In occasione della Giornata mondiale del libro e del diritto d’autore pubblichiamo questo testo di Giovanni Granatelli, autore di – per citare soltanto le opere più recenti – “Nomi, cose, musiche e città” (Arkadia, 2023) e “Resoconto. Poesie 2002-2022” (Scalpendi, 2023).
Sto inscatolando i libri. Non immaginavo (scioccamente) che potesse rivelarsi un’operazione tanto struggente.
Oltre alla commozione per le pagine, per i passi sottolineati, scovati e riletti qua e là, c’è quella per le stagioni che le hanno ospitate: i racconti di Kafka divorati sui tram quando svolgevo il servizio civile, l’amicizia tra Danny Saunders e Reuven Malter seguita appassionatamente ai bordi di una piscina comunale quando per me quasi tutto doveva ancora accadere, le poesie della Plath scoperte a sedici anni tra gli scaffali della biblioteca di uno sgraziato paesone dell’hinterland milanese, i primi paragrafi di Danubio di Magris, regalatomi dagli amici, letti nel pomeriggio di una vigilia di Natale di tanti anni fa… c’è tutta una vita, da Joseph Roth a Canetti, da Dostoevskij a Malamud, da Rilke a Celan, da Ungaretti a Sereni, dal Santo Bevitore a Barney Panofsky, dal Principe Myskin a Ferdinand Bardamu.

Quasi tutti i volumi recano sul frontespizio il mio nome e la data in cui la lettura degli stessi è iniziata, che a considerarla adesso produce l’effetto di un acuminato stiletto.
Quasi tutti i volumi, soprattutto quelli dalla veste grafica bianca o chiara, mostrano in quarta di copertina un alone giallo, lasciato dal fumo della sigaretta che tenevo tra le dita mentre leggevo, una macchia umana indelebile quanto transitoria.
Giovanni Granatelli