“L’ALIBI della domenica” è dedicato al concerto di Alice a Milano.
Mercoledì 27 aprile ho assistito al concerto “Alice canta Battiato” al Teatro degli Arcimboldi di Milano. Impossibile descrivere l’emozione che ho provato – che tutti i presenti hanno provato, ne sono certo e me lo confermano i commenti sentiti e letti nei giorni successivi.
Se avevo intitolato la recensione del concerto del 2016 “Al Teatro Arcimboldi tanto Battiato e poca Alice”, questa volta invece – e non solo per ovvie ragioni – il tributo al Maestro mette in luce tutta la bravura dell’interprete (e coautrice, in molti casi). “Mi avete commossa”, ha esordito Carla Bissi in arte Alice per rispondere ai calorosi applausi del pubblico al suo apparire sul palco. Pochi istanti prima l’avevano preceduta i Solisti Filarmonici Italiani e il pianista Carlo Guaitoli.

Brividi fin dal principio: da “Luna indiana” a “L’era del cinghiale bianco”, lungo la ventina di canzoni in scaletta mai è calata l’emozione. Da pelle d’oca le prime note al piano di “Lode all’Inviolato”. Merito della voce di Alice e delle parole di Battiato, certo, ma anche delle note dei musicisti (in particolare i violinisti che ci hanno dato dentro, per usare un’espressione poco ortodossa ma efficace) e delle luci che hanno contribuito a creare un’atmosfera magica. Calde, per esempio, le luci che hanno accompagnato “È stato molto bello”, il secondo brano eseguito. È stato un atto d’amore: di Alice per Battiato, di noi pubblico per entrambi.
I colli dei cigni
Splendono alla luce
E mille barbagli
Trafiggono le palpebre
Il fuoco che bruciò Roma è solo sprazzo
Così mi incendi
Con bugie di suoni mi possiedi.
Alice ha alternato canzoni a ricordi ed aneddoti, come quello riguardante “Prospettiva Nevski” che Battiato cominciò a cantare nei concerti solo dopo che lei l’aveva “fatta sua” nell’album “Gioielli rubati”, rendendola ancora più famosa.

Era piuttosto disagevole cantare con la mascherina, ma di canzone in canzone ce ne siamo accorti sempre meno, tanta era la voglia di partecipare al rito. E così ecco gli applausi a “scena aperta” per “Summer on a solitary beach”. Quanti ricordi! Anche per “Povera patria”… Ma qui ho avuto una considerazione amara: un tempo – me lo ricordo bene – sarebbero scoppiati gli applausi, fragorosi, ai versi “Tra i governanti / quanti perfetti e inutili buffoni”. Oggi, invece, nessuna reazione apprezzabile, mentre qualcuno dell’organizzazione con un raggio laser prendeva di mira, come un cecchino, gli spettatori che usavano lo smartphone per fare foto e video, in barba al divieto.
Sì, quanti ricordi. “E un ricordo di me, come un incantesimo…”. Quante estati! Quanti viaggi sull’autobus per andare e tornare da scuola. Questa versione de “I treni di Tozeur” non si è chiusa con il simpatico “ciuf ciuf” come in altri concerti, anni fa. In compenso l’editora di ALIBI, seduta alla mia sinistra si scatenava a cantare “Messaggio”: “Oh quante parole sul tema l’infedeltà”. Honni soit qui mal y pense!
Anche Alice si è fatta prendere dall’emozione e al momento di “Chan-son egocentrique” è caduta mentre faceva qualche passo indietro verso l’orchestra. “Un piccolo incidente: niente di che”, ha minimizzato per tranquillizzare il pubblico che ha risposto con caldi applausi. A cui ne sono seguiti sempre di più calorosi, fino all’apoteosi finale.
Grazie, Alice. Grazie, Franco.
Saul Stucchi
La scaletta
- Luna indiana
- È stato molto bello
- Eri con me
- Lode all’Inviolato
- Veleni
- L’animale
- Segnali di vita
- Gli uccelli
- Povera patria
- Summer on a Solitary Beach
- Il vento caldo dell’estate
- Messaggio
- I treni di Tozeur
- Cha-nson egocentrique
- La stagione dell’amore
- E ti vengo a cercare
- La cura
- Prospettiva Nevski
- Per Elisa
- L’era del cinghiale bianco