Dal 3 al 22 aprile il Piccolo Teatro Grassi di Milano propone lo spettacolo “Copenaghen” di Michael Frayn (nella traduzione di Filippo Ottoni e Maria Teresa Petruzzi) per la regia di Mauro Avogadro.
Come già nel 1999, in scena Umberto Orsini interpreta lo scienziato danese Niels Bohr, Giuliana Lojodice sua moglie Margrethe e Massimo Popolizio il fisico tedesco Werner Heisenberg. In realtà i personaggi sono tutti morti e il fitto dialogare che instaurano tra loro è un modo per tentare di capire quello che avvenne nell’autunno del 1941, quando Heisenberg tornò a trovare il maestro in una Danimarca allora sotto l’occupazione nazista. Ma la vera domanda è “perché?”. E proprio su questo dilemma si apre “Copenaghen”. A parlare è Margrethe, a cui risponde il marito:
– Ma perché?
– Ci pensi ancora?
– Perché è venuto a Copenaghen?
– Che importanza ha, tesoro, adesso che siamo tutti e tre morti e sepolti?
– Certe domande rimangono a lungo anche dopo che chi le ha fatte è morto. Si aggirano come fantasmi, cercando le risposte che non hanno mai trovato in vita.
– Certe domande non hanno risposta.
Frayn ha tentato di trovarla questa risposta, inseguendo i ragionamenti di due geni che dal terreno del confronto sono passati a quello – minato – dei lunghi silenzi carichi d’incomprensione. Eppure c’è voluto poco a far rinascere la fiamma dell’antica amicizia! E via a discorrere, a proporre teorie, a criticare e correggersi a vicenda…
Le formule matematiche scritte sulle lavagne che insieme alle sedie costituiscono gli unici elementi della scenografia sono come formule magiche incomprensibili ai più, misteriosi geroglifici decifrabili soltanto da una ristrettissima cerchia di iniziati.
È il 1941 quando Heisenberg suona al campanello della casa di Bohr provando un senso di paura per l’uomo che per lui è stato professore, genitore e maestro. Ora tutti vogliono la bomba atomica. Ma sarà davvero possibile realizzarla? E chi ci arriverà per primo? Sono queste le domande che si pongono fisici, militari, politici e servizi segreti. La fissione è l’ossessione di tutti, spiega Bohr alla moglie:
Perché c’è un elemento di magia in tutto questo. Spari un neutrone contro il nucleo di un atomo di uranio e questo si scinde dando luogo ad altri due elementi. È quello che cercavano di fare gli alchimisti – trasformare un elemento in un altro.
E il continuo spostamento dei tre sul palco (in forte pendenza) rende visivamente il perpetuo scontrarsi delle particelle che costituiscono la realtà fisica, sia o meno l’uomo il centro dell’universo. Il loro è un triangolo mobile i cui elementi sono sottoposti a forze di attrazione e repulsione.
La Bomba è l’obiettivo da raggiungere ora per vincere la guerra, ma altri temi in passato hanno contrapposto Bohr e Heisenberg, in competizione tra loro che si trattasse di una partita a ping pong o a poker (con carte immaginarie, va da sé) o di una discesa ardita sugli sci, per non parlare delle reciproche gelosie e di quelle per i colleghi: Hans Kramers era chiamato “Sua Eminenza”, Bohr era il papa (ma anche il Sant’Uffizio e l’Inquisizione allo stesso tempo) e Einstein niente meno che Dio. Ma c’erano anche le infinite passeggiate per ricucire (solvitur ambulando…).
Tra date, formule, ricordi e considerazioni filosofiche si dipana quello che potrebbe essere considerato un dialogo platonico sulla liceità o meno di realizzare un ordigno nucleare, con i tre attori che danno una splendida prova del loro grandissimo talento (in particolare Orsini e Popolizio che si dividono la maggior parte delle battute).
Tanto s’impara in questo spettacolo (come in “Faust a Copenaghen” di Gabriella Greison visto qualche giorno fa al Teatro Menotti), a proposito della scienza novecentesca, della contrapposizione tra fisica teorica e fisica applicata in Germania, del ruolo dei fisici ebrei fuggiti in America, del gatto di Schrödinger che è contemporaneamente vivo e morto nella scatola in cui è stata rotta una fiala di cianuro (su YouTube trovate il video di un episodio di The Big Bang Theory incentrato su questo celebre paradosso: spassosissimo!).
Seduto in poltrona ho avuto – come poche altre volte mi è capitato – la consapevolezza di stare assistendo a uno spettacolo che mi rimarrà nella memoria e nel cuore. E pazienza se non ho compreso tutto. In “Ricordi di un mercante d’arte” di Heinz Berggruen ho letto che Picasso disse una volta al poeta Claude Roy: “Se leggo un saggio sulla fisica di Einstein, di cui in realtà non capisco un accidente, non fa nulla; così facendo capirò qualcos’altro”.
Saul Stucchi
Foto di Marco Caselli Nirmal
La foto degli attori che ricevono gli applausi del pubblico è di Saul Stucchi
Il libro “Copenaghen” di Michael Frayn è pubblicato in Italia da Sironi.
Dal 3 al 22 aprile 2018
Copenaghen
- di Michael Frayn
- Traduzione Filippo Ottoni e Maria Teresa Petruzzi
- Regia Mauro Avogadro
- Con Umberto Orsini, Massimo Popolizio e con Giuliana Lojodice
Orari: martedì, giovedì e sabato 19.30
Mercoledì e venerdì 20.30 (salvo mercoledì 11 aprile, ore 15 e 20.30)
Domenica 16.00
Lunedì riposo
Durata: 105 minuti senza intervallo
Biglietti: platea 33 €, balconata 26 €
Informazioni:
Piccolo Teatro Grassi
Via Rovello 2
Milano
Tel. 02.42411889
www.piccoloteatro.org