Ivor Bolton e direzione scenica di Deborah Warner. È stata un’esperienza elettrizzante. Il palcoscenico del teatro madrileno si è trasformato nel ponte di una nave da guerra inglese (“Man of war” nella terminologia marinara), uno spazio chiuso a metà strada tra caserma galleggiante e campo di prigionia, con una distinzione netta, fisica, tra il livello degli ufficiali e quello della ciurma.
La scenografia di Michael Levine, perfettamente illuminata da Jean Kalman, ha coinvolto gli spettatori in sala fino a farli sentire parte dell’equipaggio, inevitabilmente dalla parte del buono, ma troppo ingenuo, Billy Budd. Era tutto un tirare, un issare, uno spostare, un correre avanti e indietro agli ordini dei superiori in un intreccio di funi che ricordava l’incrocio di lance nei quadri di Paolo Uccello.
La nave da guerra è un’antica metafora dello Stato, ma qui lo è anche del Teatro: ciascuno al proprio posto a compiere il proprio dovere per mandare avanti la barca ed evitare che affondi, per imperizia o peggio per ammutinamento (il termine “mutiny” affiora spesso, come minaccia avvertita o pretesto per la repressione).
Colpevole di ingenuità
Il coro, ovviamente composto da soli uomini, sottolinea la solidarietà marinaresca, compromessa prima e infranta poi dal tradimento. Quelle corali sono le scene più intense, soprattutto quando le voci sono sottolineate dal rullo dei tamburi.
Nella tempesta dello scontro con la Francia rivoluzionaria le leggi della guerra hanno dominio assoluto tanto che gli ufficiali non esitano a ricorrere alla violenza e all’arbitrio per arruolare forzatamente i marinai. Billy Budd non si oppone al reclutamento, anzi, in breve diventa la mascotte della nave e il punto di riferimento dei compagni. Ma è troppo buono e non si accorge del pericolo che incombe su di lui.
Jacques Imbrailo nella parte del protagonista è stato impegnato in prove fisiche non indifferenti (come quando si è issato sulla fune…) e il pubblico l’ha giustamente premiato con calorosi applausi al termine della rappresentazione. A me personalmente è piaciuto in particolare Brindley Sherratt nel ruolo di John Claggart: devvero strepitoso!
Se in mare la lotta è tra la “Floating Republic” dei Francesi e la “Floating Monarchy” degli Inglesi, a bordo i fronti dello scontro sono più sfumati e dunque la situazione più pericolosa per chi vi è coinvolto. Si combattono infatti più battaglie – non dichiarate – contemporaneamente e Billy Budd è insieme causa, obiettivo e vittima.
Il Capitano non sa che fare
Il pessimismo di Melville (autore dell’omonimo romanzo da cui è tratta l’opera) vuole che odio e invidia siano più forti dell’amore e della fiducia, mentre all’ingenuità del bravo e coraggioso marinaio risponde quella del Capitano Vere che al momento decisivo si farà travolgere dagli eventi, incapace di governarli (pessima prova per un comandante!).
Nel triangolo tra Billy, Claggart e il Capitano Vere, quest’ultimo abdica al ruolo di guida proprio nel momento in cui maggiormente servirebbero polso e chiarezza d’idee, finendo per accettare il verdetto di condanna a morte per Billy, la cui impiccagione si trasformerà in apoteosi.
La nebbia che ha impedito lo scontro con i nemici ha confuso e fatto smarrire il pavido Capitano. È intervenuta a spostare il peso della bilancia, fino ad allora in un precario equilibrio, dalla parte del male.
The mist have cleared.
O terror! What do I see?
Scylla and Charybdis, the straits of Hell.
I sight them to late –
I see all the mists concealed – all, all.
Beauty, handsomeness, goodness coming to trial.
How can I condemn him? How can I save him? How? How?
My heart’s broken, my life’s broken.
It not his trial, it is mine, mine.
It is I whom the devil awaits.La nebbia si è alzata.
O terrore! Cosa vedo?
Scilla e Cariddi, le porte dell’Inferno.
Le scorgo troppo tardi…
Scopro tutto quello che la nebbia aveva nascosto – tutto, tutto.
Bellezza dell’animo, bellezza del corpo, bontà trascinate in giudizio.
Come posso condannarlo? Come posso salvarlo? Come? Come?
Il mio cuore è spezzato, la mia vita è spezzata.
Non sarà lui a essere giudicato, ma io, io.
È me che il diavolo vuole.
In sala applausi scroscianti per omaggiare tutti quelli coinvolti in questo allestimento colossale e memorabile.
