Decima puntata del reportage di Laura Baldo sull’Iran.
Partiamo presto da Shiraz, e un paio d’ore dopo ci fermiamo a Pasargade, che fu la prima capitale dell’impero achemenide, fondata da Ciro il Grande nel 546 a.C. È un sito archeologico piuttosto importante, ma noi, forse per questioni di tempo, visitiamo solo la cosiddetta tomba di Ciro.
È una costruzione rialzata su dei gradini, molto scenografica per la sua posizione isolata nella vasta pianura, anche se non è sicuro che fosse davvero la sua tomba.

Ciò che si sa, e che la rende più affascinante ai miei occhi, è la storia che Alì ci racconta: durante l’invasione araba correva il rischio di essere distrutta, ma i locali la salvarono convincendo gli invasori che fosse la tomba della madre di Salomone. Per quanto sembri pazzesco, ci credettero, e qualcuno ci mise anche un’iscrizione tratta dal Corano per segnare il posto. La storia è divertente, ma la visita è piuttosto breve.
Appena fuori dal sito ci sono due dromedari, che si possono affittare. Guardandomi intorno vedo solo strade piuttosto desolate e non capisco come possa essere piacevole fare un giro qui intorno. I due animali, così sotto il sole della tarda mattina, mi fanno anche pena. Dietro di loro, da un cartellone, spunta la faccia sorridente dell’Ayatollah Khamenei, che in inglese rivolge un appello ai giovani europei e americani perché non si facciano un’idea sbagliata dell’islam. Sotto c’è un indirizzo Telegram a cui scrivere… Quasi quasi sarei tentata, giusto per curiosità.

A fianco c’è anche un altro cartello con le facce dei martiri della guerra Iran-Iraq, ma quelli ormai sono abituata perché sono ovunque, su quasi ogni strada. I primi giorni mi facevano un po’ impressione, poi ci si abitua.
Prima di risalire sul bus facciamo una pausa caffè (per una volta un vero espresso), fuori da un bar attorniato da negozi e bancarelle di souvenir. Dal locale viene una musica pop iraniana molto ritmata a tutto volume, qualcuno accenna a ballare, e ripartiamo molto più carichi.
Viaggiamo per gran parte del giorno, con una breve sosta per il pranzo. Lungo la strada sfilano frutteti di melograni, ogni tanto Alì ci indica un vecchio caravanserraglio o una Torre del silenzio diroccata (avremo modo di vederne alcune ben conservate domani).
Le torri del vento di Yazd
Arriviamo a Yazd verso le 17 e 30. La città mi fa subito un’impressione migliore di Shiraz: sembra più piccola, più vivibile. C’è una bella piazza con un orologio a torre e intorno si cominciano a vedere le torri del vento e gli edifici storici, costruiti nello stile del deserto, in adobe, cioè mattoni crudi di fango e paglia. Non ci sono molti condomini o altri orrori moderni qui, nemmeno in periferia, e il traffico è minore.
Yazd sorge al margine del deserto di Kavir e ha quindi un clima desertico, torrido d’estate e freddo d’inverno, quando può piovere o nevicare. In quei casi gli edifici si rovinano, quindi ogni primavera li riparano, e per le stradine del centro si trovano ovunque pile di mattoni crudi accatastati pronti per l’uso.
È anche una delle città più antiche del mondo, presente da almeno 3000 anni, e ha mantenuto per lo più il suo aspetto originario, il che la rende tra le più affascinanti in assoluto. Il centro storico è tutto in adobe, case, hotel, moschee, torri del vento. Tutto dello stesso color argilla, che si armonizza perfettamente con l’azzurro del cielo.

Le torri del vento, o Badgir, ci sono anche da altre parti (alcune le abbiamo viste già a Teheran), ma qui ce ne sono moltissime, rendendo il profilo della città molto caratteristico e inconfondibile.
Un tempo, quando non c’era l’aria condizionata, erano l’unico modo per sopravvivere al caldo estivo. C’è un sistema di canali sotterranei per l’acqua che serviva a raffreddare l’aria convogliata dalle torri, per poi espellere quella calda, e che pare fosse un capolavoro di ingegneria per l’epoca in cui fu costruito.
L’hotel Mehr
Entrati nel centro storico, lasciamo il pullman in un piazzale, e ci avviamo all’hotel a piedi. La facciata del Mehr Hotel mi piace fin da subito: il muro di argilla cruda è semplice e liscio, con solo una merlatura in cima, delle strisce che sembrano merletti disegnati sull’argilla come su un castello di sabbia e un vecchio portone aperto.

