Per chi scrive queste righe è stato un weekend culturalmente intenso quello che volge al termine. Sabato sera sono stato allo Spazio Monte Rosa 91 di Milano per assistere allo spettacolo Dora pro nobis di Concita de Gregorio, nella lettura scenica di Federica Fracassi accompagnata al violoncello da Lamberto Curtoni.
Dalla parte di Dora
L’avevo visto tre anni fa al Teatro Oscar e rimando alla recensione che ne scrissi allora. Qui mi limito a confermare l’apprezzamento che avevo registrato in quell’occasione. Che l’autrice – giornalista e scrittrice – e l’attrice stiano dalla parte di Dora Maar è più che comprensibile, tuttavia come spettatore maschio anche questa volta ho provato un filo di disagio davanti a questo ritratto in bianco e nero della tormentata storia d’amore tra i due artisti: lui “il Minotauro”, lei “la donna che piange”.

En passant, la recente mostra a Palazzo Reale, Picasso lo straniero, tra le altre cose cercava di restituire alla sua complessità (per lo meno ambivalenza) l’identificazione di Picasso con il Minotauro, “una figura fragile e simultaneamente potente, il suo doppio, il suo alter ego”, per citare da uno dei pannelli di sala.
Aggiungo che avrò il piacere – e l’onore – di dialogare con Federica Fracassi a proposito della sua Dora Maar e di altri personaggi da lei interpretati nel primo appuntamento del secondo ciclo di “Lampi. Duetti culturali”. L’incontro – con ingresso libero su prenotazione obbligatoria a lampi@luciacrespi.it – si terrà giovedì 6 febbraio alle 18.30 nello Studio di Lucia Crespi in via Brioschi 21 a Milano.
Mozart da camera
La mattinata di oggi, invece, si è conclusa con il concerto Mozart da camera al Teatro Gerolamo, la “piccola Scala” a due passi dal Duomo.
Tutto dedicato al genio di Salisburgo, il programma si è aperto con il Quintetto per clarinetto e archi in La maggiore K 581 per chiudersi con un brano da Il flauto magico, la musica dell’aria “Der Hölle Rache kocht in meinem Herzen”, passando per le ouvertures de Le nozze di Figaro e Così fan tutte, eseguite nella trascrizione per quartetto d’archi di Gabriele Mugnai, violista della formazione.

Con lui si sono esibiti Fausto Ghiazza al clarinetto, Luca Santaniello e Lycia Viganò al violino e Mario Shirai Grigorato al violoncello. Nella presentazione dei brani Santaniello ha raccontato un paio di curiosità, ricordando tra l’altro l’imminenza del compleanno di Mozart (domani, 27 gennaio).
Il nuovo Piccolo Teatro – quello che porta il suo nome – venne inaugurato con l’ultima regia di Strehler, che morì un mese prima che andasse in scena il Così fan tutte (era il 1998). Ho pensato: non è Mozart il più picassiano dei compositori e Picasso, a sua volta, il più mozartiano degli artisti figurativi?
Falstaff
Come terzo atto della commedia buffa che è stato questo fine settimana ha riempito il pomeriggio il Falstaff di Giuseppe Verdi su libretto di Arrigo Boito con la regia dello stesso Strehler ripresa da Marina Bianchi (così come le scene e i costumi di Ezio Frigerio sono stati ripresi rispettivamente da Leila Fteita e supervisionati – i costumi – da Franca Squarciapino).

Proprio le scene sono una delle cose che più mi sono piaciute di questo allestimento che ha ricevuto una buona accoglienza da parte del pubblico. In particolare la scena notturna dell’ultimo atto rende ancor più magica la musica da baccanale che chiude l’opera. Cito almeno alcuni degli interpreti, da Ambrogio Maestri nel ruolo del titolo a Luca Micheletti come Ford, e da Rosa Feola come Alice e Rosalia Cid nei panni di Nannetta.
Come una freccia mi ha colpito una sentenza di Falstaff, giunto al momento della verità: “L’amore metamorfosa un uom in una bestia”. Rieccolo il Minotauro! Non è, né può essere, una richiesta di assoluzione per tutti i Falstaff che calcano le scene della vita, da Mozart a Picasso e oltre, in su e in giù nella linea del tempo.
La prenda il lettore per quello che è: un invito a leggere il reale con maggior attenzione ai colori. Perfino le fotografie in bianco e nero di Dora Maar sono ricche di sfumature. Del resto, “tutto il mondo è burla”.
Saul Stucchi