Telefono e specchio: due elementi opposti. Il telefono ci permette di costruire maschere, di modellare la nostra immagine, facendoci apparire diversi da ciò che siamo, alcune volte migliori, altre peggiori, o solo più distanti. Lo specchio, invece, ci costringe alla verità: riflette la nostra immagine così com’è, senza filtri, senza possibilità di fuga.
In questo scambio di finzione e realtà, si muovono ogni giorno anche la mente e il cuore, in un dialogo spesso conflittuale. È proprio questo il conflitto che emerge dalle pagine di Niente di serio, ma vediamo, il romanzo di esordio di Claudia Valeriani, pubblicato nel 2025 da Einaudi.
Dopo una lunga carriera nel mondo del giornalismo e dell’editoria femminile, Valeriani approda nel panorama narrativo con un’opera che, pur indossando i toni del rosa, riesce a esplorare a fondo, con delicatezza e ironia, un ampio spettro delle emozioni umane.
«Non mi perdono di aver trasformato la mia vita in un’agonia allegra da vedere, così gli altri non si impressionano.» (pag. 4)

Sara ha cinquant’anni, vive a Milano e ha due figli gemelli «tardoadolescenti». Dopo la fine del suo matrimonio, decide di iscriversi a un’app di incontri, con l’intenzione da subito dichiarata di cercare «niente di serio, ma vediamo», lasciando aperta la porta a nuove possibilità, ma senza nessuna aspettativa, né da parte sua, né da parte del suo match.
Tra i vari incontri, Sara si lega a Jacopo, il primo uomo conosciuto tramite l’app: è gentile, premuroso e ha interessi insoliti. Nonostante la sintonia che nasce fin da subito, lei decide di incontrare altri sconosciuti – perché «easy, niente di serio, appunto» – cercando momenti di evasione, leggerezza, distrazione. Arrivano così Rino, Vincenzo, Ricky, Federico, Sergio, David, ma alla fine torna sempre a scrivere a lui, a Jacopo. Quando il loro legame comincia a diventare più profondo, Sara sceglie di allontanarlo con una scusa apparentemente insignificante. Ma è davvero la scelta giusta?
«[…] tenersi sempre altre cartucce in tasca è la garanzia per non farsi trovare disarmati.» (pag. 43)
Se è vero che chi legge cerca nei libri una rappresentazione di sé, allora Niente di serio, ma vediamo offre due chiavi di lettura, attraverso i due strumenti nominati all’inizio: il telefono e lo specchio.
Con il telefono, il nostro black mirror quotidiano, il romanzo si presenta come un racconto di evasione, leggerezza e desiderio di essere visti in modo diverso, con nuove esperienze e incontri fugaci. Con lo specchio, invece, si apre uno sguardo più profondo: la storia si trasforma in un’indagine interiore, un viaggio nella vita della protagonista, alla scoperta del passato per comprendere il presente, i suoi desideri e le sue decisioni.
Niente di serio, ma vediamo è arrivato tra le mie mani quasi per caso, in un pomeriggio di settembre trascorso alla libreria Il Gabbiano di Vimercate, dove si teneva la presentazione del romanzo. Ho ascoltato Claudia Valeriani parlare con passione del suo lavoro, della protagonista e di come sia arrivata a scrivere questo libro. Le sue parole mi hanno coinvolta al punto da spingermi a comprarlo, nonostante mi fossi ripetuta più volte che non lo avrei fatto (proposito che mantengo raramente, va detto).
Ed eccolo, lo specchio. Durante la lettura mi sono ritrovata con la matita in mano, a sottolineare frasi, singole parole, interi passaggi. Ho sorriso, riso e riflettuto. Ho anche parlato con Sara, suggerendole quasi di nascosto cosa fare, cosa dire, sperando che potesse sentirmi. Mi sono sentita sua amica, quella che è a casa, in attesa di un suo messaggio, in apprensione.
Che fosse proprio questo lo scopo di Claudia Valeriani, creare una connessione così profonda con Sara tanto da farci sentire Sara? Mi piace pensare che sia così, almeno in parte. In Sara riconosco una persona che tutti i lettori e le lettrici potrebbero essere, in una delle sue varie sfumature.
Sara è la donna che molte di noi sono state, e magari sono ancora: ferita, spaventata, fragile, ma anche piena di energia, dolcezza, carisma e voglia di riscatto. Una donna che vuole provare a gettare la sua vita – e soprattutto il suo cuore – oltre l’ostacolo. Un ostacolo che porta il suo stesso nome, Sara, perché è lei stessa il confine che non riesce a superare, intrappolata nelle sue paure.
Questa è la mia chiave di lettura del romanzo. Un romanzo che, a differenza di quanto sembri all’apparenza, non è affatto leggero. La struttura narrativa, lo stile scelto e il linguaggio possono sembrare frivoli a livello superficiale, ma questa veste è in realtà un potente mezzo, capace di dare una forte voce alla profondità dei sentimenti e alle esperienze vissute.
Sara ha conosciuto il dolore, lo teme. Sta ancora soffrendo e la paura di poter soffrire tanto anche in futuro la porta, ogni volta che si apre un varco, a fare un passo indietro. Sempre. Dubita di tutto, instilla il dubbio, si figura il peggio. Non si fida delle certezze che Jacopo le offre, in parte le nega, perché è lei la prima a non volerle ricevere e a non volerle dare. Sminuisce e riduce, come fa con il suo stesso corpo. La paura di una nuova delusione è troppo grande.
Sara è una donna che deve ancora superare il suo lutto: quello della separazione, ma anche quello del fallimento, l’idea di sé stessa per la quale si punisce, privandosi di ciò che di bello potrebbe avere, ricevere, accogliere. In mezzo a questo cumulo di dolore, Sara parla, a sé stessa e a noi. Lancia parole e pensieri, piccoli ami in un fiume di vissuti ed esperienze, che vanno a pescare nei nostri ricordi.
Ed è qui che, per me, Sara non fallisce: sa che il fondo è vicino, eppure si muove. Nonostante i numerosi tentativi di sabotaggio che lei stessa mette in atto, nonostante la paura che la spinge verso il basso, lei sceglie — finalmente — una direzione diversa, forse giudicabile, forse ancora agganciata a una cultura che la frena, ma è un passo. Non resta ferma, fa, prova, si espone scegliendo di vivere nuove avventure, si diverte, piange, rischi, vive. Noi, lettrici e lettori, per il futuro, dovremmo un po’ imparare da Sara, e quindi da noi stessi.
Quale sia il futuro di Sara non ci è ancora dato a sapere, ma mi auguro che la storia che Claudia Valeriani ha raccontato e ci ha affidato possa avere un seguito. Mi auguro che Sara stia bene e che per sé stessa, grazie a sé stessa – magari con Jacopo o con chiunque possa incontrare nel suo percorso – riesca davvero a superare una volta per tutte, con coraggio, quell’ostacolo che la trattiene.
«E in un momento, tutto riprende a vivere.» (pag. 138)
Ilaria Cattaneo
Claudia Valeriani
Niente di serio, ma vediamo
Einaudi
Collana I coralli
2025, 184 pagine
17,50 €