Rodelinda a domicilio
Un mese dopo, verso la fine di marzo, sono “tornato” al Teatro Real di Madrid, ma questa volta senza uscire di casa. In poche parole: ho assistito a una rappresentazione dell’opera “Rodelinda” di Georg Friedrich Händel trasmessa in diretta dal teatro madrileno attraverso la piattaforma Palco Digital.
Diciamo subito che la mia prima esperienza come spettatore “da remoto” è stata positiva, anche se ho registrato qualche punto debole. Se non si dispone di una linea Adsl superveloce, si rischia infatti di assistere a interruzioni più o meno frequenti che minano la comprensione e il godimento dell’opera.
In questo caso naturalmente non esiste il problema di rispettare il “dress code” del teatro, ma si perde lo spettacolo dell’eleganza altrui (magari un po’ pacchiana e appariscente).
È la regia a scegliere su cosa puntare l’attenzione, inquadrando quello che reputa importante in quel momento. Non necessariamente questo coinciderebbe con la nostra scelta personale se fossimo presenti in sala, tuttavia va riconosciuto il vantaggio di gustare i particolari più minuti grazie allo zoom delle telecamere, molto più potente di quello dei binocoli da teatro.
Accostarsi all’opera
Altri aspetti positivi: si apprezza meglio l’illuminazione, calibrata alla perfezione; è molto più pratico prendere appunti (ma questo interessa soltanto ai giornalisti…), si ha la possibilità di interagire sui canali social, come se si stesse guardando una puntata di un talent show o un episodio della propria serie TV preferita: ehi, hai sentito le parole di Rodelinda? È una regina davvero tosta!
Che sento? A te non basta, regno e sposo involarmi,
insidi ancora, perfido, la mia gloria? No, Grimoaldo,
io già rifiuto il dono; lasciami la mia gloria, e tienti il trono.
Non va poi trascurato l’aspetto economico: per assistere alla diretta di “Rodelinda” la tariffa era di 9,99 € (che scendono a 4,99 € per gli spettacoli presenti in videoteca). Si tratta dunque di un modo molto conveniente di avvicinarsi al mondo dell’opera.
Inoltre non si deve attendere l’intervallo per mangiare qualcosa. Certo, si rinuncia a qualcosa. Fuori non c’è Madrid, non si può respirarne l’aria della notte né passeggiare verso il Palazzo Reale e assaporare la frizzante atmosfera del dopo opera, in una una sorta di comunione con persone del tutto estranee che se pur evapora in pochi minuti, è tuttavia molto intensa.
Casa di bambole con aperitivo
Per una sera il mio salotto si è trasformato in un palco del Teatro Real e mi sono sentito doppiamente a casa. Grazie alla fortuna di conoscere, da qualche anno, la magia del teatro madrileno, ho potuto ricreare con la memoria gli spazi e le atmosfere che le telecamere non hanno inquadrato.
Mentre gustavo un aperitivo preparato da mia moglie, seguivo la vicenda della regina dei Longobardi, trasposta in una scenografia insieme moderna e onirica. “Che bella casa!” ha esclamato il mio figliolo, attratto dalla spettacolare casa di bambole che ruotava sul palcoscenico, ideata da Christian Schmidt.
Molto belli anche gli effetti video, curati da Andi A. Müller (in particolare quelli proiettati sulla casa durante l’aria di Grimondo nel V atto).
Seduti sul divano ci si può abbandonare anche a qualche commento scherzoso, assolutamente fuori luogo a teatro! Qui l’aria di Bertarido nel III atto, traboccante di barocchismi, provocava il desiderio di abbattere il re, tanto questi ripete con immodestia la sua buona azione (ovvero aver risparmiato la vita al tiranno). E invece al Teatro Real è stata accolta da calorosi applausi!
Vivi tiranno! Io t’ho scampato
Svenami, ingrato, sfoga il furor.
Volli salvarti sol per mostrarti
ch’ho di mia sorte più grande cor.
Al termine della rappresentazione c’è stato ancora qualche attimo prima che il collegamento venisse chiuso, giusto il tempo di vedere qualche spettatore passare davanti alla telecamera, vanificando l’illusione di essere al Teatro Real. Mi auguro però di tornarci presto, di persona o “da remoto”.
Saul Stucchi
Didascalie:
- Una scena di “Billy Budd”
Foto © Javier del Real | Teatro Real - Jacques Imbrailo e Toby Spence in una scena di “Billy Budd”
Foto © Javier del Real | Teatro Real - La scenografia dell’opera “Rodelinda” al Teatro Real di Madrid
Foto © Monika Rittershaus
IN CARTELLONE
TEATRO REAL
Plaza de Isabel II
Madrid
Informazioni:
www.teatro-real.com