È stata costantemente sotto gli occhi dei visitatori, ma oggi finalmente possiamo ammirarla come merita. In realtà è già da una settimana, precisamente dallo scorso 19 settembre, che la Pala di Cesena di Girolamo Genga risplende in tutti i suoi colori.
Campeggia nella sala XXVII della Pinacoteca di Brera a Milano, dove nei tre anni precedenti era stato allestito un laboratorio ad hoc, visto che le dimensioni dell’opera (4,38 metri in altezza per 2,90 in larghezza) ne hanno impedito il trasferimento nel laboratorio trasparente adibito alle attività di restauro.
Se al lettore venisse la curiosità di sapere come la tavola sia entrata nella sala che la ospita, beh sappia che in precedenza la porta d’ingresso era più ampia e da lì era uscita per venire ricoverata nell’abbazia di Pontida, scelta come rifugio antiaereo durante la Seconda guerra mondiale. L’attuale si deve a interventi successivi.
Nella stessa sala, di fronte alla pala, è collocata una riproduzione della riflettografia infrarossa (IRR) che ha consentito agli studiosi di vedere l’accurato cartone preparatorio utilizzato dall’artista.
Un lungo restauro
Il restauro è stato possibile grazie al generoso contributo di Andreotti & Brusone Philantropy Fund. A progettarlo e realizzarlo è stato il Laboratorio della Pinacoteca, sotto la guida di Andrea Carini, co-curatore del volume Girolamo Genga. La pala di Cesena e il suo restauro alla Pinacoteca di Brera (pubblicato da Marsilio) insieme a Cristina Quattrini che si è occupata degli aspetti storico artistici della complessa opera.
Roberto Buda ha invece svolto il compito di intervenire sul supporto ligneo: in un saggio nel catalogo è inclusa la documentazione grafica della disposizione dei centocinquanta tasselli “a farfalla” che tengono insieme le commettiture della tavola.
L’opera venne realizzata tra il 1513 e il 1518 per essere la pala dell’altare maggiore della chiesa di Sant’Agostino a Cesena. Arrivò a Brera tre secoli più tardi, nel 1809, con le requisizioni napoleoniche.
Era accompagnata da tre elementi della predella con storie del santo titolare che però vennero presto dispersi. Attualmente si trovano all’Accademia Carrara, al Museum of Art di Columbia e in una collezione privata. Sia detto di passaggio: sarebbe bello che le didascalie dei musei – almeno di quelli vicini tra loro, come Brera e la Carrara – comunicassero in un dialogo aggiornato.
Quella abbinata alla tavola bergamasca, raffigurante Sant’Agostino che battezza i catecumeni (entrata in Accademia con l’eredità di Guglielmo Lochis nel 1866), purtroppo tace il nuovo restauro della pala, menzione che sarebbe un invito a visitare la pinacoteca milanese, così come una più chiara indicazione a Brera della localizzazione di una delle tavole della predella spingerebbe alcuni visitatori a fare un salto in Carrara. A Cesena, invece, è rimasta solo la cimasa con la scena dell’Annunciazione: è conservata nel Museo Diocesano.
La pala cambia nome
Di non poco conto è il cambio del titolo della pala. La nuova didascalia, infatti, la presenta come Disputa sull’Incarnazione mentre in precedenza era riportata come Disputa sull’Immacolata Concezione. La complessa iconografia, però, non aveva mai portato a una lettura completamente soddisfacente della monumentale tavola.
È merito di Corinna Gallori la proposta della nuova interpretazione più rispettosa degli orientamenti teologici dell’ordine agostiniano, committente dell’opera che è insieme il capolavoro e uno degli ultimi dipinti del Genga che poi si dedicherà quasi esclusivamente all’attività di architetto per i duchi di Urbino.
Nel suo saggio Cristina Quattrini individua tutte le possibili citazioni che il Genga – pittore urbinate (1476-1551) tra i più importanti della sua epoca ma ancora poco noto al grande pubblico – dissemina nell’opera: la Vergine e il Bambino, per esempio, sono per qualche aspetto debitori della Madonna di Bruges di Michelangelo e della Madonna del cardellino di Raffaello.
Il lungo e laborioso restauro permette oggi di apprezzare non soltanto i dettagli più minuti – come le sette specie floreali, sei delle quali identificate dagli studiosi, tra cui garofano e gelsomino – ma anche le architetture e i colori (anche per quest’ultimo aspetto grande è il debito di Genga verso Michelangelo).
Saul Stucchi
“Disputa sull’Incarnazione” di Girolamo Genga
Informazioni sulla mostraDove
Pinacoteca di BreraVia Brera 28, Milano
Quando
Dal 19 settembre 2024Orari e prezzi
Orari: da martedì a domenica 8.30 – 19.15Ultimo ingresso 18.00
Biglietti: intero 15 €; ridotto 10 €