Fino a domenica 23 febbraio il Teatro Out Off di Milano propone in cartellone lo spettacolo “L’idiota”, una drammaturgia di Alberto Oliva e Mino Manni tratta dall’omonimo romanzo di Dostoevskij. È il sesto adattamento da un’opera dell’autore russo, principale fonte d’ispirazione e di riflessione della compagnia de “I Demoni”.
L’ha raccontato lo stesso Oliva, regista dello spettacolo, nel breve incontro che lo scorso martedì ha preceduto la prima rappresentazione. Abbiamo dedicato un articolo al racconto di quanto detto in quell’occasione dal professor Fausto Malcovati.

In queste righe ricordiamo soltanto un paio di considerazioni di Oliva, interessanti per comprendere meglio la genesi e l’anima dell’opera messa in scena. Se infatti il romanzo “L’idiota” è un affresco vivissimo di Pietroburgo, qui la città si ritrae completamente perché l’attenzione si concentri sull’abitazione di Rogožin.
La scenografia mostra alcune cornici nude, all’interno di una delle quali fa la sua comparsa la bellissima Nastas’ja Filìppovna (interpretata dall’altrettanto incantevole Emilia Scarpati Fanetti). Nel forte chiaroscuro delle luci disegnate da Alessandro Tinelli la figura dell’attrice ricorda un ritratto di Goya.

“Da una così non si torna vivi” esordisce Rogožin rivolgendosi al principe Myškin. Ma il paradosso è che a morire sarà invece proprio lei! A ben guardare, però, tutti e tre i componenti di questo instabile e in fondo impossibile triangolo cesseranno di vivere, anche se i due uomini continueranno a respirare…
Oliva ha rivelato che con Manni aveva valutato l’idea di inserire un passaggio de “I fratelli Karamazov”: lui era per espungerlo, ma l’ha avuta vinta Manni. A ragione. Pur essendo due personaggi molto diversi tra loro, Rogožin e Ivan Karamazov arrivano a dire le stesse cose su Dio.
Manni è un Rogožin libidinoso e violento, ma consapevole del proprio fascino. Di spettacolo in spettacolo – compresa la recente ripresa de “Il topo del sottosuolo” che ho rivisto al Piccolo Teatro Radio di Meda – mi faccio sempre più persuaso che Dostoevskij abbia scritto i ruoli dei cattivi perché un giorno li impersonasse Manni.

Gli si contrappone l’ingenuo ed etereo Myškin, nella convincente prova di Giuseppe Attanasio, dalla versatile mimica facciale alla Robin Williams. È davvero un Piccolo Principe questo Myškin, l’altra faccia di una moneta che non darà frutto. Ricorriamo volutamente alla parabola dei talenti perché l’opera di Dostoevskij è impensabile senza la fitta rete di rimandi, passi e citazioni dai Vangeli ma anche dall’Antico Testamento, un apparato circolatorio che dà vita ai suoi romanzi.
Sia detto tra parentesi: se andate alla mostra “Gauguin, Matisse, Chagall. La Passione nell’arte francese dai Musei Vaticani” appena aperta al Museo Diocesano di Milano, troverete un pannello ligneo di Gauguin intitolato “Matteo 5-8”, con riferimento al “Discorso della Montagna”. È nota l’importanza di questo brano per la concezione filosofico-religiosa dostoevskijana.
Ma non è beato questo povero di spirito del Piccolo Principe Myškin. Il suo essere malato è l’alibi dietro al quale si nasconde per non vivere fino in fondo, quindi per non vivere tout court. Come un onanista, illanguidisce per le sue stesse parole. Speculare a Rogožin, sarà in qualche modo corresponsabile della tragica fine di Nastas’ja. Lei stessa, peraltro, non è completamente innocente.
Lo scandaglio di Dostoevskij indaga negli abissi del cuore umano, riportando in superficie verità che preferiamo negare. E scrive cose sulla psicologia femminile che apriti cielo a volerle riportare in una recensione!

Ma torniamo all’arte. Centrale è il quadro de “Il corpo di Cristo morto nella tomba” dipinto da Hans Holbein il Giovane. “Questo quadro turba la ragione”. Myškin lo tiene tra le mani e lo abbraccia. Ma non servirà a dargli la scossa vitale. E l’amore per Nastas’ja non troverà la via “naturale”.
Ecco: quelle cornici vuote forse alludono a storie e a vite che avrebbero potuto essere e non sono state. E il peccato più grave è lo spreco, come Erri De Luca traduce la “vanitas” di Qohelet.
Saul Stucchi
Foto di Leonardo Arrisi
L’idiota
Informazioni sullo spettacoloDove
Teatro Out OffVia Mac Mahon 16, Milano
Quando
Dal 18 al 23 febbraio 2020Orari e prezzi
Orari: martedì, mercoledì e venerdì 20.45giovedì e sabato 19.30
domenica 16.00
Biglietti: 18 €. Prevendita e prenotazione 1,50 / 1,00 €