Tredicesima puntata del reportage di Marco Grassano “Ritorno a Chanià”.
Le mostre seguono orari bizzarri, qui in Grecia: chiuse nel pomeriggio, riprendono l’attività verso sera. Devo quindi aspettare il buio e la lieve pioviggine delle 18 per poter entrare alla Galleria d’Arte Municipale.
Mi accoglie un addetto snello e ingrigito, che mi fa vagamente pensare all’ex Primo Ministro portoghese José Sócrates (volendo, anche ad Antonio Bassolino, solo molto più giovane). Dopo i necessari controlli, mi stacca il biglietto di ingresso (2 €) su cui è riprodotta una vecchia istantanea del Porto e della Moschea, ancora provvista di minareto. Mi informa quindi che parte dell’esposizione è ubicata in un edificio poco lontano, dall’altra parte della via, riconoscibile perché esibisce all’esterno la stessa locandina.

Gli chiedo notizie del Museo Archeologico. Mi comunica, con un mezzo sorriso significativo, che è chiuso, per il trasferimento dei reperti nella nuova sede: operazione che richiederà parecchio tempo. Gli domando dell’installazione con la nave minoica, vista due anni fa. Ci aveva lavorato anche lui, ma ormai è stata definitivamente smantellata.
Arriva un secondo funzionario, tarchiato, e prende posto nell’ufficio retrostante. Io inizio la visita, salendo i larghi gradini di legno che conducono al piano superiore. L’anima interna della pinacoteca consiste in questa funzionale struttura di ferro e legname smaltato. Anche le capriate del tetto, al secondo piano, paiono di uno chalet.
L’ampia didascalia iniziale sulla mostra (articolata in cinque sezioni: “La Grecia dei viaggiatori”, “La Grecia rivoluzionaria e l’ellenismo”, “Baviera”, “La Grecia alla svolta del secolo”, “La vita di ogni giorno”) informa che essa consiste in 167 tesori artistici, scelti fra la collezione di 1.500 pezzi raccolti da Tina e Michalis Krasakis: fratelli cretesi stabilitisi, nel 1970, a Colonia, dove l’uomo, dopo avervi studiato Medicina, lavorava come giornalista, presso la Deutsche Welle.
Alle pareti, paesaggi di grande potenza evocativa. Una breve scheda biografica inquadra ognuno dei pittori (per lo più russi, tedeschi e greci: Ivan Aivazovsky, Vassily Polenov, Peter von Ess, Hans Christian Hansen, Nikiforos Lytras, Theodoros Rallis, Theodoros Vryzakis, Ludwig Kohlberger…). Mi coinvolgono particolarmente uno scorcio della Gola di Samarià, una veduta d’insieme delle Montagne Bianche e la risacca contro gli scogli (a Chanià l’ho contemplata, ancora in questi giorni, passeggiando sulla diga foranea).

Momenti e protagonisti della Guerra di Indipendenza dalla Turchia, osservati con lo sguardo dei filelleni e degli artisti viaggiatori: ecco, per esempio, un gruppo di persone inermi aggredite da un bruto in uniforme ottomana, montato su un cavallo rampante.
I primi regnanti, di origine bavarese; in più ritratti, la regina Amalia.
Il graduale passaggio, nei costumi e nelle convenzioni sociali della borghesia, alla Grecia novecentesca – vecchi bottegai, eleganti imprenditori, ma anche versioni indigene della Signora delle Camelie…

Al centro, teche contenenti: armi, libri, cinture, ornamenti, un massiccio orologio da tavolo neoclassico, la statuetta in bronzo (stile Rodin) di un ragazzo nudo, nella posizione plastica del torero che sta per assestare la stoccata finale.
Ringrazio, saluto e mi trasferisco nel palazzotto ove è ospitata l’ultima sezione. Devo andare di sopra. Salgo la scala di marmo grigio chiaro. Anche qui, come prima, sono il solo visitatore. Seduta sul pianerottolo, è in attesa la custode, mora e ancor giovane. Dopo aver esaminato il biglietto, osserva che mi hanno già controllato di là, pertanto non è il caso di ripetere la verifica.
Altri orologi da tavolo. Nel mezzo della stanza, indossati da manichini a mezzobusto, farsetti, berretti e giubbini tradizionali, riccamente ricamati. Così, ricordo, era vestito il traditore Theotokris nel vecchio sceneggiato su Sandokan. Incisioni e stampe lungo i muri. Mi attira quella raffigurante la Battaglia di Navarone – altra pellicola, mi viene in mente, in cui Anthony Quinn vestiva i panni di un greco.
Prendo un vicolo che taglia il compatto blocco di case, poco prima della Cattedrale. Luminarie a forma di stella, in successione, sopra il centro strada. I bandoni di tutti i negozi sono calati. In fondo, devo svoltare verso sinistra. Passo sul retro della chiesa, sotto platani nudi. Proseguo dritto, lungo un passaggio più angusto, fiancheggiando pareti ben mantenute.
Quasi al termine, sulla destra, mi attrae lo sguardo l’insegna in rilievo “Palazzo di Pietro”. Sorrido, pensando che anche l’ex magistrato possiede un immobile di pregio. Sfocio nella parallela alla Canevaro. Imbocco quindi, per rientrare, la traversa dove, due anni fa, avevamo svoltato andandocene.
Puntata 13 – segue.
Marco Grassano