La sesta tappa del viaggio lungo il fiume Ebro ci porta dall’Aragona alla Catalogna. Qui il fiume cambia la vocale e da río Ebro diventa riu Ebre. Ai bordi delle strade notiamo numerosi cartelli che indicano i luoghi della Battaglia dell’Ebro (proprio ieri abbiamo visitato il Museo della Battaglia dell’Ebro a Fayón).
Disseminati su un territorio piuttosto contenuto ci sono centri d’interpretazione come “115 Dies” di Corbera d’Ebre e spazi storici come il rifugio antiaereo di Flix e le trincee di Berrús: i luoghi della memoria sono indicati su un pannello turistico.
Ai piedi del Castello di Móra d’Ebre è posto un cartello trilingue (catalano, castigliano e inglese) che racconta i fatti salienti dello scontro sull’Ebro. I repubblicani fecero brillare il ponte il 3 aprile 1938 pressati dall’avanzata dei ribelli franchisti. Il paese fu oggetto di contesa e scenario di violente battaglie aeree, la più intensa delle quali ebbe luogo il 15 agosto, quando sui cieli di Móra si affrontarono un centinaio di velivoli. Proprio il castello ospitava un pezzo di artiglieria contraerea dello schieramento repubblicano.
Nella brochure turistica quella del 1938 è l’ultima data nella cronologia che riassume le vicende del castello. Dall’anno 714 il fiume Ebro costituiva la frontiera tra Saraceni e Franchi e il forte faceva parte della linea difensiva musulmana della riva destra del fiume. Carlo Magno iniziò la riconquista della zona nel 799 ma fu il conte di Barcellona Ramon Berenguer IV (a lui è intitolato l’hotel dove dormiremo a Tortosa) a portarla a compimento, tre secoli e mezzo dopo, nel 1153. Naturalmente le guerre non finirono lì: il castello fu teatro di moltissimi altri eventi bellici, compresi assalti da parte di truppe carliste.
Ripercorriamo la strada controcorrente rispetto al fiume per soffermarci in luoghi che ieri abbiamo saltato per motivi di tempo. La carrettera C-12 Eix de l’Ebre (Asse dell’Ebro) è punteggiata da piccoli siti archeologici che compongono la Strada degli Iberi, il gruppo di popolazioni pre-romane che fiorirono tra il VI e il I secolo avanti Cristo.
Ci fermiamo in una piazzola a bordo della strada e la attraversiamo utilizzando il sottopassaggio. Proprio qui sono stati ritrovati resti di abitazioni e di un muro perimetrale per consentire l’accesso al fiume. Sullo sfondo di una delle anse emerge, in un paesaggio naturale incantato, il conturbante profilo della centrale nucleare di Ascó.
Il Castell Nou di Flix fa venire in mente la Fortezza Bastiani del romanzo di Buzzati “Il deserto dei Tartari”, come appare nel film che ne è stato tratto, ovvero assomiglia alla cittadella iraniana di Bam. Anche in questo caso il forte risale all’epoca delle guerre carliste ed è stato teatro di scontri durante la Guerra Civile Spagnola. Oggi sventola una “estelada”, la bandiera dell’indipendentismo catalano.
Procediamo ancora per qualche chilometro in direzione nord per raggiungere Riba-Roja d’Ebre, un piccolo agglomerato di case con un minuscolo mirador da cui si ammira una splendida visione del fiume, fiancheggiato da un binario ferroviario che non vediamo percorso da alcun treno.
Una delle case del pueblo è decorata da un vivace murale realizzato l’anno scorso da Anna Georghiou (artista anglo – cipriota) e Phil Bird. Quello di Anna, sulla parte destra, si intitola “Le portatrici d’acqua”, mentre quello dipinto da Phil, sulla parte sinistra, è intitolato “La donna dell’arcobaleno”. Mentre noi li ammiriamo, sotto un sole cocente, qualcuno ascolta Frank Sinatra (e poi i Simply Red) con la finestra aperta. Un’oasi di pace.
Ma sentiamo il richiamo dello stomaco vuoto da troppe ore, così riprendiamo l’auto, questa volta diretti nuovamente a sud. Dopo una quarantina di minuti di viaggio ci fermiamo in Carrer del Riu a Miravet: di fronte a noi il fiume si piega a gomito, mentre sopra si staglia il castello dei Templari.
Pranziamo a uno dei tavolini: io con anelli di calamari, il figliolo con un hamburger, entrambe le portate accompagnate (platos combinados) con huevos fritos e patatine. La mia birra scorre più veloce dell’acqua dell’Ebro.
Saltando da un gioco all’altro del piccolo parco il figliolo osserva: “Secondo me in Spagna ci sono meno vandali che in Italia”. La gente del luogo forse non gradirebbe il termine geografico (anche qui svetta la “estelada”), ma sicuramente apprezzerebbe il riconoscimento alle virtù civiche, almeno per quanto riguarda i giochi dei bambini.
Un cartello, questa volta anche in francese, spiega l’importanza che un tempo ricopriva il “camí de sirga” (il percorso di rimorchio), al centro del romanzo omonimo di Jesús Moncada (tradotto in italiano da Simone Bertelegni per Gran Vía Edizioni col titolo “Il testamento dei fiumi“).
Lunedì è il giorno di chiusura del Castello di Miravet. Dobbiamo perciò limitarci ad ammirarlo dall’esterno. Costruito dai Saraceni, fu conquistato dal Ramon Berenguer IV di cui abbiamo detto sopra. Affidato alle cure dell’ordine dei Templari, fu convertito in fortezza monastero. Quando l’ordine venne soppresso, il castello passò all’ordine dell’Ospedale di San Giovanni di Gerusalemme (i Cavalieri Ospitalieri), nelle cui mani restò fino al 1835, quando venne decretato la soppressione di tutti i monasteri appartenenti a ordini monacali e militari.
Da qui la vista sul fiume è spettacolare.
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Saul Stucchi