È un invito al confronto la mostra Brancusi – Serra, allestita alla Fondazione Beyeler di Basilea fino al prossimo 21 agosto. Principalmente tra i due poliedrici artisti, ma non solo. A fare da cerniera tra loro sta Parigi, la capitale mondiale dell’arte, dove entrambi arrivarono grazie a una borsa di studio, a distanza di sessant’anni l’uno dall’altro. In questo caso più che mai è consigliabile dare anche solo una veloce scorsa ai pannelli didascalici che riproducono le rispettive biografie, posti al principio del percorso espositivo, perché forniscono indicazioni preziose e in qualche modo già emblematiche. A Parigi Brancusi giunse nel 1904 e per qualche tempo frequentò l’atelier di Rodin, da cui però si staccò presto per ricercare una propria via all’arte. A sua volta Serra trascorse molto tempo dell’anno parigino nello studio dell’artista rumeno, ricostruito nel Palais de Tokyo. Ora lo studio è conservato nel museo di fronte al Centre Pompidou, realizzato da Renzo Piano (e qui alla Beyeler, opera dell’architetto italiano, il cerchio si chiude…).
I due artisti ebbero in comune anche qualche serio problema con l’autorità costituita: un’opera di Brancusi venne infatti considerata un’oscena allusione fallica e fatta ritirare da una mostra, mentre un’altra – cosa da non credere! – gli procurò delle noie per l’accusa di “importazione illegale di metallo negli Stati Uniti”. Da parte sua Serra si vide distruggere un’opera per ordine, nientemeno, del governo federale statunitense.
Rimane invece aperto il continuo dialogo tra i due artisti e quello, infinitamente più ampio e ricco di suggestioni culturali (solo in parte – per ovvie limitazioni di spazio e tempo – prese in considerazione dal curatore Oliver Wick). La prima opera, per esempio, è l’enorme ed enigmatico “muro” di acciaio inossidabile intitolato Fernando Pessoa dallo stesso Richard Serra come omaggio al poeta portoghese e richiamo al tema dell’inquietudine che lo avvicina allo scrittore.
Le prime opere di Brancusi sono differenti versioni del celebre Bacio. La prima, in gesso, risale al 1907-08 e ricorda una scultura romanica. Nella successiva la superficie diventa decisamente più “ruvida” e il tema dell’abbraccio viene sottolineato dall’unicità “ciclopica” dell’occhio. Come dicevamo in principio, questa è una mostra di confronti e questa prima sala permette di ammirare opere accomunate dallo stesso tema, ma divise dai differenti approcci e risultati. Fate attenzione: a prima vista i due innamorati sembrano identici, ma la femmina si distingue per un minimo accenno alla rotondità del seno e per i capelli lunghi che le ricadono sulla schiena (nell’allestimento è posizionata sempre sulla destra dell’osservatore).
Al primo incontro tra Serra e Brancusi è dedicata la sala 17, ma è quella seguente (la più ampia) a rappresentare il fulcro attorno a cui ruota la mostra. Ci sono le “teste” di Brancusi: la Testa di bambino addormentato (in gesso), la versione in marmo, il Ritratto di George e altre opere dedicate al tema della vita appena sbocciata. A pochi passi di distanza sono esposti altri capolavori, come il Prometeo e anche in questo caso, la compresenza di differenti versioni, realizzate in materiali diversi, permette di istituire un confronto diretto, tutto interno all’opera dello scultore rumeno. Confesso senza remore che la mia preferita è la celeberrima Musa, qui presente nella versione in marmo del 1912 e in quella bronzea del 1917.
A dialogare con questi gioielli c’è la massa dell’acciaio di Serra, nell’opera intitolata Olson, ancora in omaggio a un poeta, in questo caso l’americano Charles Olson. A ciascuno valutare se la struttura generi un senso di protezione nella parte interna e di minaccia in quella esterna o viceversa.
Particolarmente affascinanti sono i giochi di scorci che si hanno in molte sale; fermandosi per esempio al centro della sala 14 si possono ammirare i torsi di Brancusi, la Danaide e la versione in marmo di Mademoiselle Pogany II ospitati nella sala precedente e tre versioni del Bacio; in fondo, invece, si staglia l’opera Floor Pole Prop di Serra. Un altro punto d’osservazione privilegiato lo si ha nella sala 9: alle spalle della Colonna senza fine di Brancusi, s’intravede la Grande Femme III di Giacometti e ancora più indietro Here II di Barnett Newman (a fare da sfondo scenografico le vetrate che incorniciano lo splendido giardino). Ci sarebbe ancora molto da raccontare su questa mostra, ma la cosa migliore è andare a vederla di persona.
Saul Stucchi
BRANCUSI – SERRA
Fino al 21 agosto 2011
Fondation Beyeler
Baselstrasse 101
Riehen / Basilea (Svizzera)
Tel. 0041 (0)61.6459700
www.fondationbeyeler.ch
Orari: tutti i giorni 10.00–18.00; mercoledì 10.00–20.00
Biglietto: 25 CHF
Didascalie:
Constantin Brancusi
Musa addormentata [I], 1910
Bronzo, lucidato, 16 x 27.3 x 18.5 cm
Centre Georges Pompidou, Musée national d‘art moderne, Paris,Gift of Baroness Renée Irana Frachon
© 2011, ProLitteris, Zürich
Photo: © Collection Centre Pompidou, Paris, dist. by RMN, Paris / © 2011, Adam Rzepka
Richard Serra
Fernando Pessoa, 2007–08 (nell’allestimento alla Fondazione Beyeler)
Acciaio inossidabile, 300 x 900.4 x 20.3 cm
Collection of the artist, courtesy Gagosian Gallery
© 2011, ProLitteris, Zürich
Photo: Lorenz Kienzle
Constantin Brancusi
Il bacio, 1907–08
Gesso, 28 x 26 x 21.5 cm
Hamburger Kunsthalle© 2011, ProLitteris, Zürich
Photo: © bpk, Berlin / Hamburger Kunsthalle
Richard Serra
Olson, 1986 (nell’allestimento alla Fondazione Beyeler)
Acciaio inossidabile. Due sezioni coniche identiche, invertite l’una rispetto all’altra
Collection of the artist
© 2011, ProLitteris, Zürich
Photo: Lorenz Kienzle