Gran bel librone “Vivere con gli dèi” di Neil MacGregor, edito in Italia da Adelphi con l’attenta traduzione di Francesco Francis. Ha tutti i numeri per essere tra le strenne natalizie più apprezzate. È ben scritto, riccamente illustrato e confezionato con cura. Ma soprattutto è interessante.
Prendiamo dall’ultimo capitolo, significativamente intitolato “Vivere insieme”, una citazione che può servire da epigrafe al volume. Come un thangka, ovvero uno stendardo buddhista, “Vivere con gli dèi” “racconta una storia – una storia che collega le nostre vite individuali con la comunità e con il mondo del quale siamo, per breve tempo, un elemento”. Non attraverso una ruota divisa in sei spicchi, bensì con un lunghissimo percorso in trenta capitoli raggruppati in sei parti che fa viaggiare il lettore nel tempo e nello spazio.

Il volume è il frutto e l’erede dell’omonima trasmissione radiofonica “Living with the Gods” andata in onda sul canale 4 della BBC nel 2017. Il progetto editoriale ha visto unire le risorse dell’emittente britannica a quelle del British Museum, di cui MacGregor è stato direttore dal 2002 al 2015 (dopo aver diretto la National Gallery di Londra!), e della casa editrice Penguin. Adelphi affianca il volume nel suo catalogo ai precedenti “La storia del mondo in 100 oggetti” (2012) e “Il mondo inquieto di Shakespeare” (2017).
Oggetti parlanti
L’enorme messe e varietà di storie raccolte in questo libro che supera le 500 pagine senza contare gli apparati (elenco delle illustrazioni, approfondimenti, ringraziamenti e indice analitico) deve essere costata all’autore ben più delle quattrocento ore impiegate – come abbiano fatto a calcolarlo gli studiosi è un mistero – per la realizzazione dell’Uomo-leone, una scultura in avorio di mammut datata a circa 40 mila anni fa. È lui il primo protagonista del libro. Ma già dopo qualche pagina lascia il posto ad altri manufatti, altre divinità, altre credenze.
MacGregor fa parlare oggetti e specialisti, li mette in dialogo per raccontare una storia, non tanto per “spiegare” alla maniera dei vecchi manuali scolastici. Il sapientissimo dosaggio di informazioni e descrizioni, rimandi e collegamenti, tiene lontano il pericolo numero uno dei libri di saggistica: la noia. “Vivere con gli dèi” si può leggere un capitolo al giorno o anche in minor tempo, ma il consiglio è di gustarne tutte le sfumature dell’elaborata trama, come se ci si trovasse davanti a un meraviglioso arazzo.
Pagina dopo pagina il lettore viaggia dal Gange all’Irlanda e poi indietro al Giappone, da una gouache a una xilografia (di Utagawa Hiroshige!), da una fotografia di Göbekli Tepe, considerato il più antico sito religioso del mondo, a un’illustrazione che raffigura la famiglia reale britannica davanti all’albero di Natale nel castello di Windsor e l’anno era il fatidico 1848 (tra parentesi, qualche giorno fa l’illustrazione compariva su due pagine nell’inserto culturale di uno dei principali quotidiani nazionali…).
Affinità e divergenze
Trattando una materia così delicata e pericolosa come la religione, MacGregor non esprime mai giudizi. Propone accostamenti e confronti (come quello tra il Cristo sofferente e il Buddha sereno, solo per citare uno dei tanti). Sottopone all’attenzione del lettore affinità e divergenze tra credenze e pratiche distanti migliaia di anni e/o di chilometri le une dalle altre.
Con l’aiuto di Amartya Sen indaga le differenze tra il secolarismo europeo e quello indiano. Insieme a Mary Beard si sofferma a osservare oggetti religiosi ritrovati in un orcio di terracotta: a prima vista dicono di essere immagini religiose romane, ma a ben guardare rivelano una realtà più complessa (e dunque più interessante). Con gli altri specialisti approfondisce culture, usanze, miti e riti.
“Vivere con gli dèi” può essere letto e “usato” anche come enciclopedia culturale universale e guida ai principali musei del mondo. Se infatti MacGregor torna spesso al “suo” British Museum per segnalare un oggetto – prezioso o di umile fattura, antico o recente, notissimo o uno di quelli che, fino ad ora abbiamo sempre trascurato nelle nostre visite al museo londinese, come il parka in budello di foca! -, le storie che racconta servono a illustrare oggetti e reperti di altre collezioni.
Consentitemi qualche esempio. Nella recente visita al Museo del Louvre mi sono subito recato nelle sale dedicate alle civiltà anatoliche e sumeriche e, individuata la vetrina giusta (proprio di fronte a una finestra che dà su Rue de Rivoli), mi sono soffermato ad osservare con attenzione la “Placca degli inferi” in bronzo con la raffigurazione della terribile dea Lamashtu, in piedi sul dorso di un asino. Poi sono passato alla sala di Gudea per cercare quali statue del re recassero sul grembo la pianta del tempio di Ningirsu. Non ci avevo mai fatto caso prima!
Ma senza andare lontano… La Pinacoteca di Brera a Milano espone un olio su tela intitolato “Il martirio dei Beati francescani a Nagasaki”, opera di Tanzio da Varallo (Antonio d’Enrico). La didascalia racconta qualcosa della storia di quei missionari, ma il capitolo 28 “Giro di vite” dipinge un quadro molto più ampio e articolato. E non perdetevi la nota in calce a pagina 479, a riprova che ci sono trattamenti di favore anche per i martiri!
Infinità di percorsi
Anche solo rileggendo gli appunti che ho preso durante la lettura mi accorgo dell’intensità del viaggio e della lunga serie di spunti che mi lascia in eredità: un’infinità di percorsi paralleli e perpendicolari che si dipartono dalle pagine del libro.
Dal video che immortala il presidente USA Obama che intona “Amazing Grace” al funerale del reverendo Pinckney, assassinato da un suprematista bianco nel 2015, all’inno “Zadok the Priest” musicato da Handel con cui vengono incoronati i sovrani del Regno Unito a partire da Giorgio II (pag. 435), mentre per i battesimi reali viene utilizzata l’acqua del fiume Giordano (pag. 38).
Dal “paradosso del costume da bagno”, alle mummie di grano, da un “post-it” in scrittura cuneiforme che reca incise “le annotazioni di una sessione di brainstorming di un gruppo di intellettuali babilonesi” (pag. 370) alla volpe di Inani che tiene una chiave nella bocca, al motto del Sudafrica, espresso in una lingua ormai estinta…
Un’unica, piccola, correzione. A pag. 501 MacGregor rievoca la cerimonia del 2 dicembre 1804 in Notre Dame a Parigi in occasione della “autoincoronazione di Napoleone come imperatore di Francia”. È inesatto: Napoleone si incoronò Imperatore dei Francesi. Distinzione non di poco conto, in qualche modo anch’essa figlia della Rivoluzione Francese. Dopo le due abdicazioni di Napoleone, Luigi XVIII riprese il titolo di Re di Francia. Ma il mondo, nel frattempo, era cambiato.
Saul Stucchi
Nell’immagine in copertina:
Naso e labbra di Ekhnaton (1353-1336 a.C. ca)
The Metropolitan Museum of Art, New York
Progetto grafico di Jim Stoddart
Neil MacGregor
Vivere con gli dèi
Traduzione di Francesco Francis
Adelphi
2019, 591 pagine, 234 illustrazioni
49 €