Applausi. Tanti e calorosi applausi il pubblico milanese ha tributato a Giuseppe Battiston al termine dello spettacolo L’invenzione della solitudine, in scena al Piccolo Teatro Grassi fino al 13 aprile. Poco più di un’ora di un monologo intenso, drammatico, ma non privo di momenti di ilarità (sarcastica) e di tenerezza (frustrata). Un bilancio che appare fin dall’inizio fallimentare ma che deve essere analizzato in dettaglio e archiviato per poter voltare pagina.
Alla morte del padre, Paul Auster sentì il bisogno di scriverne per bloccare l’emorragia di ricordi e sensazioni. Ma il compito si rivelò più arduo del previsto. Sul palcoscenico sono stesi abiti e scarpe del padre defunto, tra i quali l’attore cammina come percorrendo i meandri della memoria. I ricordi sono quasi tutti di sapore amaro, in gran parte frustrazioni. “Perché quell’uomo ha messo al mondo un figlio?!”, viene da chiedersi. Così inadatto alle relazioni umane, freddo e insensibile, invisibile a se stesso non meno che agli altri, senza talento per recitare il ruolo di marito; figurarsi quello di padre.
E quanti ne conosciamo, ciascuno di noi, di padri (e madri) così? Vero è che nessuno insegna a essere genitori, ma il protagonista, pur erede di una catena di padri assenti, impara – con fatica – a esserlo per suo figlio Daniel. Ed è nello specchio del figlio che vede riflesso il rapporto col padre e con amore, dedizione e spirito di sacrificio saprà costruire un legame più forte di quello che l’ha unito al genitore.
Di quello cosa rimane? Una grande casa da svuotare, abitata da oggetti, vestiti e suppellettili che dovrebbero sparire insieme alla vita che si spegne e che invece le sopravvivono come fantasmi. Chi l’ha provato non può che confermare quelle sensazioni di tradimento, vuoto, orrore nel maneggiare proprietà altrui. Nel gettar via le cravatte del padre il protagonista confessa di essere giunto al punto più vicino alle lacrime che però non sono arrivate. Non ci sono per un padre che non gli ha mai spiegato i trucchi della vita, le regole, le indicazioni (“vota sempre democratico!”), soprattutto dimenticandosi di aggiungere il monito più importante di tutti: “ricorda quanto ti amo!”.
Sparsi come sassolini lungo lo scorrimento del racconto ci sono tre aneddoti legati dal tema del ghiaccio. Naturalmente sono tutt’altro che casuali. La frigidità emotiva del padre ha rischiato di spegnere il fuoco del figlio, tenuto in vita solo dal calore per Daniel, mentre il matrimonio naufragava. E se l’autore scopre che la scrittura, invece di rimarginare, tiene aperta la ferita, l’operazione è comunque doverosa. “È stato (“Ei fu”, direbbe Manzoni); non sarà mai più. Ma tu ricorda!”. E lascia la pallina rossa, ricordo dell’unico momento di condivisione col padre, sul mobile nero, come un sassolino sulla tomba. In memoriam.
Saul Stucchi
Foto di Bepi Caroli
L’invenzione della solitudine
di Paul Auster
drammaturgia e regia Giorgio Gallione
con Giuseppe Battiston
Dall’8 al 13 aprile 2014
Piccolo Teatro Grassi
Via Rovello 2
Milano
Orari: martedì e sabato 19.30; mercoledì, giovedì e venerdì 20.30; domenica 16.00
Biglietti: platea intero 33 €, ridotto 21 €; balconata intero 26 €, ridotto 18 €
Informazioni e prenotazioni:
tel. 848.800.304
www.piccoloteatro.org