Seconda parte del reportage di Marco Grassano sul castello Petit Sonnailler e dintorni.
La luce è di un oro incandescente, quasi bianco, e l’ombra una lievissima sfumatura indaco. Svolto nell’arioso accesso pedonale alla piazza di autobloccanti da cui sale la scalinata per il Castello dell’Empéri e che fiancheggiano, sotto tondi archi in cemento, le vetrine della Pastorale (vi avevo comprato saponette alla lavanda, ad ogni visita). Il Museo Grévin. La caffetteria Au Bureau.
Altri negozi artigianali in giro, tutti chiusi perché è domenica pomeriggio. Penso di fermarmi a prendere una birra, ma poi decido di proseguire e di andarmi a mangiare un gelato da qualche altra parte. Torno infatti sul marciapiede e continuo verso la Fontana Muschiosa. Vetrine di tutti i tipi. Un Café tradizionale, i cui tavolini esterni, di legno, sono occupati da qualche cliente nordafricano. Anche la cartoleria e rivendita di giornali, nell’edificio con la torretta d’angolo, è chiusa, come pure la Brasserie Café Crème dove una volta avevo cenato, quando si chiamava Le petit bouchon provençal.
Affacciati sulla piazza della Fontana, vari locali. Entro nella gelateria Del’ice e ordino una coppetta a tre sapori di frutta, che vado a gustarmi sul marciapiede di fronte, seduto sulla soglia di un negozio chiuso. Mi arriva il messaggino di mia figlia – oggi a Stratford-on-Avon – nel quale mi comunica di aver trovato il libro che volevo. Le scrivo che la ringrazio e che le voglio bene.
Seguo l’indicazione per la Collegiata di San Lorenzo, nella quale è sepolto Nostradamus, ma è chiusa. Ritorno dalla via che conduce di fronte alla Porta dell’Orologio. Una libreria (La portée des mots) espone in vetrina anche novità discografiche: mi incuriosisce il concerto parigino del cantante di fado António Zambujo.
Vado avanti fra piccole case sulle quali incombe lo zoccolo di pietra dorata che regge le pareti del Castello. Ci giro attorno. Trovo, in via Reinaud d’Ursule, un piccolo bazar aperto (alla vetrina, gli adesivi Orangine e Red Bull), gestito da un ragazzo magrebino; compro a prezzi molto onesti una bottiglia d’acqua e un bagnoschiuma alla verbena e limone Le petit Marseillais, cercando di pronunciare con la giusta nasalizzazione la parola savon.
Rifaccio il giro ed entro nei vicoli centrali, pieni di posti dove mangiare (ristoranti francesi e vietnamiti, pizzerie, crêperies… non so più ubicare quella della vecchia italiana che, nel 2003, dopo quasi sessant’anni di emigrazione, non ricordava più la nostra lingua ma parlava ancora francese con l’accento nativo…).
Alcuni li avevo a suo tempo bazzicati, ma hanno cambiato tutti di nome. Passo di fronte alla Table du Roy: i merli dell’Empéri si scorgono attraverso due false, ampie finestre, a servizio di nessuna stanza, sopra il portone di entrata. La casa di Nostradamus e la vicina chiesa di San Michele. Mi siedo, a pochi passi, su una delle rampette, con in mezzo dei gradini, che stringono la parte finale di Via del Borgo Nuovo e guidano verso il Castello, per sfogliare la guida tascabile.
Ritrovo, appena oltre, il sito del vecchio ristorante Clos des aromes, che ora si chiama L’Endroit. Su un banco di pietra, nei giardinetti da cui si sale all’ingresso della fortezza, si sta radunando una piccola compagnia di adolescenti, maschi e femmine. Di fianco al portone, un manifesto annuncia alcuni spettacoli teatrali: la Angèle di Jean Giono e Marcel Pagnol (celebre, qui, il film con Fernandel) c’è già stata, la commedia (Le furberie di Scapino) di Molière non mi interessa, ma le canzoni di Jacques Brel, mercoledì sera, assolutamente sì.
(Seconda parte – continua)
Marco Grassano
Didascalia:
– I merli dell’Empéri fra le case di Salon