L’editore Adelphi prosegue sulla strada della pubblicazione dei reportage di Georges Simenon, aspetto tutt’altro secondario di una carriera (e di una produzione editoriale) senza eguali. Così, accanto alle inchieste di Maigret e agli “altri” Simenon senza il commissario del Quai des Orfèvres – spesso romanzi di altissima qualità, degni di stare sui ripiani della libreria accanto ai padri nobili della letteratura novecentesca – eccoci alla sesta uscita di una serie che possiamo immaginare si arricchirà di altri titoli in futuro.
Apertasi cinque anni fa con Il Mediterraneo in barca, l’anno scorso è stata la volta de L’America in automobile, a cui ora va ad aggiungersi Una Francia sconosciuta, nella traduzione di Maria Laura Vanorio, con una nota di Ena Marchi.
Contiene cinque testi scritti tra il 1931 e il 1937 (il titolo della raccolta viene dal primo di essi), seguiti da un album fotografico le cui immagini non sono soltanto un’illustrazione dei luoghi attraversati nei reportage: sono una preziosa testimonianza dello spirito di osservazione di Simenon e insieme della sua abilità a raccontare anche con questa forma d’arte.
Il libro è un coast to coast dell’Esagono, un tour de France lungo le sue arterie liquide, fino al Mediterraneo e all’Atlantico. Ma – lasciamo la parola all’Autore – “Non si tratta solo di una Francia sconosciuta, è tutto un mondo sconosciuto, una vita sconosciuta”.
Come rivela in una testimonianza riportata dalla Marchi nella sua nota, “arrivato a Parigi, continuavo a cercare di conoscere l’uomo. Per trovarlo, bisognava che conoscessi la Francia”. Con questo spirito erodoteo, Georges si mise a girare in lungo e in largo il Paese su una piccola barca battezzata Ginette, di quattro metri per poco più di un metro e mezzo.
Viaggiavano con lui la moglie Tigy, la cameriera Boule (se siete lettori di Simenon, sapete già come andrà a finire) e Olaf, “un cane danese di ottanta centimetri di altezza al garrese, del peso di sessanta chili”.
Mentre la coppia dormiva in barca, cane e domestica passavano la notte in una tenda montata sull’argine di fiumi e canali. Se provate un poco di disagio, beh, aspettate di leggere il passo in cui Simenon racconta che chiamava Boule con un fischietto da capostazione per farsi portare il caffè! E una volta la diede in pegno perché era rimasto senza soldi, in attesa che l’editore lo pagasse…
La Francia che scorre sotto i nostri occhi è un Paese che in gran parte non esiste più. Non solo è cambiato fisicamente, è radicalmente mutata la società che lo abita (cosa e come scriverebbe oggi Simenon? Bella domanda). Figurarsi che in alcuni bistrot venne impedito l’ingresso a Tigy solo perché indossava pantaloni da uomo… I paesi di quella Francia mostravano il didietro (ipse dixit) a chi vi arrivava in auto, riservando il viso a chi li raggiungeva via acqua.
Con una veloce pennellata delle sue il grande Sim ritrae un mondo. “Sugli argini i paesi si svegliano. Le campane annunciano la prima messa. Si aprono persiane verdi [molti lettori penseranno all’omonimo romanzo, pubblicato nel 1950]. State navigando da cinque ore quando un uomo in pantofole esce dalla sua casetta ben imbiancata per innaffiare le rose del giardino”.
Tutto quello che vide e registrò in questi reportage – e in tanti altri – gli servì da materia per i romanzi, con o senza Maigret. Lo confessa lui stesso. Tra l’altro, fu nel corso di un viaggio in barca verso la Lapponia finlandese che vide, durante una sosta forzata, l’uomo che gli ispirò il commissario.
Rispondendo a un evidente interesse del suo pubblico di allora, Simenon si fa più volte i conti in tasca per dare un’idea di quanto costi viaggiare lungo i canali, tra imbarcazione, motore, equipaggiamento e carburante.
Introduce alla lingua e al gergo dei naviganti (addugliare una cima…). Snocciola statistiche. Racconta aneddoti, incidenti e manovre azzardate, come quella volta che rischiò grosso per superare a tradimento una lunga colonna di imbarcazioni minerarie, riuscendo a risparmiare tre o quattro giorni di navigazione. E si premura di avvertire i lettori sulla vita in barca: “Attenzione! È una malattia! E non crediate di potervene liberare facilmente!”.
Ma la cosa veramente sorprendente è che durante quegli anni di vagabondaggi sulle vie d’acqua di Francia, Simenon scriveva ogni mattina trenta o quaranta pagine di un romanzo. Avete letto bene: trenta o quaranta! Io, che pure ho percorso da fonte a foce alcuni fiumi come il Tago, l’Ebro e il Tevere, nel mio piccolo mi sento soddisfatto di aver scritto questa recensione in un pomeriggio…
Tra chiuse e conche, il reporter non cessa per un secondo di essere scrittore. Gli bastano due righe per creare una scena degna di uno dei suoi romanzi. Prendete per esempio il ricordo dell’incontro con un’imbarcazione guidata da un bimbetto di sei anni il cui fratellino stava morendo nella cabina alle sue spalle…
In ogni ambiente che frequenta o solo attraversa per un momento Simenon osserva e si acclimata, chiede e impara. Tanto da diventare – o almeno apparire – esperto. Jean Vigo si rivolse proprio a lui in vista della realizzazione de L’Atalante.
Buona navigazione!
Saul Stucchi
Georges Simenon
Una Francia sconosciuta
Traduzione di Maria Laura Vanorio
Con una Nota di Ena Marchi
Adelphi
Collana Piccola Biblioteca Adelphi
2024, 186 pagine, 63 immagini in bianco e nero
16 €