Tra gli obiettivi del 2025 mi sono prefisso di guardare cinquanta film italiani, al ritmo di uno alla settimana. Al momento sto mantenendo l’impegno, considerando che ora posso aggiungere il settimo titolo all’elenco dei lungometraggi.
La lista si è aperta con Divorzio all’italiana di Pietro Germi e comprende, tra altri titoli, capolavori come Il Gattopardo di Luchino Visconti e La donna della domenica di Luigi Comencini. Che sia un caso oppure no, quello che mi è piaciuto meno è il più recente, ovvero Capri-Revolution di Mario Martone, uscito nel 2018.
Sono andato di nuovo indietro nel tempo, di oltre sessant’anni, per vedere Sedotta e abbandonata (1964), riconoscendo a Germi il privilegio di essere il primo regista a tornare con una seconda proposta (ma nel corso dell’anno toccherà senza dubbio ad altri nomi, a cominciare da Visconti, di cui voglio guardare almeno Senso e riguardare Morte a Venezia).
Non volendo sostituirmi al cine-recensore ufficiale di ALIBI, di cui a giorni pubblicheremo la critica di febbraio, mentre ricordo quella di gennaio dedicata a Lo specchio della vita di Douglas Sirk, mi limiterò qui a riportare alcune brevi considerazioni su Sedotta e abbandonata.

Mi hanno colpito per prima cosa gli sguardi, anche perché il film si apre proprio con la protagonista – una conturbante Stefania Sandrelli – che procede per le vie del paese natale con lo sguardo a terra.
La natura, la giovane età (girato quando non era ancora diciottenne, interpretava una ragazza più piccola) e la luce della fotografia di Aiace Parolin ne mettevano in risalto il volto degno di un ritratto di Francesco Laurana.
Ho detto protagonista ma in realtà si tratta di un’opera corale, con tanti interpreti – e altrettanti talenti – a reggere la trama della storia di amori rubati, cercati, non corrisposti e in qualche modo ricomposti. Menziono almeno Saro Urzì nei panni del padre padrone, disposto a tutto per salvare l’onore o quanto meno le sue parvenze. Aldo Puglisi è il giovane Peppino, colpevole di aver disonorato quella che sarebbe dovuta diventare la cognata. Lando Buzzanca è il pavido fratello della bella Agnese (la Sandrelli, appunto); Lola Braccini interpreta Matilde, la sorella bruttina e un po’ tonta, mentre Leopoldo Trieste e Umberto Spadaro sono rispettivamente il decaduto barone che entra nella partita nel momento più delicato per la famiglia Ascalone e il cugino avvocato.
Anche le statue – quelle della Vergine e di san Michele arcangelo portate in processione – hanno sguardi che la dicono lunga… E la dice lunga pure il maresciallo dei carabinieri, impersonato da Oreste Palella. In un paio di occasioni copre con la mano la Sicilia sulla cartina dell’Italia appesa nel suo ufficio, sconsolato per quello che gli tocca vedere.
Nell’atto di imboscarsi, letteralmente, perché possa avvenire il rapimento riparatore al sottoposto Bisigato dice: “Sale grosso dovrebbe piovere, da seccarci tutti!”. E invece lungo tutto il film si suda parecchio, soprattutto il padre padrone, e l’afa ha la funzione della pioggia in Seven di David Fincher: crea un continuo senso d’ansia negli spettatori.
Tanti gli animali che si vedono per le strade e le campagne di una Sicilia che fu. E quando il fratello mandato a fare vendetta trova il fuggiasco Peppino in chiesa dallo zio prete la tromba interviene ad annunciare il duello sottolineando l’atmosfera da film western, come nei capolavori di Sergio Leone.
Per chiudere torno a una delle scene che più mi sono piaciute (sono tante). Quando Agnese va dai carabinieri a denunciare proprio questa progettata resa dei conti, il maresciallo interrompe l’appuntato dal forte accento veneto che sta battendo a macchina il verbale. Ecco una parte dello scambio di battute tra il maresciallo e la ragazza:
– Senti, ragazzina: adesso tu mi devi dire perché vuoi salvare la vita a Peppino e poi lo chiami schifoso e vigliacco. Niente niente c’è stato qualcosa tra voi due?
– No! No!
– Bisigato, che scrivi? Lei dice “no” e tu scrivi “no”? Che credi, di essere a Treviso?! Qui siamo in Sicilia: ha detto “no” e forse vuol dire “sì”!
Be’, il commissario Stucky dei gialli di Fulvio Ervas ha imparato la lezione di Sciascia e sa che la linea della palma ha raggiunto la Marca trevigiana. E non solo.
Saul Stucchi
Sedotta e abbandonata
- Regia: Pietro Germi
- Soggetto: Luciano Vincenzoni, Pietro Germi
- Sceneggiatura: Agenore Incrocci, Furio Scarpelli, Luciano Vincenzoni, Pietro Germi
- Interpreti: Stefania Sandrelli, Aldo Puglisi, Saro Urzì, Lando Buzzanca, Lola Braccini, Leopoldo Trieste, Umberto Spadaro