Sono rientrato ora da un gruppo di lettura dedicato alla novella La morte a Venezia di Thomas Mann. Per parteciparvi, in questi giorni ho letto – credo per la terza volta – l’opera probabilmente più celebre dello scrittore tedesco, di cui quest’anno si ricordano due importanti ricorrenze: i centocinquanta anni dalla nascita e i settanta dalla morte.
Ne ho approfittato anche per rivedere la trasposizione cinematografica diretta da Luchino Visconti, mia coetanea. Anche in questo caso si è trattato di un ritorno, avendo già visto in precedenza questo grande classico (classico quasi quanto il libro stesso). Dalla lettura e dalla visione recentissime ho tratto spunti di riflessione sui quali non mi ero mai soffermato prima.

Per esempio: la lettura a tappe che sto facendo in queste settimane (che ormai si declinano in mesi) delle Metamorfosi di Ovidio mi ha suggerito di leggere nella vicenda dello scrittore Gustav von Aschenbach (trasformato in musicista da Visconti: se non è una metamorfosi questa!) un caso di hybris punita dagli dei, come quelli che affollano il capolavoro ovidiano. D’altronde non è una mia scoperta l’osservazione che la novella è ricca di riferimenti alla letteratura greco-latina, dalla descrizione dell’aurora in stile omerico, alle citazioni dal Fedro di Platone.
Il protagonista resiste alla forza di Eros e all’entusiasmo che caratterizza il vero artista, macchiandosi appunto di tracotanza, per la quale pagherà con la morte.

Abbiamo parlato del senso di ineluttabilità che si respira insieme ai miasmi della Laguna, delle condizioni igieniche che a inizio Novecento facevano della Serenissima un luogo insalubre, delle età dei due personaggi principali per come erano recepite dai lettori oltre un secolo fa (l’opera è del 1912) e come lo sono oggi, delle principali differenze tra la novella e il film (non solo il cambio di professione di Aschenbach, ma anche il taglio delle prime scene della novella e la scelta di “far morire” la figlia, per ribadire la sovrapposizione con Gustav Mahler che perse appunto la prima figlia quando questa era ancora molto piccola).
Avrò tempo e modo di riflettere ancora sul libro (e sul film). Anche perché tra pochi giorni andrà in scena al Piccolo Teatro Studio Melato di Milano – dal 15 al 25 maggio, per la precisione – lo spettacolo La morte a Venezia di Liv Ferracchiati, artista associato al Piccolo Teatro, mentre dal 27 maggio al 1° giugno andrà in scena al Teatro Grassi un altro suo spettacolo: Stabat Mater.
Tornerò anche ad ascoltare l’audiolibro de La morte a Venezia nell’interpretazione di Massimo Popolizio, come avevo fatto durante un viaggio in treno a Genova, qualche anno fa.
Saul Stucchi
La morte a Venezia
Libera interpretazione di un dialogo tra sguardiispirato a “La morte a Venezia” di Thomas Mann
drammaturgia e regia di Liv Ferracchiati
con Liv Ferracchiati e Alice Raffaelli
movimento Alice Raffaelli
dramaturg Michele De Vita Conti
aiuto regia Anna Zanetti / Piera Mungiguerra
assistente alla drammaturgia Eliana Rotella
scene Giuseppe Stellato
costumi Lucia Menegazzo
luci Emiliano Austeri
suono spallarossa
voce di Tadzio Weronika Młódzik
consulenza letteraria Marco Castellari
produzione Spoleto Festival dei Due Mondi, Marche Teatro, Teatro Stabile dell’Umbria, Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini
in collaborazione con Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa
Informazioni sullo spettacolo
Dove
Piccolo Teatro Studio MelatoVia Rivoli 6, Milano
Quando
Dal 15 al 25 maggio 2025Orari e prezzi
Orari:martedì, giovedì e sabato 19.30
mercoledì e venerdì 20.30
domenica 16.00
lunedì riposo
Durata: 60 minuti senza intervallo
Biglietti: platea 33 €, balconata 26 €