Una premessa a questa recensione della mostra “Sotto il cielo di Nut. Egitto divino” allestita all’interno del Museo Archeologico di Milano va fatta: chi scrive non è, a differenza del direttore di ALIBI Online, un appassionato di egittologia (qui la sua recensione “Sotto il cielo di Nut. L’Egitto divino in mostra a Milano”), ma più semplicemente un visitatore curioso e un esteta attratto dalla bellezza delle forme proprie della cultura egizia.
Apprestandomi a visitare la mostra accompagnato da mia figlia di dieci anni, mi è venuto istintivo chiederle che cosa amasse tanto dell’antico Egitto, la sua civiltà preferita fra quelle studiate a scuola. La risposta è stata: “Perché gli Egizi vivevano la morte come un gioco”. Trovo interessante questa interpretazione, nemmeno troppo lontana dalla realtà dei fatti.
A differenza della visione contemporanea, evidentemente materialista, del decesso inteso in chiave definitiva perché privativo delle percezioni fisiche, ciò che emerge dalla mostra in esame è la necessità dell’uomo dell’antichità di trovare una spiegazione al mistero della vita e della morte (inevitabilmente connaturate). La spiegazione, che traspare da ogni singolo pezzo che compone il percorso espositivo, è data da un sottile equilibrio fa uomini e divinità, che in un certo senso cooperano rispettosi dei propri ruoli.
Armonia fra divino e umano
Nut è la divinità dell’inizio e della fine, dell’alba e del tramonto; la grande genitrice, una figura che possiamo forse comparare con la Gea della teologia della Grecia classica. Essa muove il sole e la luna e influenza i cicli della natura.
Una chiave di lettura interessante è proprio quella che individua l’equilibrio fra uomini e divinità relativamente alla gestione o lo sfruttamento delle risorse naturali. In un’attualità in cui l’umanità sta faticosamente e in modo sconnesso affrontando il tema ecologico (anche sotto la spinta controversa di Greta Thunberg), e in cui il dibattito si basa sul ruolo dell’uomo, che si sottomette alla natura (una natura ancora matrigna?) o che la domina e per certi versi la deforma, la definizione dell’armonia fra divino e umano offre una soluzione ragionevole. E quando questo rapporto viene a deteriorarsi, emerge il caos, condizione permanente degli ultimi secoli.
Il ba, il ka e il Big Bang
Altro elemento di interesse è la visione della morte come distacco temporaneo dalla vita sociale.
In un’epoca in cui, ahimè, si esiste solo se si compare sui social, questa visione risulta ironicamente di attualità. Lungo il percorso espositivo si incontrano ba e ka, raffigurati in molteplici modalità e su molti manufatti; sono le componenti spirituali dell’essere umano che si dissociano dal corpo al momento del trapasso e vagano sulla terra fino alla notte, quando si ricongiungono con la componente corporea, conservata nelle mummie e nei sarcofagi.
Ba è la parte divina, quella che corrisponde all’anima della concezione cristiana. Ka, invece, concerne la possibilità di mantenere vivo il ricordo del defunto per quanto riguarda la sua vita terrena: un concetto che ha da sempre animato e preoccupato l’uomo, da Chateaubriand all’ultimo utente di Facebook intento a lasciare traccia del proprio passaggio, e che trova espressione struggente in “Coco”, il bellissimo film di animazione della Disney.
Tutto ciò per dire che una civiltà a tratti misteriosa e che ci appare così lontana da noi, persa nel buio dei millenni trascorsi, ha invece un notevole riflesso in ciò che è la visione spirituale contemporanea (o di quel poco che resta in un mondo votato alla materialità).
Questo è il messaggio che ho portato con me uscendo dal Museo Archeologico di Corso Magenta, unitamente a una riflessione: secondo gli antichi egizi, Nut era stata generata dalla materia indefinita all’origine dei tempi, come conseguenza di una sorta di grande lampo. I fisici e gli astronomi, dal canto loro, hanno concepito la teoria del Big Bang, l’esplosione di una molecola primordiale che ha generato l’intero universo.
Quattromila anni di storia non sono bastati a dare una spiegazione differente della Creazione.
Simone Cozzi
Didascalie:
- Statuetta – reliquiario a forma di gatto
Bronzo, Collezione Morando
Epoca Tarda – Epoca Tolemaica (664-30 a.C.)
Civico Museo Archeologico di Milano - Statuetta di Osiride
Bronzo dorato con incrostazione d’argento, X-VI sec. a.C.
Civico Museo Archeologico di Milano - Dettaglio del sarcofago a cassa di Peftjauauyaset con raffigurazione della dea Nefti
Legno stuccato e dipinto. XXVI dinastia (664-525 a.C.)
Civico Museo Archeologico di Milano
Sotto il cielo di Nut. Egitto divino
Informazioni sulla mostraDove
Civico Museo ArcheologicoCorso Magenta 15, Milano
Quando
Dall’11 marzo al 20 dicembre 2020Orari e prezzi
Orari: da martedì a domenica 09:00 – 17:30Biglietti: intero 5 €; ridotto 3 €