Prima esecuzione italiana dell’opera AKHNATEN di Philip Glass: domenica scorsa all’Auditorium Giovanni Agnelli al Lingotto di Torino e ieri sera al Piccolo Teatro Strehler di Milano. Ho avuto il piacere di assistere all’evento milanese e posso confermare che è stata una serata memorabile.
Inserita nel ricco calendario dell’edizione 2015 del festival MITO – SettembreMusica, l’opera in tre atti del compositore contemporaneo americano è stata concepita ed eseguita in forma di concerto. Ma espressa in questo modo la modalità rischia di apparire un poco limitante. E invece l’esperienza dello spettatore (lo dimostrano i calorosi applausi al termine) è stata più che appagante: veramente emozionante, sia nell’ascolto che nella visione. Sopra il palcoscenico, infatti, erano sospesi due megaschermi sui quali venivano proiettate le immagini di reperti egizi, appartenenti alla collezione del Museo Egizio di Torino ma non solo, e di luoghi del paese “dono del Nilo”.
“Profondo è il pozzo del passato. O non dovremmo dirlo imperscrutabile?”. Subito sono affiorate alla mia mente le parole dell’incipit di Giuseppe e i suoi fratelli di Thomas Mann e mentre le note del Preludio di concatenavano le une nelle altre, avevo la sensazione che la carrucola lasciasse inabissarsi il secchio sempre più in profondità, fino alla XVIII dinastia, quella del faraone “eretico” Akhenaton, ovvero Amenofi IV.
Iniziava un viaggio nel tempo e insieme un’interpretazione con resa musicale di una delle sfide più accese nella storia del pensiero, quella tra monoteismo e politeismo, tra i seguaci del Disco Solare Aton, guidati dal nuovo faraone, e quelli dell’affollato pantheon tradizionale, alla cui testa stavano i sacerdoti di Amon.
La scelta di affidare al narratore Valter Malosti la parte “in recitato” dello scriba mi ha un poco sorpreso. Mi aspettavo di ascoltare, come nella versione della Stuttgart State Opera Orchestra diretta da Dennis Russell Davies, uno stentoreo
“Open are the double doors of the horizon
Unlocked are its bolts”
mentre la resa in italiano mi è parsa più fiacca, con un conseguente calo nella tensione drammatica, però subito ripresa dal crescendo della musica. E che musica! Di una struggente malinconia a fare da trama all’intera opera, con momenti drammatici, come la distruzione del tempio di Amon, con il tamburo a ribadire la supremazia di Aton, e altri di un intenso lirismo, come la terza scena dell’atto I, “La finestra delle Apparizioni”. Anche l’inno al dio unico, il padre Aton, cantato dal controtenore Rupert Enticknap è stato da brividi.
È il caso di ricordare che molte parti del libretto, alla composizione del quale hanno collaborato con Glass Shalom Goldman, Robert Israel, Richard Riddel e Jerome Robbins, sono state scritte in antico egiziano, mentre altre in ebraico e addirittura in accadico, come il testo cantato dal sommo sacerdote di Amon, Horemhab, Aye e il Grande Coro. Quest’ultimo testo deriva dalle tavolette diplomatiche rinvenute a Tell-el-Amarna.
E alla pianta della nuova città, fondata per volere di Akhenaton, con la ricostruzione ipotetica dei suoi alzati facevano da contraltare le immagini odierne delle sue rovine (sic transit gloria mundi…). Così come il ritratto del faraone rivoluzionario si rimpiccioliva mentre la celeberrima maschera funebre in oro del giovane Tutankhamon diventava progressivamente più grande, a palesare la successione dinastica e il ristabilimento – anche artistico – del vecchio ordine.
The new ruler, performing benefactions for his father Amon
and all the gods, has made what was ruined to endure as a
monument for the ages of eternity, and he has expelled the
great criminal and justice was established.
Saul Stucchi
Foto: MITO SettembreMusica
© Andrea Mariniello
Philip Glass
AKHNATEN
Opera in tre atti
Libretto di Philip Glass
in collaborazione con Shalom Goldman, Robert Israel, Richard Riddel e Jerome Robbins
Rupert Enticknap (Akhnaten), controtenore
Gabriella Sborgi (Nefertiti, moglie di Akhnaten), contralto
Valentina Valente (Regina Tye, madre di Akhnaten), soprano
Giuseppe Naviglio (Horemhab, generale e futuro faraone), baritono
Mauro Borgioni (Aye, padre di Nefertiti), basso
Marcello Nardis (Sommo sacerdote di Amòn), tenore
Artisti del Coro del Teatro Regio (Le sei figlie, Il banchetto funebre)
Valter Malosti (Amenofi, figlio di Apu, lo scriba), narratore
Orchestra e Coro del Teatro Regio di Torino
Dante Santiago Anzolini, direttore
Claudio Fenoglio, maestro del coro
Dennis Giauque, maestro ripetitore
Andrea Micheli, fotografie
Luca Scarzella, regia video
Gianni Carluccio, allestimento e luci
Esecuzione in forma di concerto