La reception è piccola ma accogliente, due cameriere in uniforme e velo nero ci accolgono con dei vassoi di succo di frutta ghiacciato, quindi accompagnano ognuno nella sua stanza. L’hotel è stato ricavato da una vecchia dimora, ha solo il piano terra ed è tutto in stile tradizionale. Non pacchiano, per una volta, ma autentico e straordinario.

Le stanze sono sparpagliate qui e là anziché in ordine, alcune si aprono sulla grande sala principale, che era il vecchio cortile centrale. Ora è coperto da un’enorme tenda che fa passare la luce, e arredato con una grande vasca al centro, vasi di piante e diversi divani e tappeti su cui si può mangiare, oltre alle tavole normali.
La cameriera va via velocissima e mi porta fino a uno dei cortili più piccoli, davvero grazioso. La disposizione caotica delle stanze mi piace molto, è un peccato che gli altri hotel non siano così. Ogni stanza ha tre finestre ad arco dai vetri colorati, una delle quali è la porta, chiusa con un vecchio lucchetto. Lo preferisco mille volte alle carte magnetiche, che in ben due occasioni mi hanno lasciata fuori. La mia stanza è fantastica: è piccola ma ha il soffitto alto e delle nicchie alle pareti. Il bagno è grande e pulito e c’è addirittura la vasca. Nonostante lo stile rétro ci sono tutti i comfort: frigo, tv e aria condizionata.
Ho giusto il tempo di sistemare la valigia prima di dover uscire per visitare la città. Il programma era un po’ diverso, ma è stato cambiato per aggiungere una visita extra domani, anticipando quindi quella di Yazd. Da una parte è un bene, perché ora è quasi il tramonto, la temperatura più fresca e la luce magnifica.
La Moschea del Venerdì
Come sempre Alì prende la testa del gruppo e parte in quarta e noi ci affanniamo a stargli dietro, anche se qualcuno si attarda a fare foto. Il centro storico è bellissimo, pieno di strade e angoli pittoreschi da immortalare. I vicoli tortuosi si snodano attraverso i muretti di argilla. Dietro di essi sporgono le verande delle case e le cime delle torri del vento e delle cisterne. Qui e là si apre il portone di un negozio o di un ristorante.
Non ci sono vetrine, solo targhe di metallo appese accanto alla porta, o i prodotti messi fuori in mostra. Molti bar e ristoranti hanno terrazze sul tetto, da cui si deve godere di una vista unica. In lontananza svettano i minareti e le cupole delle moschee, sui toni del celeste, che si sposano con l’ocra delle costruzioni e il cielo azzurro tenue soprastante. Ocra e azzurro sono in assoluto i due colori dominanti.
Di tanto in tanto passa una moto, perfino qualche auto, ma per il resto non c’è molta gente in giro. Fa ancora caldo, anche se il sole basso sull’orizzonte non dà più fastidio.

Entriamo in una galleria di vicoli coperti, lungo i quali si aprono negozi di artigianato. Sbuchiamo nella piazza dove si trova la Moschea del Venerdì, del XIV secolo, famosa perché i suoi minareti sono i più alti di tutto l’Iran, ben 52 metri.
Anche la facciata è spettacolare, con le sue piastrelle decorate sui toni del celeste. La parte interna è altrettanto bella, si raccoglie intorno ad un cortile con edifici di mattoni, con un’altra facciata decorata e la cupola. Una delle moschee più affascinanti viste finora.
Laura Baldo
Decima puntata – segue.
Di Laura Baldo è appena uscito da Alcheringa Edizioni il romanzo giallo “La salvatrice di libri orfani”.
Didascalie:
- Pasargade, la tomba di Ciro
- Dromedari e propaganda
- Yazd, alcuni badgir, o Torri del vento
- La facciata del Mehr Hotel
- Il salone dell’hotel
- La cupola e i minareti della Moschea del venerdì, visti di lato