Tra le esperienze più memorabili di quest’anno che si sta rivelando particolarmente intenso merita un posto in primo piano l’aver assistito alla rappresentazione dell’Akhnaten di Philip Glass al Gran Teatre del Liceu di Barcellona, qualche giorno fa (l’opera rimarrà in cartellone fino al 3 novembre).
Sono giusto dieci anni che ho scoperto questo lavoro del compositore “minimalista” americano, grazie alla versione da concerto proposta dal festival MITO SettembreMusica al Piccolo Teatro Studio di Milano nel 2015. Devo confessare che ci sono arrivato per interessi storici – la figura del faraone “eretico” in quanto monoteista – e non per via musicale.
Dopo di allora sono stato due volte (nel 2016 e nel 2019) al London Coliseum della capitale inglese per la versione scenica dell’English National Opera diretta da Phelim McDermott, la stessa che ho applaudito calorosamente, insieme a tutto il resto del pubblico, qualche giorno fa al Liceu sulla Rambla.

È stata la mia prima volta nel teatro lirico barcellonese e il battesimo non poteva essere più felice. È stata una serata magica, durante la quale ho avuto la conferma che lo spettacolo di McDermott – prodotto dall’ENO con LA Opera e la collaborazione di Improbable – è una macchina perfetta che esalta la musica di Glass, ipnotica di suo, ammaliante e a tratti struggente (con una particolarità: l’orchestrazione non prevede l’impiego di violini).
Prima dell’inizio dell’opera ho fatto in tempo a fare un giro per gli ambienti del teatro: mi sono soffermato davanti all’installazione Plastic Mantra dell’artista catalana Eulàlia Valldosera e ho osservato con attenzione gli affreschi del salone, leggendo le massime che corrono lungo le pareti, tra cui “El arte no tiene patria” che non occorre tradurre.
Un messaggio audio e una citazione dal Macbeth di Verdi (“Suona a morto / ognor la squilla, / ma nessuno audace e tanto / che pur doni un vano pianto / a chi soffre ed a chi muor”) ha ricordato l’opposizione dei lavoratori del Liceu al genocidio in atto a Gaza. Poi hanno preso il sopravvento le note di Glass che hanno portato allo stentoreo “Open are the double doors of the Horizon” pronunciato dallo scriba (Zachary James, in forma come sempre), ripreso dai Testi delle Piramidi. Il libretto – a cui ha messo mano lo stesso Glass, in collaborazione con Shalomon Goldman, Robert Israel e Richard Riddell, è un mosaico di fonti, letterarie ed epigrafiche, tra cui cito almeno le stele di confine della città di Akhetaton (oggi Tell-el-Amarna), testi dalle tombe di Tutankhamon e di Aye, il Salmo 104 dell’Antico Testamento.

C’è poi una particolarità che ho potuto apprezzare qui al Liceu: l’inno ad Aten è cantato nella lingua locale. Dunque a Barcellona Anthony Roth Costanzo, lo straordinario controtenore alla cui interpretazione molto deve il successo dell’opera, lo ha cantato in catalano… “Els teus raigs abracen les terres, / Fins al límit de tot el que has creat. I tuoi raggi abbracciano le terre, / Fino al limite di tutto quello che hai creato.”
Essendo seduto più avanti in platea di quanto non fossi nelle due rappresentazioni a Londra, ho potuto meglio apprezzare la la sontuosità “ravennate” dei costumi disegnati da Kevin Pollard, in particolare nella scena della vestizione che mi ha ricordato la Gloriana di Benjamin Britten vista al Teatro Real di Madrid e mi ha fatto pensare a las Meninas di Velázquez anche nelle varie versioni di Picasso (sono stato al Museu Picasso giusto prima di andare al Liceu).
Qui ho sentito meglio le percussioni, come il tamburo che batte potente alla fine della scena dell’apparizione e le campane tubolari che ricordano i tintinnabuli di Arvo Pärt. Mi sono molto piaciute Katerina Estrada Tretyakova come Tye e Rihab Chaieb come Nefertiti (da brividi il suo duetto d’amore con Roth Costanzo / Akhnaten).
La famiglia reale letteralmente se la canta e se la suona tra i suoi componenti nella prima scena del III atto, mentre fuori dal grande palazzo il clero tradizionale, l’esercito e il popolo dimostrano una rabbia sempre più incontenibile. Bravissimi orchestra sinfonica e coro del Gran Teatre del Liceu, diretti rispettivamente da Karen Kamensek e Pablo Assante, mentre i giocolieri della compagnia di Sean Gandini hanno dimostrato, ancora una volta, il loro talento.
Il giorno dopo aver assistito all’opera, ho visitato il Museu Egipci, a pochi passi da Casa Batlló, una delle mete turistiche più celebri di Barcellona. La collezione comprende alcuni reperti dell’epoca amarniana, tra cui una statuetta in bronzo e oro di Akhenaton.
Lì ho comprato il libro Akhenatón: Historia, fantasía y el antiguo Egipto di Dominic Montserrat, egittologo e papirologo britannico scomparso ad appena quarant’anni nel 2004. Il volume non arriva dunque ad analizzare l’allestimento dell’Akhnaten firmato da McDermot, datato 2016, ma è comunque un valido strumento per approfondire la figura del faraone della XVIII dinastia, insieme alla monografia di John Richardson Singing Archaeology: Philip Glass’s Akhnaten (di più difficile reperimento).
Saul Stucchi
Foto di Paco Amate e Belinda Jiao
Akhnaten
di Philip Glasslibretto di Philip Glass in collaborazione con Shalomon Goldman, Robert Israel e Richard Riddell
Direzione di scena: Phelim McDermott
Direttore associato: Peter Relton
Scenografia: Tom Pye
Costumi: Kevin Pollard
Luci: Bruno Poet
Coreografia: Sean Gandini
Compagnia di giocolieri: Gandini Juggling
Produzione: English National Opera e LA Opera con la collaborazione di Improbable
Coro del Gran Teatre del Liceu, direttore Pablo Assante
Orchestra Sinfonica del Gran Teatre del Liceu, direttrice Karen Kamensek
Informazioni sullo spettacolo
Dove
Gran Teatre del LiceuLa Rambla 59, Barcellona
Quando
Dal 16 ottobre al 3 novembre 2025Orari e prezzi
Orari:19.30
domenica 17.00
Durata: 3 ore e 10 minuti con due intervalli
Biglietti: consultare il sito del teatro