
Da oltre un anno il primo piano del Museo Civico Archeologico di Bologna, in Palazzo Galvani, è chiuso per lavori di ristrutturazione. I visitatori possono però accedere, con un biglietto a prezzo ridotto, alla collezione egizia e al lapidarium.
Dal 12 ottobre 2018 al 3 marzo 2019, inoltre, il Museo ospiterà la mostra “Hokusai Hiroshige. Oltre l’onda”, con la bellezza di 270 opere prestate dal Museum of Fine Arts di Boston.
La collezione egizia di Bologna
Ma torniamo alla collezione egizia. Quali sono i pezzi da non perdere? Nelle visite recenti mi sono appuntato i reperti che personalmente mi hanno più intrigato e incuriosito. Sia chiaro: non sono necessariamente i più “importanti” tra i 3500 posseduti dal Museo (non tutti esposti).
La collezione egizia si fonda in gran parte sul lascito del pittore Pelagio Palagi che a sua volta aveva acquistato i pezzi da Giuseppe Nizzoli. Costui era stato cancelliere presso il consolato d’Austria in Egitto nel decennio 1818-1828. Le sue “campagne d’acquisto” sono state fondamentali per altri due raccolte egizie: quella del Museo Archeologico di Firenze e quella del Kunsthistorisches Museum di Vienna.

A questo grande nucleo si aggiunsero la raccolta dell’antico Museo Universitario e successivamente altre collezioni di minor entità. L’anno scorso ha fatto il suo ingresso la collezione di monsignor Nevio Ancarani, del Capitolo Metropolitano di San Pietro, composta da quasi 200 oggetti.
Proprio alcuni di questi reperti hanno attirato la mia attenzione durante l’ultima visita. Si tratta di figurine antropomorfe e femminili di varie epoche: dalla Cultura di Halaf (metà del VI millennio a.C.) all’Età del Ferro II-IV (VIII – VI secolo a.C.), passando dal Bronzo Antico III-IV (seconda metà del III millennio a.C.). Amplissimo l’arco cronologico che abbracciano, al pari di quello geografico.
Meriterebbero di comparire nel percorso della splendida mostra “Idoli. Il potere dell’immagine” al Palazzo Loredan di Venezia recensita qui su ALIBI Online.
I 10 pezzi da non perdere
Ma veniamo ai 10 pezzi più interessanti della collezione egizia del Museo Archeologico di Bologna.

Ecco la mia selezione:
- rilievi della tomba di Horemheb. Ad attirare l’attenzione sarà probabilmente la lastra con la scena del cavaliere al galoppo, ma io sono rimasto ad osservare soprattutto quella del gruppo di prigionieri seduti. Su di loro incombono una guardia che leva il bastone, pronta a colpire, e un funzionario intento a compilare un registro. La vicinanza tra i due la dice lunga sulla funzione e l’importanza della scrittura nell’antico Egitto… Un po’ inquietante.
- un ushabti in faience di Seti I (XIX dinastia): spicca sulla ricca collezione di “rispondenti”. Senza dubbio è il più bello.
- scarabeo commemorativo di Amenhotep III (XVIII dinastia). Appartiene alla cosiddetta serie “del matrimonio”, ma è più corretto chiamarlo “della regina Tiy”, la consorte del faraone, madre di Amenofi IV poi Akhenaton.
- anelli con cartigli di Tutankhamon. Da ammirare insieme a quello di Horemheb, esposto all’inizio del percorso. Loro riproduzioni erano presenti nella mostra “Egitto. Dei, faraoni, uomini” a Jesolo.
- statua del re Neferhotep I (XIII dinastia), in micrograbbo. Piccolina – misura appena 35 cm in altezza – proviene probabilmente dal Fayyum.
- gruppo scultoreo di Amenhotep e di sua moglie Meryt (fine XVIII – inizio XIX dinastia: 1319-1279 a.C.), in calcare dipinto. Lui era “il primo profeta di Ptah”, lei “musicista di Amon”. Ai loro piedi sono raffigurati i figli.
- testa di Thutmose III (?), in dolerite. Sono solo considerazioni stilistiche a far pensare a questo faraone come soggetto della testa regale di provenienza ignota. Da notare che la punta del naso è stata aggiunta in un restauro settecentesco.
- sarcofago antropoide di Unmontu (XXII-XXIII dinastia: 944-716 a.C.), in legno stuccato e dipinto.
- mummia di Usai, figlio di Nekhet (XXVI dinastia: 664-525 a.C.), con sarcofago a cassa e sarcofago antropoide.
- testa da una statuetta virile in gabbro, datata alla metà del I secolo a.C., raffigurante (ma è solo un’ipotesi) Cesarione, figlio di Cleopatra e Giulio Cesare.

Alla prossima occasione vorrei approfondire alcuni pezzi, come la statua naofora di Amenmes e Reshpu, in calcare con tracce policrome (l’avevo vista anche alle Gallerie d’Italia di Milano, in occasione di “Restituzioni 2016”), il rilievo in dolerite a nome di Nectanebo I e il cofanetto per biancheria in legno dipinto datato al regno di Amenhotep III.
Saul Stucchi
Museo Civico Archeologico
Via dell’Archiginnasio 2
Bologna
Informazioni:
www.comune.bologna.it/museoarcheologico